Capitolo
24 – Isabella
Quei giorni di attesa trascorsero
velocemente, mentre mi immergevo nelle mie carte per sistemare ogni cosa prima
della partenza.
In
ufficio sembrava che nessuno avesse da ridire circa il periodo di pausa che
avevo deciso di prendermi senza preavviso, a parte James che in ogni istante della
giornata si presentava alla mia porta per chiedermi se fossi davvero sicura di
fare la cosa giusta.
A suo parere la preparazione al processo
avrebbe avuto bisogno di più cura, di più tempo e lo spaventava sapere di non
avermi a portata di mano per dissolvere ogni sua perplessità.
Faceva affidamento su di me per portare a
buon fine tutto il suo lavoro e quello dei nostri collaboratori e non lo avevo
mai visto tanto nervoso come da quando aveva saputo che mi sarei allontanata
per un po’.
Il mattino presto ci trovavamo nel mio
ufficio per definire tutti i dettagli sulle deposizioni dei testimoni e, dopo
un pranzo veloce, passavamo la giornata gomito a gomito a ripercorrere tutti i
documenti raccolti in quei mesi e a fare telefonate. Il più delle volte andavamo
a pranzo nel ristorantino italiano nel quale mi aveva già portato, dove aveva
intessuto una relazione ancora vacillante con un avvenente cameriere di Roma
che a parer suo era cotto di lui.
La compagnia di James allontanava per
qualche ora la consapevolezza di Edward insieme a Rosalie, anche se in fondo
alla mia mente rimaneva un pensiero fisso e luminoso.
James faceva di tutto per distrarmi,
ricorreva ad ogni forma di espediente per concentrare l’attenzione su quel che
stavamo facendo, ma nonostante ciò, saperli soli o quasi nel nostro
appartamento, mi faceva impazzire.
Edward mi aveva implorato di essere
paziente e di credere alla sua versione dei fatti ed io, che di colpe da farmi perdonare
ne avevo fin troppe, avevo dovuto cedere controvoglia…e a fatica, ingoiando la
frustrazione che la situazione mi generava.
Apprendere la notizia che Rose sarebbe
venuta al lago mi aveva fatto uscire di testa e quel chiodo fisso di lei sempre
presente tra di noi, non mi abbandonava
mai, anche se facevo di tutto per cancellarlo dalla mia testa.
Edward era al settimo cielo e non vedeva
l’ora di partire, finalmente deciso a lasciare quella prigione dorata nella
quale si era rinchiuso consapevolmente. Eleonor stava preparando tutte le
nostre cose da portare via e ogni giorno lui cambiava idea, rivoluzionando quel
che aveva già messo da parte, come un bambino capriccioso al quale si chiede di
scegliere i giocattoli da portare in
vacanza e che non riesce a decidere quali.
Alcune attrezzature della palestra erano
state ritirate per essere installate nella casa al lago e anche se io avevo
protestato, asserendo sarebbero potute servire al ritorno, Jasper mi aveva
assicurato che al rientro Edward non avrebbe più avuto bisogno di niente.
La sua positività aveva ampiamente sedato
ogni dubbio da parte nostra sul buon esito della “vacanza- terapia” e questo
stato di fiducia cieca aveva sortito in Edward un cambiamento incredibile, del
quale ancora non mi capacitavo.
Era raggiante, energico e già aveva
raggiunto qualche traguardo.
La sera rientravo sempre alla stessa ora,
nonostante le richieste continue di James a prolungare l’orario di lavoro.
Il
trascorrere dei giorni lo metteva in agitazione e viveva la mia partenza come
la più terribile delle sventure.
Potevo capirlo, ma non volevo assecondarlo.
Avremmo avuto tutto il tempo di definire i
dettagli prima di settembre.
Jasper mi aveva assicurato che per allora
Edward si sarebbe ripreso quasi del tutto. E questo lo volevo…più di ogni altra
cosa al mondo.
Nonostante tenessi molto al mio lavoro,
sentivo ogni giorno di più crescere il desiderio di allontanarmene, per potermi
dedicare completamente all’uomo che amavo e di cui avevo immenso bisogno.
Entrando in casa la sera, trovavo Edward al
pianoforte ad aspettarmi, con i calici di vino già versato come aperitivo prima di cena.
