giovedì 1 dicembre 2011

CAPITOLO 1

Cap 1 – Isabella

Non era la prima volta che mi capitava di posare gli occhi su Edward , di osservarlo senza che se ne accorgesse…solo,
in quell’ angolo della casa che aveva trasformato nel suo rifugio...
 e ogni volta ne rimanevo dolorosamente ferita.
Non accettavo il suo essere così passivo, il suo rifiutarmi continuo, ne ero devastata.
In quel breve frangente però mi era parso differente, avevo colto una scintilla nello sguardo... brillava come un tempo…come se il fuoco dentro di lui fosse ancora pronto ad esplodere come allora.
Mi avvicinai colma di speranza ed immediatamente reagì… posando le mani sulle ruote di quella maledetta sedia su cui giaceva da oltre sei mesi.
Si voltò silenzioso, affondando gli occhi nel nulla oltre la finestra, dove le prime ombre della sera calavano su San Francisco… come veli funerari.

Il profilo perfetto.

Le lunghe ciglia accarezzavano lente quello sguardo annebbiato, dentro al quale sembrava non esserci più vita.
Nulla sembrava aver profanato quel volto…ma io sapevo.
L'effetto della sua consapevole freddezza su di me fu devastante.
Abbassai lo sguardo a terra, mentre dentro me crollava un’altra di quelle fragili speranze che col tempo mi ero costruita per sopravvivere.

Mi avvolsi stretta nell'accappatoio e mi  rifugiai nella stanza da bagno per il breve resto del pomeriggio.
Quando riemersi da quell'ambiente ovattato di umida nebbiolina......andai allo specchio e faticai a riconoscere la mia immagine riflessa…

" Cazzo!" pensai...." Ho bisogno di un uomo o impazzisco!"
In casa regnava il silenzio, rotto soltanto dallo scalpiccio dei miei piedi nudi sul pavimento di legno.
La camera era deserta.

Edward…

Mi infilai la prima cosa che trovai rovistando nell'armadio e afferrate le chiavi della mia moto e il casco sotto braccio...infilai la porta di casa e scesi in strada .

" Forse non è troppo tardi!"

La speranza scivolava miseramente sulle mie perplessità....e quando arrivai al quartiere di North Beach, ero già convinta fosse tutto uno sbaglio.

"Soltanto stavolta... una sola e poi mai più!"
Impugnai la maniglia del locale e spinsi decisa... prima che anche le gambe mi tradissero.
La porta si richiuse alle mie spalle, mentre iniziavo lentamente a cadere nell’abisso della mia perversione malata…ad assaporare il momento in cui avrei di nuovo sentito quelle grandi mani estranee prendere possesso del mio corpo.
Forti.
Maschie.
Senza pudori.
L’immagine di Edward scivolò di nuovo nei miei pensieri…e in quegli occhi limpidi vacillai.

" Me ne devo andare!"
La coscienza premeva sull’arroganza dei miei propositi, ma non le diedi retta e mi sedetti invece sullo sgabello rosso sangue...proprio davanti a quel demone che da qualche tempo mi dava il tormento.

- Quanto tempo abbiamo? - Mi disse con quella voce profonda che forava il mio respiro...facendolo annaspare.

- Tutta la notte. - Risposi senza aggiungere altro.

Quegli occhi neri come onice liquida mi scrutarono a fondo, scavando oltre l'immaginabile limite consentito senza esitare …ed ebbi la certezza che quella notte avrei rivissuto il mio INFERNO...
Raccolsi a fatica l'energia per alzare il culo da quel simbolo fallico imbottito che avevo usato come sedia … non vi avevo fatto caso…non me ne curai.
Lui era sempre lì.
Gli occhi si infilavano dentro ai vestiti…mi toccavano.
Teneva tra le mani un lungo bicchiere da aperitivo e lo lucidava con movimenti decisi, infilandoci le dita dentro, a fondo, avvolte dallo straccio quasi a strozzarne la base....mi eccitai.
Si risvegliarono i miei più primordiali istinti, ma l’orgoglio mi costrinse a nascondere le emozioni dietro un'espressione fredda e distaccata.
Non doveva sapere...
Feci qualche passo verso il retro del bancone, dove si trovava la porta, nascosta ad occhi indiscreti, che conduceva ai sotterranei del palazzo.
Feci per appoggiare le dita sulla leva che fungeva da chiusura, ma la sua mano bloccò la mia, impedendomi di muovermi.
Sentivo il suo corpo solido e statuario pressarmi dietro la schiena...e quel sussurro arrochito dall'eccitazione mi diede il colpo di grazia.

