sabato 10 dicembre 2011

CAPITOLO 6

Cap 6 – Isabella



L’aria fresca del mattino mi aveva ridato vigore e in taxi ero riuscita anche a scambiare qualche parola con l’autista.
Affrontare ogni giorno il mio lavoro in ufficio era per me indispensabile per poter tirare avanti, per trovare un senso al mio vivere.
Tutte le volte che varcavo la soglia di quel palazzo lasciavo alle spalle le mie pene, per affrontare quelle di altri che lottavano esclusivamente tra loro per denaro. Grandi compagnie assicurative e società di ogni genere che per alimentare il loro profitto erano disposte a trasformarsi in squali assassini.
Essere donna aveva i suoi svantaggi, ma in un ambiente dove gli uomini la facevano da padroni poteva a volte tornare utile.
Quando i rapporti tra avvocati uomini diventavano troppo difficili da sostenere, chiamavano me e nel tempo avevo dimostrato di cavarmela egregiamente anche in situazioni molto complicate.
Questo mi aveva dato largo spazio all’interno dello staff, facendo morire di invidia una piccola parte degli addetti ai lavori, che ora vedevano in me una scomoda rivale da tenere a bada.
Fin da principio avevo tenuto tutti a distanza.
Non volevo che nessuno entrasse in confidenza con me al punto tale da scoprire quella parte della mia vita privata che se avessi potuto avrei nascosto persino a me stessa.
Gentile ed affabile avevo un sorriso per tutti, ma nessuno aveva il permesso di fare domande su di me.
Tutti tranne uno.
James Camel Junior.
-                    Buongiorno gioia. Sei venuta a lavoro correndo nella nebbia? Hai i capelli che urlano vendetta. – Mi aveva seguita nel mio ufficio chiudendo come al solito la porta dietro di sé.
-                    Felice di vederti anch’io James…che c’è, muori d’invidia? – Lo stuzzicavo sempre. Giocare era il nostro svago.
-                    Certo che no cara, sembrerei una drag queen e lo sai che non è il mio stile. –
-                    Già, dimenticavo…tu non ami essere appariscente. Almeno non di giorno. –
-                    Touché! - Rise sedendosi sull’angolo della grande scrivania in vetro che avevo fatto arrivare direttamente da Noe Valley e che mi era costato una fortuna.
Girai la poltrona in pelle rossa e mi lasciai cadere sopra accavallando le gambe.
James era l’unico amico che avevo. Splendido come un divo del cinema ed elegante come pochi era la persona più solare che avessi mai conosciuto e se non fosse stato per quel dettaglio che lo rendeva innocuo vicino ad una donna, me ne sarei innamorata alla follia.
-                    Hai novità sul caso Morrison? Quell’uomo è insopportabile, ma se non riesco a raggiungere un accordo entro la settimana sento che perderò la causa. Devi trovare al più presto quelle informazioni che ti ho chiesto …lo metteranno in ginocchio. –
    -     Me ne sto occupando. Entro domani avrai tutto quello che ti serve. –
-             -    -              Perfetto. Prendo appuntamento per giovedì prossimo, così nel week
end avranno modo di decidere qualcosa. -
Infilai gli occhiali e accesi il computer.
Pochi istanti ed Edward era di nuovo con me.
Il salvaschermo rimandava le immagini della nostra vacanza a Malibù sotto forma di slide e spesso mi incantavo a guardarle, dimenticando quello a cui stavo lavorando.
Le avrei dovute togliere, ma ogni volta che ci provavo non trovavo la forza di premere il tasto di invio…e rimandavo.
-             -      Cosa mi dici di Edward, sta facendo qualche progresso? –
Sapevo che l’intento di James era amichevole.
 Mi voleva bene e conosceva il motivo dei miei continui cambi d’umore, ma non ero in vena di confidenze e rimasi sul vago.
-              -        Direi stabile. Continua le terapie e intanto…. il tempo passa. –
Sbuffai per coprire il magone che sentivo crescere in gola.
-                -      Non credi che di tempo ne sia passato abbastanza dall’incidente? Cosa aspetti a dirgli quello che provi. –
