domenica 18 dicembre 2011

CAPITOLO 10

Cap 10 – Edward





La stanza era immersa nel buio.
Silenziosa e sordida come una bugia, riempiva gli spazi d’aria che respiravo intrecciandosi sinuosa intorno al mio corpo inutile.
Soffocavo.
L’unico flebile spiraglio di vita giungeva dalla finestra coperta di veli, dove
le luci della città gettavano bagliori… quasi volessero liberarmi, mentre ancora legato alla mia angoscia tremavo di rabbia per il fiume di inutili parole che c’eravamo sputati addosso.
Isabella…
Perchè doveva accadere tutto questo?!
Sentivo il vuoto inghiottirmi…inesorabile….disperato.
Perché non riuscivamo più a capirci…?!
Il gelo nella sua voce mi aveva colpito tanto forte da lasciare dolorosi lividi sulla mia anima.
Perché.
Non potevo credere che avesse detto realmente quelle cose… che anche solo pensasse che nascosto nei miei silenzi vi fosse il desiderio per un’altra donna.
Parole pesanti.
Ad infliggere colpe.
Lei.
Con che diritto si permetteva di fare allusioni su Rose…
Proprio lei…che affogava le sue paure gettando via il suo corpo..
A qualcuno ….a cui del suo corpo… non importava nulla ..
Perché...
Gemetti raccogliendo le braccia intorno al corpo.
Strinsi forte per proteggermi.
Un noi non poteva più esistere.
Non come lo avrebbe desiderato lei.
Non come lo avevamo sempre vissuto.
Non poteva più succedere.
Mai…
Quelle tre sillabe mi distrussero…
Mai…
Chiusi gli occhi cercando di impedire al flusso di pensieri insostenibili di divorarmi il cervello, ma le immagini continuavano a scorrere lente inesorabili e distruttive come un fiume di lava incandescente.
Sapere di non poterla più amare come un tempo era di per sé insostenibile , ma immaginarla tra le braccia di un altro uomo a fare del sesso era devastante.

La sua pelle sfiorata dalle sudice  mani di un altro..

Fotogrammi spezzati…a rincorrersi nella mia mente.

Insinuarsi lascive dentro ai suoi vestiti…
violare quella soffice carne che mi apparteneva…

Altra immagine…sovrapposta alla prima…senza un ordine.
Ricordi di noi….il corpo di un altro.

Il tocco della mia Isabella…
Delicate  dita che ancora sentivo sfiorarmi il viso…soffici e leggere…
che mi regalavano l’infinito…..
Giocare col profilo di uno sconosciuto…toccarlo…eccitarlo…

Il dolore penetrarmi a fondo…risoluto.

Le sue labbra schiudersi …umide di noi…mai sazie…su quelle di un altro.

Sbarrai gli occhi cercando di sfuggire all’impietosa sequenza…ma continuò ugualmente.

 Assaporarne il calore quando il suo corpo veniva… si lasciava cadere sopra di me….ansimando…stringendomi…nutrendomene.

Gettai indietro la testa.
Non riuscivo a respirare.

I suoi occhi velati dal desiderio…
perdersi nei miei fino a diventarne parte…
completandoci…
uno nell’altro…
divenendo una cosa sola.
Respiravo quell’armonia come se fosse accanto a me…
come se ancora potessi sentirla ed avessi la forza di amarla…di prenderla.
Le curve del suo seno perfetto…
Esposte ad occhi che non erano i miei…
Il gemito liberato della sua voce al culmine dell’orgasmo.

