lunedì 6 maggio 2013

Capitolo 34


Capitolo 34 – Edward



    La stanza riservata alle terapie era ampiamente attrezzata con ogni genere di apparecchiature all’avanguardia. Jasper in questo non si era risparmiato e senza spostarmi da lì potevo usufruire della migliore assistenza sulla piazza.
Per il massaggio era stato creato un angolo raccolto, tenuto a temperatura costante, dove, oltre a tutto l’occorrente per il terapeuta, c’erano anche alcuni dei più sofisticati sistemi automatizzati che permettevano al paziente di gestirsi da solo. Nei primi mesi mi erano stati di grande sostegno, non soltanto fisico, ma soprattutto psicologico perché dopo tanto tempo di dipendenza da altri potevo finalmente muovermi in modo autonomo. Rose era sempre il mio punto fermo, senza di lei mi sarei sentito perso e, almeno in questo, dovevo dare ragione a Jasper per aver insistito che si trasferisse con noi al lago. Le dovevo tantissimo e volevo trovare il modo di ripagare tutto l’affetto, il tempo, il sostegno e la pazienza oltre alla innegabile competenza con la quale si era dedicata a me. Oltretutto aveva dovuto subire l’avversione che Isabella aveva avuto per lei fin dal primo momento che l’aveva vista all’ospedale, accanto al mio letto, a curare le ferite di quello stesso uomo con il quale la sera prima aveva fatto l’amore e infiniti progetti.
Non si era più parlato del nostro futuro.
Da quando Isabella ed io eravamo a Tahoe sembrava che soltanto il presente importasse.
Ci eravamo chiusi come in una bolla trasparente oltre la quale tutto il resto non contava e guardavamo, stretti uno all’altra, lo scorrere delle immagini al di là di quel velo protettivo come se non ci riguardassero. Non mi ero reso conto di niente finché Bob non mi aveva fatto notare la cosa e inevitabilmente avevo riaperto gli occhi.
Ora mi importava.
Ora era tempo di tornare tra la gente.
Non significava andarsene da Tahoe, ma soltanto aprire le porte al mondo che viveva lì fuori…e non soltanto.
Erano molti i desideri che volevo soddisfare.
Da alcuni giorni, ad esempio, mi era tornata la voglia di scrivere e nei ritagli pomeridiani ero riuscito a buttare giù una bozza per un nuovo libro, la cui storia esulava un po’ dalle trame che ero solito pubblicare.
Rischiare di morire cambia la visione della vita stessa e probabilmente, leggendo quello che avrei pubblicato in futuro, la cosa sarebbe emersa in modo evidente. Sperai che le mie fedeli lettrici ne avrebbero compreso la ragione.
La mia rinascita stava avvenendo in modo insospettabile e a parer mio sorprendente ed esserne stupito era altamente eccitante. Avere una gran voglia di fare di tutto mi esaltava e non vedevo l’ora di cominciare.
Rose stava preparando l’unguento per il massaggio ed io la osservavo in silenzio, cercando di non distrarla. Il profumo intenso degli oli miscelati era familiare e il benessere che infondeva riguardava sia mente che corpo. Rilassava e aiutava lo spirito a librarsi.
Mi sistemai sul lettino a pancia in su e attesi paziente di sentire le sue mani darmi sollievo.
-                    Allora Edward dimmi, hai fatto qualche strano movimento per sentirti così? – Mi parlava con calma, la voce bassa e modulata. Molto professionale.
-                    Un tuffo dalla barca. Ci crederesti? Io che faccio una cosa del genere? Bob, lo skipper, mi ha costretto a gettarmi in acqua minacciandomi non ti dico come. – Si mise a ridere. Un breve momento di leggerezza che durò il tempo di un sospiro.
-                    Vita spericolata quindi?! Ti stai dando alla pazza gioia.- Le sue labbra ancora sorridevano, ma gli occhi erano nuovamente bui.