Diritto al dunque sapeva sempre come mettere a nudo le mie ansie.
-                  -      Non credo che la cosa ti riguardi James. E non capisco di cosa tu stia parlando. –
-                    Certo è singolare che una donna intraprendente e forte come te…abbia paura proprio di se stessa non credi? Tieni per le palle un’intera giuria composta di uomini, ma se si tratta di lui perdi ogni facoltà. Non ti riconosco più. –
-                    Smettila di dire cazzate. Sai bene che ho fatto tutto il possibile per Edward, ma ora non dipende più da me. Deve uscirne da solo. Non lo posso aiutare. –
Cercavo di avere un tono fermo, ma la voce mi tremò, rivelando la mia piaga interiore.
-                    Ne sei proprio sicura? Puoi mentire a chi vuoi Isabella, ma non continuare a farlo con te stessa. Se vuoi che tuo marito torni ad essere l’uomo che era devi darti da fare e non di certo nascondendoti dietro stupidi alibi. –
-                    Lo sto facendo….ci sto provando, ma non è facile James. E’ come combattere contro un muro di gomma. Tutto ciò che faccio rimbalza. Lui non vuole il mio aiuto. Non vuole più me. – Alzai la voce…mi innervosiva.
-                    Questo è quello che cerca di farti credere. Non essere così sciocca da non capirlo. Edward ti ama. Sei sempre stata la sua ragione di vita. Come credi si senta adesso che si trova bloccato su quella sedia. Dammi retta…ha bisogno di te. –
Ferita nell’orgoglio mi drizzai sulla sedia gettando indietro i capelli nel solito gesto.
Li arrotolai perché rimanessero dietro le spalle.
-                    Senti James ora basta. Lasciami lavorare che ho un sacco di pratiche da chiudere entro oggi. E poi sono troppo stanca, ti prego lasciami sola.-
-                    Ok ok…ma a pranzo ho prenotato da Rodolfo…cucina italiana. Le sue tagliatelle fanno resuscitare anche i cadaveri come te. Passo a riesumarti dopo…- Si avviò alla porta afferrando la maniglia.
-                    Senti io non posso…..- Mi interruppe.
-                    Saremo soli…mon amour…tu ed io…ed un buon calice di vino rosso. Non accetto che risposte affermative. – Mi strizzò l'occhio e si volatilizzò lasciandomi come una cretina con la bocca aperta e la frase a metà.
Sapevo quanto avesse ragione.
Era proprio quella consapevolezza che mi faceva soffrire.
Ma qualcosa sarebbe cambiato.
Sentivo che presto sarebbe accaduto.
Con un profondo sospiro ripresi a lavorare su quel mucchio di carte sparse davanti a me.
La giornata trascorse lenta.
Desideravo soltanto tornare a casa da Edward.
Guardarlo negli occhi per scoprire se mi concedesse o meno la possibilità di amarlo come desideravo.
Era tutto quello che volevo.
Una possibilità.
Una sua parola.
Avevo progettato di preparare una cenetta per noi due e avevo avvertito Eleonor di non cucinare nulla e di prendersi la serata libera.
Rosalie speravo non ci fosse.
Dopo quel maledetto incubo non riuscivo più a pensarla senza odiarla.
Tutto di lei mi infastidiva…anche il nome.
La volevo fuori di casa.
Lontana da lui.
Rientrai verso le sette di sera con la borsa della spesa.
Poche cose che ricordavo gli piacessero tanto.
Entrando in casa le note della sua canzone mi avvolsero.
Riposi la borsa in corridoio e senza fare rumore mi avvicinai al salone.
Il caminetto acceso.
Edward davanti al suo pianoforte a mezza coda.
Suonava chino sui tasti.
Il volto serio…concentrato.
Trasportato in chissà quale dimensione tutta sua.
Sulle labbra quell’espressione che adoravo.
Lasciai che quell’immagine mi riempisse gli occhi, il cuore e la mente.
Che mi colasse dentro…riempiendo il vuoto che avevo di lui.
Le sue dita lunghe e affusolate scivolavano sui tasti come seta, accarezzando quelle note che aveva scritto per me quando mi aveva conosciuta.
Erano mesi che non lo sentivo suonare.
Mesi lunghi di silenzio assoluto.
Rivederlo compiere quel prodigio mi ridiede la speranza.
Non volevo si fermasse e così rimasi nascosta dietro la parete.