Le note fluttuavano sciogliendosi nell’aria
e quel profumo di ricordi e di fremente attesa fuse insieme, allietavano e
nutrivano un futuro pieno di promesse. Quel sorriso, che Edward mi regalava
sollevando gli occhi dai tasti del pianoforte, mi appagava della profonda inquietudine
che dovevo sostenere durante le mie interminabili giornate fuori casa.
Vi leggevo tutto l’amore di cui avevo
bisogno e una richiesta di aiuto che mi stringeva il cuore, esaudendo una
speranza che mi aveva accompagnata per tutti quei mesi.
Riaverlo con me.
Incrociavo Rose solamente al mattino prima
di uscire di casa.
La nostra
discussione, avvenuta un paio di settimane prima, aveva messo bene in chiaro
quello che mi aspettavo da lei nel prossimo futuro..
Aveva ascoltato in
silenzio ogni cosa avevo da dirgli e soltanto alla fine mi aveva assicurato che
non avrebbe in alcun modo interferito con il nostro soggiorno, se non per le
mansioni che le competevano.
Non le avevo
chiesto niente di quella famosa sera.
Lei aveva cercato
di scusarsi in qualche modo, ma io non glielo avevo permesso.
Odiavo anche
soltanto il suono della sua voce e meno la sentivo, meglio stavo.
Edward in quelle
due settimane aveva dato fondo a tutte le sue energie e anche se sfinito e
dolorante, aveva cominciato a muovere buona parte della muscolatura offesa.
Ero molto fiera di
lui.
La sera prima della
partenza avevo deciso di rientrare più presto, convinta di trovare Edward già
seduto al pianoforte, ma invece quando aprii la porta nell’aria non vi era
alcuna nota.
Accostai piano il
battente e mi avvicinai al brusio di voci che sentivo provenire dalla palestra.
Rimasi in disparte
nel corridoio, cercando di cogliere i discorsi tra Edward e Rose che, nonostante
l’orario che le competeva fosse andato oltre, si trovava ancora
nell’appartamento.
- Domani è il gran
giorno, sei contento di partire? –
Rose era in piedi,
appoggiata alla panca da massaggio, le mani strette al cuscino steso sopra. I
capelli severamente raccolti e gli occhiali spessi sempre al loro posto. Il
camice era aperto, probabilmente si stava preparando per andarsene prima di
iniziare quello scambio di battute.
- Fino a ieri ero
tranquillo, ma oggi mi sento un po’…nervoso. –
- E perché dovresti
esserlo? Jasper ti ha detto che andrà tutto bene no? –
- Si, lo so, ma…è da
una vita che non esco di casa…e la cosa mi spaventa. –
Edward doveva aver
finito il suo bagno da poco. La luce si rifletteva sui capelli ancora bagnati e
pettinati indietro, mettendo in evidenza le linee, dolci e severe insieme, del
suo splendido volto. Indossava una maglietta aderente e i pantaloni morbidi della
tuta.
- Andrà tutto a
meraviglia, ne sono sicura. E’ tutto organizzato. Devi soltanto seguire quello
che ti dice…ed è fatta. Avrai tutto il sostegno che ti sarà necessario, sia
medico che affettivo. Tua moglie ti starà vicina e alla fine riavrai la tua vita.
Non era quello che volevi? –
Appoggiai le spalle
al muro e chiusi gli occhi in attesa della sua risposta…che però non venne.
- Che c’è che non va
Edward? –
Notai la voce di
Rose abbassarsi, complice, quasi la risposta dovesse rimanere un segreto svelato
a lei soltanto. La cosa mi ferì e mi mandò in bestia allo stesso tempo. Mi
costrinsi ad ascoltare, deglutendo l’amarezza che il silenzio di Edward mi
aveva creato dentro.
- Niente…non c’è
niente che non va. Solo che…-
- Che cosa?- Tornai
ad osservarli nascosta.
- Che… ho paura… –
Aveva gettato
quelle parole fuori dai denti, lasciandole rotolare come dadi. Guardava a
terra, fissando un punto immaginario, quasi si aspettasse di scoprire se la
sorte gli avrebbe rivelato i fortunati numeri del suo destino..
Non mi aveva
confidato nulla nelle lunghe notti in cui eravamo rimasti abbracciati nel buio
aprendo i nostri cuori…forse non si fidava di me?
Rose sorrise
comprensiva e si chinò di fronte a lui piegandosi sulle ginocchia.