-                    Con quell’uomo c’è da aspettarsi di tutto, ma mi sono divertito e non sai quanto. Ohh…quel punto mi fa male da morire. –
Scivolava lenta le dita sulle fasce muscolari delle gambe. Partiva dalla caviglia e lentamente risaliva fino all’inguine. Continuò il movimento aumentando la pressione nei punti dolenti. Chiusi gli occhi e mi abbandonai alle sue mani esperte. Pochi passaggi e già mi sentivo meglio. Lei taceva.
-                    Mi dispiace averti disturbata di domenica. Non potevo farne a meno, credimi, o non l’avrei fatto. Avevi altri programmi? –
-                    Certo, come no. Stare stesa sul lettino del portico a leggere. Davvero un programmino esaltante. – L’ironia era rattristata dal sospiro che ne seguì.
-                    Posso chiederti perché non esci mai? Credevo che qui vicino abitasse la tua famiglia. – Si irrigidì, ma cercò di nasconderlo.
-                    Sì, è così. –
-                    E non hai voglia di vederli?- Deglutì e prese fiato.
-                    Certo che li vorrei vedere. – Fermò le mani e guardò a terra, indecisa se continuare  a parlare o meno.
Appariva stanca. La vecchia Rose di San Francisco sembrava non esistere più. La donna impeccabile e sempre curata si era trasformata in un cucciolo arruffato. Gli occhiali neri le scendevano sul naso ed era costretta a rimetterli a posto col dorso della mano unta.
-                    Ma? – La invitai a continuare quel che stava dicendo.
-                    Edward, sono loro a non voler vedere me. – Sembrò fredda, distante e riprese paziente a scivolare le dita.
-                    Non ci credo. – Ero sorpreso e non volli cedere. Volevo sapere di più. Volevo capire cosa la turbasse. Sollevai la testa per guardarla.
-                    E invece… è così! - Glaciale, come soltanto lei sapeva essere.
-                    Dai, non è possibile. Perché mai non vorrebbero vederti? – Il tocco divenne veloce e pesante più del dovuto. Si era innervosita.
-                    Perché non sono gradita. Sono anni che non vedo i miei. – Gli occhiali scesero nuovamente sul naso e lei li ricacciò al loro posto con un gesto di stizza.
-                    Non voglio farti stare male, sto solo cercando di capire come fare ad aiutarti. Sai che ti voglio bene, vero? -  Sospirò come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento. Sembrò piegarsi su se stessa, come un palloncino che si sgonfia.
-                    Almeno qualcuno me ne vuole. – Ironizzò cercando di sembrare divertente, ma il tremore della sua voce la tradiva e, pur sapendo di rischiare di farla arrabbiare, incalzai.
-                    Ti devo la mia vita Rose, sai bene che te ne voglio. Sei un tesoro, non vedo come si possa non amarti. – Nessuna malizia, solo affetto sincero nelle mie parole.
-                    E invece si può. –
-                    Oh andiamo…nemmeno i tuoi fratelli? Ne hai qualcuno? – Mi guardò strabuzzando gli occhi.
-                    Perché mi guardi così? Non so niente di te, non racconti mai nulla, mentre tu della mia vita conosci praticamente ogni dettaglio… anche il più intimo. Sei ingiusta. –
Il mio tono era amichevole, cercavo di far leva su questo nostro legame speciale e dall’espressione che vidi sul suo viso sembrò funzionare.
-                    Ho un  fratello, ok? Contento? Non vedo come questo possa interessarti visto che non partecipo alla sua vita da anni. – L’ombra scura che da mesi la copriva sembrò lasciar intravedere uno spiraglio di luce, ma subito dopo si richiuse, nascondendola nel buio più totale.
-                    Da quanto tempo?- Non le davo pace.
Afferrò l’asciugamano che avevo sul ventre spostandolo sopra le gambe. Faceva caldo per lei e un velo di sudore le imperlava il volto. Si tolse la giacca di lana e rimase con la sola  maglietta. Non usava più il grembiule bianco come un tempo. Le abitudini erano cambiate per entrambi e mi accorsi che anche il nostro rapporto di fiducia e complicità si era modificato.
A volte mi sembrava un’altra persona.
Forse perché anch’io, senza accorgermene, ero diventato un altro.