- Non muoverti, non andremo lì!-

Rimasi perplessa e anche se il respiro faticava a suggerirmi parole sensate....risposi ugualmente.

- Che c’è, pensi di non farcela? -


Cercavo di dare un tono irriverente alla mia uscita, ma la voce tremò e il gemito che ne seguì tradì la mia emozione.

- Ho altro per te stavolta...-

Sussurrava parole vaghe, mentre l'alito del suo respiro mi accarezzava la pelle dietro al collo…fremetti... lui se ne accorse e rise di me.

" Bastardo!" Pensai.

Mi voltai per affrontarlo, ma lui era già lontano.
Lento saliva la grande scala che portava al piano superiore...in quella zona del locale in cui non ero mai stata.
I capelli gli ricadevano scomposti sugli occhi e sotto a quella leggera e dorata barba incolta sorrideva, mettendo in mostra la dentatura perfetta, incorniciata da quelle rughe d'espressione che segnavano il suo viso abbronzatissimo....un leone...ecco quel che mi ricordava la sua figura fiera.

" Un leone bastardo." pensai...." Oddio che stronzo!"
Gettai indietro i capelli con fare disinvolto e accendendomi una sigaretta cominciai anch'io a salire la scala.
A metà mi fermai, gettando lo sguardo verso di lui.
Nel locale tutti erano impegnati a fare altro e nessuno fece caso a noi.

" Sono fuori di testa, ma non m’importa...solo questa volta ...poi mollo tutto".

Pensieri e parole si agitavano nella mia testa senza un senso logico, solo l’istinto di salire e di raggiungere quell'uomo premeva sul resto, impossessandosi del diritto di decidere.
Il buio corridoio sembrava inghiottirmi passo dopo passo, mentre dal fondo la luce della fessura di una porta socchiusa mi faceva da guida.
Nessun rumore, se non il brusio della gente che c'era giù al bar.
Barcollando mi appoggiai alla pareti fredde e indistinte e gettando di tanto in tanto lo sguardo dietro di me raggiunsi quella luce.
I pantaloni di pelle mi si erano incollati alle gambe sudate per l'eccitazione e per il caldo che aleggiava soffocante in quell'antro buio che puzzava di droga e alcool.
Ancora gli occhi di Edward..freddi come ghiaccio…mi trafissero la mente.

Ricacciai quell’immagine, gettando a terra la sigaretta e schiacciandola con furia sotto la punta dello stivale.
I capelli incollati al collo mi innervosivano, ma non mi fermai.
Non avevo idea di cosa mi aspettasse al di là di quella porta, ma ormai era tardi per sottrarsi a quella sottile ed inesplorata realtà.
Volevo quello che quell'uomo aveva da offrirmi, molto più di quanto desiderassi fuggire di lì.
Non lo so.
Non so proprio cosa mi spingesse a continuare quel gioco pericoloso...ma non riuscivo a sottrarmene, non quando avevo ancora impresso nella mente, sulla lingua, l’eccitante odore e sapore del suo corpo caldo sopra di me...
della sua mano forte stretta intorno al collo...
delle dita che quasi mi strappavano i capelli nella foga di montarmi come un animale.
Diedi una spinta forte col piede alla porta e mi ritrovai davanti uno spettacolo inquietante.
Josh si era strappato letteralmente la camicia di dosso gettandola sul pavimento nero di mattonelle a specchio, sul quale giaceva scomposta accanto al riflesso della sua schiena nuda....tatuata di simboli di cui ignoravo il significato.
Come un filo di sangue, quei simboli seguivano le curve gonfie dei suoi muscoli pronunciati, scomparendo sul sentiero dell'addominale che pulsava sotto le sue dita che ne sfioravano le sporgenze.
Mi fissava con un ghigno spettrale e invece che spaventarmi la cosa mi attrasse.
Nella mano destra teneva stretto qualcosa che nella penombra non riconobbi.
Trascinò il dorso della mano sulle labbra umide e mordendosi poi il labbro mi fece segno di avvicinarmi....ero sua preda...e senza pensare obbedii....quasi calamitata da quegli occhi di fuoco.
Allungai la mano inconsciamente, toccando quel torace maschio, dove la peluria rada sembrava disegnarsi ad arte su quel gioco di simboli che ne profanava la pelle lucida e accaldata.
Gocce di sudore mi colarono lungo la scollatura, inabissandosi sulla fessura appena esposta...unendosi al gonfiore bruciante di desiderio che mi stava facendo impazzire sotto alla prigione di pelle nera.
Scivolai sul suo petto con le unghie laccate cercando di raggiungere e di penetrare il suo jeans con le dita.