Mi veniva da
vomitare a guardare quanto fosse intensa la loro intesa, ma mi controllai,
perché volevo ascoltare fino in fondo quel che avevano da dirsi.
- Avere paura è un
segno di sensibilità e intelligenza, se così non fosse saresti un incosciente e
uno stupido. –
- Tu la fai facile. -
- Ma finiscila Edward,
devi stare tranquillo. Ti posso assicurare del fatto che andrà tutto come
pianificato e che poi sarai libero. –
E finalmente io mi
sarei liberata di lei.
- Niente più
ginnastica…attrezzi…dottori…niente.- Continuò.
Edward aveva
afferrato le sue mani e si era sporto in avanti per parlarle occhi negli occhi.
Rimasi nell’ombra di quel corridoio che sembrava inghiottirmi, la gola
improvvisamente secca e il fiato assente per non disturbare l’ascolto. Pochi
istanti di silenzio nei quali i loro occhi parlavano tra loro una lingua che
non conoscevo. Mi feci violenza rimanendo immobile a guardare la scena.
- Rose, voglio
ringraziarti. –
- Non ce n’è bisogno
Edward, è il mio lavoro. – Rose aveva abbassato gli occhi. Edward li richiamò
sollevando le sue mani.
- Non dire così, lo
sai cosa intendo. Se non avessi avuto tutta la pazienza che hai dimostrato in
questi mesi io non sarei dove sono…e non voglio nemmeno immaginare cosa sarebbe
potuto accadere. –
- E’… soltanto quello
che ogni mio collega avrebbe fatto al mio posto, credimi. –
Era corretta,
almeno questo glielo dovevo.
Anche se guardarla
in faccia mi dava la nausea, dovevo ammettere che in quei lunghi mesi erano
state più le mie fantasie che altro a portarmi alla sua condanna e a parte
quell’episodio isolato, del quale ancora non trovavo valida ragione, la sua
condotta era stata ineccepibile…eppure…c’era quel qualcosa in lei che mi
metteva in allarme e quella sensazione di pericolo non mi abbandonava mai. Non
negai a me stessa che forse la ragione dell’astio che provavo nei suoi
confronti era dettato dagli sguardi inquisitori che mi aveva lanciato durante
tutto il tempo della sua permanenza in casa nostra.
Lei sapeva.
Oppure immaginava
soltanto.
Non mi interessava,
la cosa non la riguardava e quindi non aveva il diritto di giudicarmi.
Riportai
l’attenzione su di loro.
- So che
probabilmente mia moglie mi ucciderebbe, ma…sono contento di sapere che al lago
ci sarai anche tu, mi fa stare più tranquillo, perché so di contare sempre sul
tuo appoggio e la tua professionalità. –
Il sangue defluì ai
piedi, gelando ogni mia reazione.
Come una statua
rimasi a guardare.
- Tua moglie ti ama
molto Edward e ti aiuterà tantissimo se glielo permetterai. Devi pensare
soltanto a questo e vedrai che la tua paura svanirà. –
La odiavo perchè
esisteva, non per quello che diceva. Aveva senso?
- Lo so Rose , l’amo
anch’io tu non immagini quanto, ma se poi alla fine la situazione…tu sai cosa
intendo..non cambiasse? La deluderei…mio dio non voglio nemmeno pensarci –
- Ecco, bravo, non
pensare. Forse faresti meglio a credere che tutto si sistemerà e che a tua
moglie interessi come sei…e non come eri una volta. Tutti cambiamo Edward nel
corso degli anni, anche chi non ha avuto nessun incidente, quindi smettila di
compatirti e comincia a pensare che a volte il cambiamento è salutare..mmh? –
La vidi sollevarsi
e togliere il camice con disinvoltura.
Si muoveva come una
sirena e l’abito azzurro polvere che indossava le cadeva a pennello. Non lo
faceva apposta era così di natura.
La odiai comunque.
Era anche più alta
e formosa di me, accidenti a lei.
Fanculo a tutte le
donne! Edward era mio!
Ripercorsi il
corridoio al contrario e richiusi la porta facendo rumore, simulando di arrivare in quel momento.
Edward subito mi
raggiunse sorridente, mentre Rose raccoglieva la borsa e il soprabito per andarsene.
- A domani allora,
buona serata. – Le feci appena un cenno con la testa, Edward le sorrise alzando
la mano, mentre mi passava a fianco evidenziando la differenza di altezza tra
di noi. Istintivamente le guardai i piedi per vedere se indossasse i tacchi, ma
rimasi delusa. Aveva delle semplici ballerine.