-                    Da otto anni. – Gli occhi le luccicavano, ma seppe trattenersi e continuare il suo lavoro. Era sopra di me che lisciava la muscolatura addominale e pettorale. Non mi guardava e la ruga sulla fronte evidenziava il suo stato d’animo ferito e confuso.
-                    Rose…- Le afferrai i polsi e li trattenni cercando di fare in modo che mi guardasse. Non voleva, ma lo fece ugualmente. In quegli splendidi e  profondi occhi blu potevo leggere tutto il suo dolore e mi sentii scosso. Aveva bisogno di un amico. Era sola. Non potevo lasciare che soffrisse. Lei non mi aveva permesso di crollare ed io avrei fatto lo stesso in cambio.
-                    Non posso parlarne Edward…è troppo…- La fermai.
-                    Troppo cosa?! Sono qui Rose. Parlane, sfogati. Ti stai distruggendo e non posso permetterlo. –
-                    Mi fa troppo male…non posso farlo. Scusa. –
-                    Non ti fidi di me? Ti ho forse deluso in qualcosa? Dai dimmelo! Vedrò di rimediare. – Le lasciai i polsi e le sue mani tornarono a posarsi sul mio petto. Riprese a massaggiare delicatamente, con impegno. Le lasciai il tempo per pensare, ma sembrò ignorarmi. Girò intorno al lettino e si mise dietro la mia testa per terminare quel che aveva cominciato. Poi riprese a parlare.
-                    Non dire stupidaggini. Sei un uomo buono, uno dei pochi che conosco e mi fido di te più di qualsiasi altro. Solo preferisco non parlarne. – Mi guardava a rovescio e dolcemente mi sfiorò il viso con le dita. Poi mi schiaffeggiò per gioco, chiedendomi di girarmi. Cercai di farlo, ma sollevandomi fui colto di sorpresa da una fitta alla schiena e quasi caddi dal lettino. Lei mi sorresse, aiutandomi poi a girarmi. Soliti movimenti, fatti e rifatti molte volte in passato. C’era una storia alle nostre spalle, un vissuto che ci legava e che non sarebbe mai stato dimenticato, né da me, né da lei. La guardai negli occhi quando mi fu vicina e invece di stendermi mi sedetti sul lettino. Le afferrai le dita delle mani con delicatezza. Lei non seppe trattenersi e cominciò a piangere in silenzio.
-                    Non fare così…voglio farti stare meglio,  non vederti piangere. – Le sussurrai.
-                    Lascia stare, non  è colpa tua. Mi basta una sciocchezza e piango come una bambina. Non ne posso più. – Vinta e distrutta si lasciò andare senza più maschere, rivelando ciò che nascondeva.
-                    Non puoi capire Edward lo strazio che provo…loro sono lì…io sono qui…e non posso vederli…non...non so nemmeno cosa sto dicendo. Lascia perdere, è un gran casino. -
La sua fragilità mi commosse e mi resi conto della solitudine che doveva aver provato per tutto quel tempo. Tolse gli occhiali e li mise accanto alla giacca, ben riposti, nell’ordine maniacale in cui era abituata a gestire quel posto. Volevo confortarla, ma non sapevo come fare.
-                    Non voglio lasciar perdere. Con me non l’hai fatto e ora è il mio turno di aiutare te. –
-                    Non c’è niente che tu possa fare, credimi. Mia madre mi odia e a mio padre…figurati… non glien’è mai fregato niente di me. Mio fratello era poco più di un ragazzo quando mi ha vista l’ultima volta e non  so nemmeno se lo riconoscerei incontrandolo per strada. Capisci? Gli ho parlato al telefono qualche volta, è un bravo ragazzo, ma più di questo non ho avuto da loro. Chissà se si ricorda ancora di me…non so più niente e ho paura di scoprire di aver perso anche lui. – Piangeva a dirotto. Ma non riuscivo a comprendere il motivo di questo abbandono da parte della sua famiglia. C’era qualcosa che non sapevo o che Rose non voleva dirmi.
-                    Si può sapere che cosa è successo? Che motivo hanno per farti questo?-
-                    Niente. – Secca, decisa. Si asciugò le guance bagnate con le dita.