- ah...ha...no! Hai troppa fretta, tesoro! Stanotte comando io. -

Si avvicinò tanto da respirare la stessa aria, sapeva di un aroma tanto intenso da farmi girare la testa.
Chiusi gli occhi.

- Spogliati....e non togliere gli stivali. -

Sentivo il mio corpo vibrare ad ogni sua sillaba, accarezzato e graffiato dal tono rude e sensuale della sua voce profonda.
Tolsi di dosso tutto ciò che avevo.
Mi voltai verso il muro spoglio, dove troneggiava un grande specchio ambrato che disperdeva la luce delle lampade disposte ad arte, per creare atmosfere noir e di perversione.
Guardai l'immagine di quella montagna d'uomo riflessa dietro di me …si era spogliato…e in quel momento lo vidi.
Era grosso nella sua mano...tanto da faticare ad impugnarlo.
Lo blandiva lentamente...facendolo scivolare languidamente da una mano all'altra, accarezzandolo e stringendolo forte tra le dita.

- Voglio toccarti. -

Mi uscì di getto tra le labbra umide, quando accennò un passo verso di me.

- Dovrai aspettare. Ora rimani lì, appoggia le mani allo specchio. Chinati in avanti e guardami!-

Era un ordine e il tono imperativo della rude voce mi costrinse a mordermi le labbra fin quasi a sanguinare, pulsante e obbediente, feci quello che mi aveva ordinato.
Lente, inesorabili, le pulsazioni aumentarono di intensità, mentre le sue mani giocavano a tenderlo e comprimerlo ad allungarlo e a farne uno strumento di tortura....per me costretta soltanto a guardare.

- Chiudi gli occhi ora, abbassa la testa. Non voglio sentire nessun rumore uscire dalla tua bocca o ti punirò. Non aprire gli occhi...o sarai anche per questo punita. Non ti muovere. -

Le sole parole avevano scatenato le mie fantasie e in preda ad una sfrenata pulsione chiusi gli occhi esponendomi ancora di più.
Lo volevo sentire... volevo il dolore...volevo affogasse dentro di me...profondo e feroce...fino a sfinirmi.
Nel buio della mia mente immaginavo le sue mani scorrere sul quel membro coperto d’olio, scivolare tra le dita, pulsante … marmoreo. Lo immaginavo premere su di me per farsi strada e inevitabilmente il calore dell’eccitazione mi fece bagnare. Le gocce scendevano all’interno delle cosce facendomi rabbrividire e inconsapevole mi sfuggì un gemito.