Il mio orgoglio di
donna ne rimase deluso.
Fanculo lei e le
sue gambe da cicogna.
Non appena si
richiuse la porta alle spalle ripresi a respirare regolarmente.
Abbracciai Edward
sedendomi sulle sue ginocchia cinguettante e fingendo un buonumore che non
provavo cercai di capire se si sarebbe confidato anche con me.
- Allora tesoro,
niente aperitivo di buon augurio? Domani si parte no? Non sei felice? – Lo
baciai facendo schioccare le labbra.
- Certo che lo sono.
– Afferrò le mie tra i denti e iniziò a succhiarle dolcemente.
- Non vedo l’ora di
stendermi sulle sponde del lago con te a guardare il tramonto….e chissà…forse anche
qualcos’altro… –
Aggiunse mugolando.
- Mmmhh..sembra
romantico…-
Gli occhi chiusi
godeva del contatto tra di noi.
Tornai alla carica.
- Hai preparato tutto
quello che ti serve? – Non mi mollava, mentre le sue mani esploravano il mio
corpo.
- Ho te, cos’altro
dovrebbe servirmi? –
Mi distraeva,
insinuando le dita sotto la camicia che indossavo dal mattino. Improvvisamente
mi sentii a disagio, sentendo la necessità di darmi una rinfrescata.
Edward profumava di
lavanda e di dopobarba ed era irresistibile con quei capelli bagnati che ora
gli ricadevano sulla fronte. I suoi occhi verdi luccicavano eccitati e sereni e
per un attimo pensai che le parole, dette poco prima, fossero state soltanto un
attimo di debolezza e che nella realtà fosse davvero felice di andare incontro
a quell’avventura insieme a me.
Volevo sentirmi in
armonia con lui e questo richiedeva una doccia immediata.
- Prepari tu gli
aperitivi intanto che mi butto nella doccia? Devo togliermi di dosso l’odore da
avvocato, tanto per un po’ non mi servirà. Mi aspetti? –
Mi sollevai
cercando di alzarmi, ma le sue mani mi trattennero ai fianchi riportandomi
sopra di lui. Ricominciò a baciarmi il collo e la sottile pelle dietro
l’orecchio. Chiusi gli occhi lasciando andare indietro la testa e sollevando il
braccio lo accarezzai scompigliandogli i capelli. Lui fece scivolare le mani
fino al seno afferrandolo tra le dita con decisione. Mi eccitai ma non gli diedi
ad intendere fino a che punto.
Quel trattenermi
ogni volta che mi toccava, era una tortura che dovevo sopportare per non indurlo
ad allontanarsi.
Era faticoso e
cominciavo a soffrirne il peso.
- E se venissi con
te? Voglio guardarti. –
La voce roca, i
denti che mi sfioravano la carne, mi sentivo al limite della sopportazione.
Non sapevo come
interpretare quella richiesta.
Se stesse
scherzando col fuoco, oppure se davvero volesse provarci.
Cosa dovevo fare?
Mi accorsi che le
sue gambe avevano preso vita…o forse era qualcos’altro?
Sentii alcuni suoi
muscoli tendersi sotto alle mie coscie…e rimasi sconcertata.
Quanto avevo
desiderato che questo momento arrivasse.
Lo avevo
fantasticato in mille versioni differenti ed ora che avevo la possibilità di
provarci mi sentivo incapace.
E se avessi
interpretato male?
E se poi si fosse
nuovamente richiuso in se stesso?
Non gli risposi.
Lasciai fosse lui a
decidere.
Mi alzai voltandomi
poi per guardarlo negli occhi.
Era stupendo.
Una bomba sexy
pronta ad esplodere.
Lo accarezzai
seducendolo, camminando poi lenta verso il bagno…togliendomi camicia e gonna
lentamente …lasciandole cadere a terra.
Mi voltai a
guardarlo oramai nuda prima di superare la soglia…
Era a bocca aperta…e
non respirava.
Entrai sicura che non
mi avrebbe seguito….forse…un giorno…chissà…
Feci scorrere l’acqua
bollente e mi gettai sotto il getto ristoratore trattenendo il fiato…
La stanza si riempì
di vapore…
Sentii la porta chiudersi…
Lui era lì.