-                    Come niente, non…-
-                    Basta! Non ne voglio parlare più …ti prego. – Mi fissò torva per farmi comprendere che la discussione era chiusa. Non volli infierire.
Qualcosa avevo scoperto e magari in un altro momento mi avrebbe confessato il resto, ma per ora mi dovevo accontentare.
-                    Girati che non ho finito. – Mi aiutò a stendermi.
-                    Certo, certo. Agli ordini capo. – Le sfuggì un sorrisino e ammiccai sorridendo a mia volta.
Passarono alcuni minuti senza che nessuno dicesse nulla. La musica di sottofondo sembrava accompagnare i nostri pensieri e lasciammo che li cullasse per sopire le ansie, le paure e le preoccupazioni che ognuno a proprio modo deve sopportare ogni giorno. Lente e rassicuranti le sue mani scioglievano le tensioni che mi avevano tenuto sveglio durante la notte e gliene fui grato. Mi aiutava sempre a stare bene. E sapevo che non era stato facile in tutti quei mesi sopportare i miei sbalzi d’umore, le mie angosce, i miei scatti d’ira. Sempre presente Rose era stata l’unico mio punto di riferimento.
Terminato il massaggio mi accarezzò i capelli, come faceva sempre e abbassò la testa sussurrandomi all’orecchio.
-                    Grazie. – Niente altro.
Mi coprì con la termocoperta sistemandola in modo che il calore mi avvolgesse completamente e iniziò a sistemare le cose intorno. Gli occhi socchiusi mi permisero di osservarla piegare l’asciugamano, lavarsi le mani più volte, sistemare le boccette degli oli.
Movimenti sicuri, meccanici.
Rassettò ogni cosa silenziosamente, per lasciarmi il tempo di un ultimo breve riposino.
Quando riaprii gli occhi era ancora lì.
Guardava l’infinito oltre la finestra opaca, senza in realtà vedere nulla.
Non c’erano lacrime sul suo viso , ma era come se tutto il suo corpo fosse un lamento trattenuto. Era un immenso dolore quello che stava tenendo dentro e mi ferì profondamente vederla così, incapace di difendersi.
Mi sollevai lentamente e accorgendosene si voltò a guardarmi.
Iniziai a rivestirmi, pochi movimenti e fui pronto.
-                    Come ti senti ora? – Ancora si preoccupava per me.
-                    Bene. Mi sento un altro. Grazie Rose. – Mi avvicinai.
-                    Sono contenta. Allora posso tornare al mio libro? –
Da quando mi ero rimesso in piedi dopo l’incidente, mi ero accorto di quanto fosse alta rispetto alla media. Non resistetti a quegli occhi sofferenti. Le afferrai la mano, attirandola verso di me.
-                    Vieni qui. –
L’abbracciai tenendola stretta e dopo un istante di rigidità si lasciò andare poggiando il capo sulla mia spalla. Non dissi nulla, perché in quell’abbraccio c’era tutto quello che volevo sapesse da me. Che ero suo amico, che poteva contare sul mio appoggio e soprattutto che le volevo bene. 
La lasciai accarezzandole il volto.
-                    Andiamo. –
-                    Ok. - Afferrò la sua giacca, si sistemò i capelli, infilò i suoi spessi occhiali neri e si lisciò i pantaloni. L’abitudine aveva avuto la meglio.
Mentre ci incamminavamo alla porta cercai di alleggerire l’atmosfera.
-                    Non ti sento più addosso il profumo che usavi a casa. Cos’era…Cloè vero? Non ti piace più?-
Le aprii la porta e le feci cenno di passare per prima.
Sembrava molto più calma e rilassata.
Forse ero riuscito a fare anch’io qualcosa per lei.
-                    Come fai a ricordarlo? Sì, era quello. – Era sorpresa.
-                    Beh? –
-                    L’ho finito. Ecco perché non lo senti più. E mi manca da morire. – Rideva, un po’ impacciata, ma ne fui felice.
-                    Peccato. Bisognerà rimediare. – Le sorrisi di rimando e tra noi ci fu un muto accordo di complicità.
-                    Edward, vieni. – La voce di Isabella mi raggiunse dalla veranda.