- Ti avevo detto di stare zitta…ora vedrai cosa ti aspetta. -

Rimasi immobile, come paralizzata.
Eccitata oltre misura dall’adrenalina che quella voce rude scatenava in me.
Il dolore era di gran lunga la mia più alta fonte di eccitamento.
Non volevo sentirmi così.
Rifiutavo tutto questo quando mi trovavo nel mondo reale, ma lì, tra quelle mura che sudavano sesso, non avevo limiti o inibizioni.
Volevo soltanto fottere fino a farmi male e lui sapeva come fare...e me lo faceva penare...lasciandomi esasperata e fradicia ogni volta che mi entrava dentro e poi sfuggiva, grondante e madida di sudori.
Era da folli, ma era stato così dal primo istante…e non riuscivo a controllare questo impulso che mi spingeva a inoltrarmi nei più esclusivi circoli del sesso no limits.
Non volevo che questo lato perverso rovinasse l’immagine che mi ero costruita con tanta dedizione nel corso della mia carriera e così ero finita col frequentare posti meno elitari, nei bassifondi della città.
Quando avevo provato l’apice del godimento con quell’uomo che ora mi minacciava alle spalle, avevo terminato le mie ricerche.
Quasi con regolarità tornavo per sottopormi ad ogni più lussuriosa bassezza, senza riuscire mai, poi, a rinunciarvi.
Lui sapeva come farmi impazzire.
Sapeva dosare ad arte dolore e piacere, ne aveva fatto un culto.
Tra noi c’era un tacito accordo con il quale avevamo sigillato un patto di omertà. Tutto ciò che accadeva tra le mura di quelle stanze
veniva dimenticato e ogni volta che ci si rivedeva…era come se non fosse mai accaduto nulla tra noi…e il gioco ricominciava e ogni volta si faceva più pericoloso.
Era un uomo bellissimo, dal fisico possente e dalle mani tanto rudi quanto delicate, un delirio di sensualità e perversione uniti in quel corpo da urlo che mi dava alla testa.
Le sue dita seguivano il disegno della mia spina dorsale graffiando la pelle fino a farla sanguinare, per poi scivolare più in basso…sfiorando appena i contorni del primo ingresso del mio corpo, quello che mi procurava maggiore piacere… che mi conduceva oltre la ragione.
Volevo di più quella notte.
Desideravo rimanessero i segni della sofferenza che avrei provato…volevo tutto…e molto di più ancora.
Dimenticare!
Tutto ciò che desideravo era questo.
Edward e i suoi maledetti silenzi.
Il suo fottutissimo incidente.
La mia vita vuota.
Abbandonai la mente alle sensazioni, avvolsi le angosce nella nebbia del delirio…e misi nelle mani di quell’uomo l’involucro del mio corpo ferito.
Non appena le sue dita mi sfiorarono, dimenticai tutto il resto e mi sentii risucchiare in quel mondo che la mia mente costruiva per difendersi da ciò che la spaventava.
Ne ero consapevole, ma ciò non bastava a proteggermi dalle conseguenze.
I lividi sarebbero rimasti a testimonianza di un’altra evasione.
Inutile…come tutte le altre.
Flashback.
Veloci.
Dolorosi.

Edward che mi sorride facendo l’amore…
- Fammi male…o non ti pagherò!-

La mia bocca si mosse, senza avere controllo sulle parole…
Volevo solo annullarmi.

- Devi stare zitta ti ho detto. –

Faceva bene il suo fottutissimo lavoro, mentre io…

- Muoviti o sarò io a farti del male! -

Urlavo la mia rabbia…la mia sofferenza…

Edward mi conosceva…

Obbedì, quasi senza opporsi.
Senza esitare mi afferrò i fianchi, penetrandomi a fondo.
Un colpo secco …per trafiggere le mie paure.

Edward sapeva sempre di cosa avessi bisogno…

Quel corpo che non amavo mi colmava…illudendomi di non provare rimorsi.
Quel surrogato del Paradiso che avevo conosciuto con Edward…scivolò come un estraneo dentro di me.
Profanando quel tempio che era appartenuto soltanto a
lui…
 Sbattendo altrove i miei pensieri bui.
Lo accolsi con foga…assecondando il movimento.
Le spinte aumentarono.
Sentivo le dita intorno al collo…strette …decise.
Mi sentivo soffocare…

Edward che mi accarezza le labbra con le sue….

Mi sforzo di non pensare.
Dimentico.
Per un momento accade…solo un attimo.
Poi riappare…il sollievo è breve.

Edward …le sue mani…la sua voce dolce…

Mi volto verso quell’uomo che cerca inutilmente di violentare quel dolore che mi rende impotente.

Isabella io ti amo…

E mi lascio trascinare all’inferno.
In fondo…sempre più in basso…dove
lui non mi possa raggiungere.
 Voglio il buio.
Il nulla…

3 commenti:

  1. mamma mia a me mi ha già rapito!!!!!!!e il dolore di lei mi ha commossa...C...o che racconto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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  2. Mamma santa ragazza mia...tu sei fuori a farmi leggere 'ste cose!!! Così perdo quel po' di contegno che mi resta... BRAVAAAA!!!

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  3. è molto difficile scrivere scene di sesso credibili e trascinanti. si può scadere nella volgarità. nella banalità. nell'indifferenza. nell'eccesso. qui c'è sentimento e dolore. ci sono la scissione del corpo con l'anima. è una cosa, questa, che purtroppo conosco molto bene. "... misi nelle mani di quell’uomo l’involucro del mio corpo ferito ..." questa è la frase che mi ha colpito di più. brava :)

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