Cap 2 – Edward
Macinavo ricordi di normalità, rimanendo poi ad osservarli, mentre, come briciole, cadevano in fondo alla mia anima ferita.
Non vi era più rumore nella mia testa, ma soltanto silenzio.
Cupo e tetro mi annullava, come se avvolgesse la mia mente nutrendosene a poco a poco…ed io lo lasciavo fare…impotente.
Quella che un tempo era stata la mia casa, era diventata ora la mia tomba…un luogo chiuso e freddo, senza quel calore che mi accoglieva quando rientravo la sera e trovavo Isabella ad aspettarmi.
Isabella…
Sarei voluto scomparire per sempre.
La rifiutavo nei miei pensieri perché solo ricordare il suo sorriso mi distruggeva.
Guardarla ogni giorno consumarsi di dolore mi distruggeva.
Avevo deluso ogni suo sogno, ogni nostro sogno, ma di me poco mi importava…era lei che avevo confinato in un presente che non sarebbe mai mutato.
Impotente.
"Esistono vaghe possibilità di recupero…"
Le mi gambe molli…inutili.
Nel buio della notte rimanevo sveglio ad ascoltare il suo respiro nel letto accanto al mio…cercando di assaporare la sua stessa aria, ma il mio corpo non reagiva…non mi ascoltava più.
Impotente.
"Riabilitazione e volontà…"
Avevo sentito mille volte ripetersi quelle parole da stuoli di medici che si erano prodigati per rimettermi in piedi.
Non credevo ad una sola parola di quel che usciva dalle loro labbra.
Non c’erano loro in quel corpo morto nel quale ero segregato come un prigioniero da mesi.
L’Edward che Isabella amava non esisteva più.
Io non esistevo più.
Colmavo quel lasso di tempo che vedeva la luce dare spazio alla ombre osservando alla finestra cambiare il paesaggio.
Le stagioni.
Luce.
Buio.
Le foglie sul prato.
La rugiada diventare ghiaccio.
La neve vergine sui tetti.
Il bagliore del Sole.
Tutto un susseguirsi di immagini distinte.
Come istantanee di un paese lontano…che non avrei potevo più né vedere…né vivere.
Chiusi gli occhi fino a farmi male, stringendo forte i capelli tra le dita…e la mente mi tradì.
Lasciai fluire quell’immagine di noi quando c’eravamo incontrati la prima volta..
Appoggiata a quell’albero nel parco…il libro in mano.
Il sole flirtava tra i rami creando giochi di luce sulla sua pelle chiarissima e il vento sembrava volesse spogliarla, infilandosi sotto la sottile gonna che si sollevava rivelando quanto di più bello avessi mai visto nella mia vita.
Buddy aveva strattonato il guinzaglio liberandosi dal collare ed era corso da lei…attratto quanto me da quella splendida creatura.
Lei sorpresa aveva messo il libro da parte e inginocchiandosi lo aveva accolto accarezzandolo e sorridendo.
Immagini tanto lontane…fotogrammi lenti…dolorosi.
Quelle labbra erano impresse a fuoco nel mio cuore…quel sorriso…
Sospirai quasi gemendo, insabbiato nelle emozioni che avevo provato.
Aveva sollevato lentamente lo sguardo …ed in quegli occhi dolcissimi il puzzle della mia vita si era completato.
Non un solo giorno era trascorso senza che il pensiero di lei mi accompagnasse…lei era il mio giorno, la mia sera…e la mia dolce notte.
C’eravamo riconosciuti entrambi e niente riusciva a distoglierci l’uno dall’altra…niente…fino a…
Scrollai la testa e urlai il mio dolore…spazzando col braccio tutto ciò che trovai davanti a me, ma non bastò.
Lasciati liberi, i ricordi mi stavano uccidendo, colpendomi come sassate.
Lei sopra di me…la sua pelle di velluto.
Lei che mi accarezza il volto.
Le sue dita che scivolano disegnando gesti d’amore.
Soltanto mia.
Soltanto suo
Crollai su me stesso, schiacciato da quelle emozioni che non potevo fare altro che riesumare dai ricordi.
Che non avrei provato più.
Mai più.
Dietro la palpebre chiuse mi stringevo forte a quelle immagini..per impedire loro di rifugiarsi nuovamente nell’oblio, ma il buio ebbe la meglio sulla mia volontà…e in momento svanirono, riportandomi in quella baia di solitudine nella quale mi ero barricato.
Ripresi a respirare normalmente e a compiere quei pochi movimenti che ogni giorno ero costretto a fare per sopravvivere.
Mi spinsi fino in salotto.
Afferrai la bottiglia di Brandy invecchiato e la portai alla lebbra versandomi la mia dose di anestetico ai pensieri molesti.
Ogni giorno un goccio in più.
Ogni giorno un ricordo in meno.
Altalena perversa che dava e toglieva allo stesso tempo.
Lasciai ricadere la testa indietro e con un lungo respiro permisi al calore di quel liquido infuocato di fluire dentro quel corpo inerme nel quale abitavo..lo sentivo scorrere nelle vene, irradiarsi fino ai capillari della mia pelle e darmi quasi l’impressione di essere ancora vivo.
Il tatto sembrava acuirsi…per poi svanire nel nulla.
Un sorso in più.
Un ricordo in meno.
Le labbra intorpidite.
Gli occhi pesanti.
Un sorso in più.
Un ricordo in meno.
Lasciai che quella sostanza mi annientasse.
Volevo non sentire più nulla.
Volevo non pensare più a lei.
Isabella…
Un sorso in più.
Un ricordo in meno.
La bottiglia vuota mi cadde dalle mani schiantandosi a terra.
Non mi importa…
Non mi frega più di niente…
Persi il senso del tempo…
La mia vita in quei cocci.
Inghiottito dal buio …mi lasciai andare a fondo.
bellissimo ed allo stesso tempo dolorosissimo, semplicemente splendido... sono commossa!!!
RispondiEliminaCazzo...povero tesoro...troppo doloreee... :(((
RispondiEliminaSto pensando davvero a cosa scriverti, credimi... Ma queste righe, questo secondo capitolo, mi ha devastata.
RispondiEliminaUn Edward torturato dal dolore, dal rimorso di non dare alla sua Isabella ciò che sperava, pur amandola così tanto, per forze maggiori.
Non mi ero mai fermata a leggerti, non ci avevo mai pensato. Ma ora che ho iniziato, fidati, arrivo alla fine.
Bellissimo comunque, il dolore si sente tra le dita, se ne sente il sapore, credimi...
elisa.