Il cielo sembrava mostrare qualche spiraglio di cielo e alcuni raggi più coraggiosi proiettavano il loro bagliore attraverso i vetri del salone. Granelli indistinti di pulviscolo galleggiavano in quella spada di luce e per gioco vi soffiai contro, creando un vortice che li sconvolse. Rose fece lo stesso.
Ridendo uscimmo sotto il portico, trovando Isabella in compagnia di un ragazzo che non avevo mai visto e che mi incuriosì.
Accorgendosi di un ospite Rose dirottò i suoi passi, scendendo la scaletta di fronte al porticciolo, anziché prendere quella che l’avrebbe condotta direttamente al cottage. La lasciai andare, salutandola con la mano. Mi sorrise e riprese il passo. Procedeva lenta e senza fretta, guardandosi intorno lungo il viottolo che conduceva alla riva del lago. Rivolgendomi agli altri mi accorsi che il ragazzo la stava guardando con insistenza. Isabella gli parlava, ma lui sembrava non ascoltarla più. Seguiva i movimenti di Rose senza staccarle gli occhi di dosso. Mi avvicinai notando che i tratti del volto avevano qualcosa di familiare e intanto Isabella mi mostrava uno strano aggeggio che aveva in mano e che scuotendolo produceva un dolce suono.
-                    Guarda che meraviglia? Mike è stato tanto gentile da portarmelo dall’emporio. Ti piace? –
-                    Si… si, certo! – Le risposi distrattamente, continuando ad osservare la scena.
-                    Chi è quella ragazza? – La domanda di Mike arrivò candida, senza preavviso, diretta e pulita. Non so perché mi sentii di dovergli rispondere.
-                    E’ Rosalie Hale, la conosci? – Isabella strabuzzò gli occhi guardandomi di traverso. Lui sembrò illuminarsi e lasciandoci a bocca aperta corse verso di lei chiamandola a voce alta.
-                    Lilly… - Rose si fermò di colpo impallidendo. Non era ancora lontana e la potevo vedere bene in viso. Si era girata verso il ragazzo, ma non si era mossa di lì. Quando le fu accanto si portò le mani alla bocca e lui la prese fra le braccia facendola girare in aria senza tante cerimonie. Era enorme e Rose sembrò sparire in quell’abbraccio affettuoso.
-                    Perché la sta abbracciando? – Isabella sembrava infastidita e sorpresa insieme. Chiedeva a me qualcosa che non potevo certo sapere, ma che leggendo negli occhi di Rose sapevo essere una cosa buona. Piangeva stringendolo forte a sé e lui le parlava senza fermarsi e baciandola sulle guance bagnate. Tremava dall’emozione e non riuscii a trattenere un sorriso condividendo la sua gioia. Non sentivamo quel che si stavano dicendo, ma vedendoli uno accanto all’altra compresi subito chi fosse. Rose si voltò verso di me urlando.
-                    E’ lui. – E le alzai il pollice sorridendo.
-                    Ma lui chi? – Isabella era ignara di tutto e non riusciva a capirci nulla.
-                    Insomma, vuoi dirmi che succede? – Mi tirava la manica della felpa come una bambina cocciuta.
-                    E’ suo fratello. – Feci una pausa osservando la sua sorpresa. – Il fratello che non vedeva da anni. –
-                    Oh…e sua sorella? – Fui io quello sorpreso ora.
-                    Di che parli? – Sembrò pentirsi di quello che aveva detto e volse gli occhi altrove, fingendo indifferenza.
-                    Niente…niente. Dicevo così per dire. – Deglutì a disagio e me ne accorsi. Poi continuò.
-                    Certo che è una donna piena di sorprese Rose eh? Non finisce mai di stupirmi. - Cercava di defilarsi dall’affermazione di poco prima e lasciai perdere.
Guardavo la mia amica finalmente sorridere e ne fui felice.
Mike la prese per mano trascinandola da noi. Rose era stravolta, i capelli si erano sciolti e le danzavano intorno, sollevati dal vento leggero che arrivava dalle acque del lago. Non riusciva a smettere di guardare il fratello ed era radiosa.