Lottai contro quel pensiero che si conficcava come una coltellata nella mia carne morta, ma come un assassino mi stava uccidendo …e mi arresi.
Urlai fuori di me tutto quel veleno che mi stava soffocando.
Liberai tutta l’aria che avevo in gola fino a sentir bruciare i polmoni privi di ossigeno…sbattendo forte i pugni chiusi su quella maledetta sedia simbolo della mia maledizione e poi …. poi …accadde.
Non mi ero reso conto di niente…ma era accaduto.
Si protrasse per un solo istante…d’istinto…ma sembrò durare ore.
Improvvisamente ammutolito guardavo il mio piede destro che senza lo avessi realmente voluto si era spostato dal sostegno posandosi a terra…
Lo guardavo soffocando la sorpresa dietro ad una frase sconnessa che mi uscì dalle bocca spalancata.
Non era possibile…
Parole indefinite...sconclusionate…niente che avesse un senso.
Rimasi imbambolato a fissare incredulo quello che ancora la mia mente si rifiutava di credere.
Si era mosso.
Il mio piede si era mosso.
Tremavo…allungando la mano per cercare di sollevarlo di nuovo.
Ma non sentivo nulla.
Immobile e senza vita mi apparve solo un’ingannevole illusione.
Eppure era lì…ed ero stato io.
Ansimavo perché spaventato…blateravo perché  incredulo, un susseguirsi di emozioni contrastanti che mi lasciarono alla fine come un’idiota di fronte al miracolo.
Non potevo credere fosse accaduto davvero.
Volevo urlare…poi mi resi conto che lo avevo già fatto e questo pensiero mi fece sentire ridicolo al punto di scoppiare a ridere.
Risi forte…quasi con le lacrime agli occhi…mi sentivo come un pazzo nella sua cella di restrizione, ma non mi fregava niente.
Ero vivo…
Anche se era stato solo per un istante…io ero vivo.
Ruotai la sedia dopo aver riposto la gamba sul sostegno e accesi la luce per sincerarmi di non aver sognato.
Lasciai trascorrere qualche minuto per pensare…ma i pensieri correvano tanto veloci da non riuscire a metterli uno in fila all’altro.
Portai le mani al volto…
Mio Dio…ero vivo.
Improvvisamente tutto intorno mi parve differente, come se quelle pareti, prima soffocanti, si fossero ora ampliate e l’aria polverosa profumasse di buono.
Non riuscivo a trattenere le emozioni che si affacciavano sul mio viso accavallandosi l’una all’altra senza un ordine preciso.
Dovevo dirlo a qualcuno.
Isabella…
Avevo voglia di correre da lei per dirle che forse non era finita…che una possibilità che tornassi com’ero un tempo forse esisteva…ma quel forse mise la parola fine a tutti i miei entusiasmi.
Non potevo farlo.
Rinchiusi nel mio cuore quell’incauto desiderio, permettendo alla speranza di crescere in me come un germoglio.
Non volevo illudermi …ma soprattutto… illudere Isabella.
Raccolsi tutto il mio coraggio e lasciai la stanza con l’intento di raggiungere il mio cellulare che sapevo riposto nel cassetto del mobile accanto al letto.
 Non lo prendevo in mano da mesi, ma Rose lo usava per comunicare col mio medico…Jasper Cullen, mio fratello.
L’ironia della sorte aveva fatto si che il medico più rinomato nel campo della Traumatologia  neurologica e spinale fosse anche membro della mia famiglia.
Questo mi aveva portato grandi vantaggi.
Jasper  era affiancato da un’ equipe di medici altamente qualificata che collaborando avevano dato vita ad uno dei più importanti centri d’America per il recupero di pazienti affetti da patologie molto gravi simili o anche peggiori della mia.
Non perdeva occasione per insultarmi sul fatto che il peggiore paziente che avesse mai avuto ero proprio io che a suo parere rifiutavo di collaborare come avrei dovuto.
Doveva sapere.
Mi affacciai al corridoio controllando che Isabella non ci fosse e feci scorrere le ruote fino alla porta della camera.
Il telefono era dove doveva essere e lo impugnai accendendolo e controllando fosse carico. Il display si illuminò e cercai il numero di Jasper.
Stavo per inviare la chiamata quando mi resi conto che in casa c’era troppo silenzio…nessun rumore…nulla.
Lo scontro tra noi doveva aver lasciato il segno anche su mia moglie…e mi sentii in colpa, come se improvvisamente mi sentissi io la causa di tutti i suoi problemi…e forse…era proprio così.
Mi avvicinai alla porta della cucina.
Tutto era come lo avevo lasciato...ogni cosa ancora sul tavolo apparecchiato.
Isabella non c’era.
La camera era vuota.
Il bagno aperto…le luci spente.
Solo il caminetto continuava a diffondere luce nel salone, accarezzando le pareti candide con i suoi bagliori dorati.
Mi misi in allarme.
Era scappata da me…
Girai in fretta la sedia diretto verso l’armadio guardaroba dove teneva le sue cose e spalancai quell’anta scorrevole convinto di non trovare quello che stavo cercando.
L’interno si illuminò alla fine della sua corsa e sul primo ripiano vidi il casco…riposto con cura….al solito posto.
Abbassai lo sguardo lasciando che l’ansia si dileguasse.
Non era andata da lui...
Sospirai di sollievo.
Considerai che fosse uscita per pensare…e per lasciarmi solo.
Mi conosceva bene…ed io per questo l’amavo ancora di più.
Dovevo lasciarle il tempo di perdonarmi...
e di perdonare se stessa...e a me di perdonare lei.
Sconfitto, ma colmo di speranza tornai nella mia stanza.
Quell'uomo doveva sparire dalla sua vita per sempre...
Chiusi la porta, afferrai il cellulare ….e premetti il pulsante di invio…

7 commenti:

  1. Lui ha sempre tutto il mio appoggio... la gente non sa più aspettare e capire ..... Niente da fare ... questa Isabella mi sembra egoista ed infantile .. e la voglio punita!!!!! baci!

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  2. Ok dammi subito il nome del tuo pusher cara....non vedo l'ora di leggerne ancora!

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  3. ma si! In queste situazioni comportarsi logicamente non esiste; ci sono mille modi di reagire a simili circostanze. Capisco lui, capisco lei e mi sta sui coglioni questa Rosalie, e mi dispiace perchè io ho sempre avuto un debole x Rosalie anche quando nelle ff è stronza, ma questa Rosalie è pericolosissima, ed è molto più subdola e bastarda di questa Bella.
    Sta di fatto che paralitico o no, riuscirei difficilmente a pensare di andare con un altro dopo EdwHHHHHard!!!!!
    E mo' vediamo cosa dice Jasper!
    Forza Fra!!!
    bacetti

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  4. Francies grazie. x le belle emozioni ke mi fai provare sei limpidi e trasmetti molto bene i tuoi sentimenti ..nn potrei mai scrivere quello ke sento leggendo qst ff. sono d'accordo con sparvi a riguardo di rosaline ..spero ke edward riconquisti isabella e trovi la forza di guarire lasciandosi aiutare da jasper. Donna a presto baci

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  5. Stanno soffrendo tutti e due, molto!
    Però è vero che lei ha reagito nel peggior dei modi.
    Sembra quasi voglia punirsi per quello che è successo a lui... non so! Purtroppo così punisce anche lui. Come un gatto che si rincorre la coda
    Sembra arrivato uno spiraglio di luce, seppur flebile..... ma è pur sempre un inizio.
    Aspetto il seguito, voglio essere ottimista. Ma credo che ancora un po' di sofferenza..... alle volte non guasta, alle volte serve raschiare bene il fondo...... per avere una spinta maggiore e risalire più in fretta.
    Baci e aggiorna presto

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  6. Si si ... è proprio l'ora che Edward tiri fuori le palle e lo farà alla grande secondo me. Un altro centro darling ..

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