Gli occhi chiusi per godere dell’ultima immagine impressa.
Edward e il suo pianoforte.
Dio quanto amavo quella musica.
Era parte di me.
Parte di lui.
Le note di un sentimento profondo che aveva reso grande il nostro amore.
Sorridevo, mentre qualche lacrima di felicità scorreva tra le mie dita che tenevo strette intorno al viso.
Mi costrinsi a portare a termine il mio intento e raccogliendo la borsa andai in cucina. Disposi l’occorrente sul piano di lavoro e accompagnata da quelle note familiari mi misi all’opera piena di spirito.
Avevo quasi preparato tutto…quando in casa calò il silenzio.
Non volli interpretarlo come un sinistro presagio.
Non quella sera.
Non in quel momento.
Terminai di preparare e disposi il tavolo per noi due.
Le candele evitai di metterle.
Non volevo esagerare.
Avevo paura.
Non trovavo il coraggio di tornare da lui per dirgli che tutto era pronto.
Le parole di James mi vennero in soccorso.
Presi fiato e tolsi il grembiule.
Pochi passi .
Uno avanti all’altro.
Pesanti come macigni.
Lo avvicinai da dietro…silenziosa.
Era chino sulla tastiera del pianoforte…immobile.
Allungai la mano, fermandomi ad un soffio dai suoi capelli.
Dovevo trovare la forza.
Ascoltare il mio cuore.
L’odore della sua pelle mi fece sentire a casa e azzardai di toccarlo.
Immersi le dita tra quei fili di seta dorata, lasciando che le unghie scivolassero accarezzandolo come piaceva tanto a lui.
Si sollevò sorpreso…girandosi.
-            - Ciao. – Gli sussurrai...
    Mi si serrò la gola.
Mi guardò dritto negli occhi…a lungo, come non faceva da una vita.
Come in uno specchio vi lessi le mie stesse paure…il mio stesso tormento.
La mia volontà venne meno…e mi lasciai trasportare ovunque quegli occhi mi avessero portato.
Fece per dire qualcosa.
Le parole gli si sciolsero sulla lingua e per un istante lo vidi accennare un sorriso.
Durò un attimo.
Tanto che  credetti di averlo soltanto immaginato.
Scesi con la mano ad accarezzargli il viso.
Lui allungò la sua coprendo la mia.
Chiuse gli occhi abbandonandosi su di esse.
Attimi intensi.
Infiniti.
Sospesi in quell'atmosfera irreale.
Quasi pentito abbassò lentamente lo sguardo.
Tolsi la mano sfiorandogli appena le labbra.
Mi aggrappai a quell’emozione.
-             -      La cena è pronta. –
Mi fece cenno di sì con la testa.
Sguardo sempre a terra.
Immobile non sapevo che fare.
Gli lasciai il suo tempo.
-             -   Ti aspetto di là. –
Mi voltai afferrandomi le mani per non tradire il tremore.
- Edward io vado. - La voce di Rosalie.
Spezzò l'aria infrangendosi su di me come una lama affilata.
Pronta per uscire.
- Certo,  a domani Rose. -
La voce di lui sembrava colpevole.
- A domani Edward. -
Uscì lasciando alle sue spalle il gelo.
Tutto mi apparve chiaro.
Edward mi amava ancora.
Dovevo riprendermelo....



5 commenti:

  1. Non ho parole, personaggi difficili da gestire e momenti intensissimi e colmi di emozioni contrastanti e complementari, toccanti.Great job.

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  2. Mi lasci sempre senza parole, capitolo emozionante Isabella a capito ke è arrivato il momento di riappropiarsi della sua vita riprendendosi Edward, grande James ke gli a fatto capire dell'amore di Ed. mi emozioni sempre di più donna!!mery

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  3. Bella.....fagli vedere chi sei.....ti prego....una donna....quando vuole qualcosa ...sa come prendersela....James....non mi è stato mai così simpatico...:)

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  4. che apitolo carico,denso di emozioni...che bella la scena di lei che gli accarezza il viso e lui posa la sua mano sulla sua.....piena di amore!Brava,secondo me il tuo modo di scrivere è cambiato...è molto più maturo....bello mi piace!!!!!!!

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  5. io..non ho parole..scusa..magari al prossimo capitolo.

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