-                    Scusate, ma è stata una sorpresa meravigliosa. Chi poteva immaginare che avrei trovato qui mia sorella. – L’abbracciò baciandole i capelli e lei rise.
-                    Avrete molte cose da raccontarvi allora. Ora che vi guardo bene vi somigliate molto. – Tenevo stretta Isabella a fianco a me.
-                    E’ bellissimo vero? – Rose squillava come le campane a festa, era una meraviglia da guardare.
-                    Come te Lilly. – Mike era limpido e genuino. Una folata di freschezza.
-                    Lilly? – Isabella era sempre più stupefatta.
-                    L’ho sempre chiamata così…solo io, perché da piccolo non riuscivo a pronunciare il suo nome. Ti ricordi? – Disse infine rivolgendosi a Rose.
-                    Sì Mike, come potrei dimenticare. – E per un momento gli occhi si velarono nuovamente di tristezza. Mike se ne accorse e la strinse forte.
-                    Immagino abbiate un sacco di cose da raccontarvi. Perché non rimani qui alla villa, Mike? –
-                    Volentieri, ne sarei felice. –
-                    Oggi è domenica e Rose è libera, anche se stamattina l’ho buttata giù dal letto perché avevo bisogno di lei. Tua sorella è un fenomeno come fisioterapista, lo sapevi? –
-                    Ne sono certo. Lei è brava in tutto. Lo è sempre stata. – La accarezzava con dolcezza e amore e lei si stringeva aggrappandosi a lui come a un’ancora di salvezza.
-                    Volete pranzare con noi?- Isabella intervenne più per far parte della discussione che per un sincero interesse. Era palese quanto detestasse la vicinanza di Rose, ma non sapendo che dire fu l’unica cosa che le venne in mente.
-                    La ringrazio, ma preferirei rimanere un po’ da sola con mio fratello. Non ti dispiace vero Mike? – Disse poi rivolgendosi a lui.
-                    Ci potremmo vedere più tardi. Magari usciamo tutti a bere qualcosa in paese. Conosco un sacco di posti carini. – Il ragazzo era pieno di sano entusiasmo e Isabella mi guardò non sapendo che rispondere. Le venni incontro intervenendo io stesso.
-                    Aspettiamo ospiti per stasera. Mio fratello e sua moglie ci raggiungono per qualche giorno. Perché non vi unite a noi? – Li vidi in imbarazzo.
-                    Non c’è fretta – continuai – decidete con calma, ci sentiamo più tardi magari. Non preoccupatevi per questo. Siamo in vacanza no? –
-                    Grazie Edward. – Rose rispose per lui.
-                    Allora a più tardi. Ciao Isabella. – Mike era davvero simpatico.
-                    Ciao. – Isabella sembrava disturbata dalla novità.
Mike si congedò salutando entrambi con la mano e trascinando sua sorella via con sé. Il loro chiacchiericcio vivace li seguì fino al cottage di Rose, dove scomparvero ridendo.

3 commenti:

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  2. Mamma mia...ho appena finito di leggere questa tua storia...è davvero qualcosa di fantastico...ho pianto...ho riso e mi sono venuti un sacco di brividi...queste sono emozioni vere e il tuo modo di raccontarle è disarmante davvero!!!!
    Hai fatto vivere questi Ed e Bella... dal primo momento li ho sentiti sulla pelle...sono troppo belli e troppo profondi!!!!!
    Rose all'inizio era odio ma, sto imparando a conoscerla e ad affezionarmici...
    Sono nuova di questa realtà dei blog e sto ancora capendo come muovermi ma, questa favola meritava davvero un piccolo commento...solo ke ora non so come farò ad aspettare il nuovo aggiornamento....GRANDIOSAAAAAAA
    Baci

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    1. Grazie davvero. Sono molto felice che l'animo dei personaggi non rimanga nascosto tra le righe ma arrivi a chi ha la bontà di leggerle. Non sono molto veloce ad aggiornare, ma una volta al mese lo faccio. Tra qualche giorno arriva il nuovo capitolo. Grazie mille per le belle parole...FANNO BENE...hahaha. :)

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