lunedì 14 maggio 2012

Capitolo 24


Capitolo  24 – Isabella



Quei giorni di attesa trascorsero velocemente, mentre mi immergevo nelle mie carte per sistemare ogni cosa prima della partenza.
 In ufficio sembrava che nessuno avesse da ridire circa il periodo di pausa che avevo deciso di prendermi senza preavviso, a parte James che in ogni istante della giornata si presentava alla mia porta per chiedermi se fossi davvero sicura di fare la cosa giusta.
A suo parere la preparazione al processo avrebbe avuto bisogno di più cura, di più tempo e lo spaventava sapere di non avermi a portata di mano per dissolvere ogni sua perplessità.
Faceva affidamento su di me per portare a buon fine tutto il suo lavoro e quello dei nostri collaboratori e non lo avevo mai visto tanto nervoso come da quando aveva saputo che mi sarei allontanata per un po’.
Il mattino presto ci trovavamo nel mio ufficio per definire tutti i dettagli sulle deposizioni dei testimoni e, dopo un pranzo veloce, passavamo la giornata gomito a gomito a ripercorrere tutti i documenti raccolti in quei mesi e a fare telefonate. Il più delle volte andavamo a pranzo nel ristorantino italiano nel quale mi aveva già portato, dove aveva intessuto una relazione ancora vacillante con un avvenente cameriere di Roma che a parer suo era cotto di lui.
La compagnia di James allontanava per qualche ora la consapevolezza di Edward insieme a Rosalie, anche se in fondo alla mia mente rimaneva un pensiero fisso e luminoso.
James faceva di tutto per distrarmi, ricorreva ad ogni forma di espediente per concentrare l’attenzione su quel che stavamo facendo, ma nonostante ciò, saperli soli o quasi nel nostro appartamento, mi faceva impazzire.
Edward mi aveva implorato di essere paziente e di credere alla sua versione dei fatti ed io, che di colpe da farmi perdonare ne avevo fin troppe, avevo dovuto cedere controvoglia…e a fatica, ingoiando la frustrazione che la situazione mi generava.
Apprendere la notizia che Rose sarebbe venuta al lago mi aveva fatto uscire di testa e quel chiodo fisso di lei sempre presente tra di noi,  non mi abbandonava mai, anche se facevo di tutto per cancellarlo dalla mia testa.
Edward era al settimo cielo e non vedeva l’ora di partire, finalmente deciso a lasciare quella prigione dorata nella quale si era rinchiuso consapevolmente. Eleonor stava preparando tutte le nostre cose da portare via e ogni giorno lui cambiava idea, rivoluzionando quel che aveva già messo da parte, come un bambino capriccioso al quale si chiede di scegliere i giocattoli da portare in
vacanza e che non riesce a decidere quali.
Alcune attrezzature della palestra erano state ritirate per essere installate nella casa al lago e anche se io avevo protestato, asserendo sarebbero potute servire al ritorno, Jasper mi aveva assicurato che al rientro Edward non avrebbe più avuto bisogno di niente.
La sua positività aveva ampiamente sedato ogni dubbio da parte nostra sul buon esito della “vacanza- terapia” e questo stato di fiducia cieca aveva sortito in Edward un cambiamento incredibile, del quale ancora non mi capacitavo.
Era raggiante, energico e già aveva raggiunto qualche traguardo.
La sera rientravo sempre alla stessa ora, nonostante le richieste continue di James a prolungare l’orario di lavoro.
 Il trascorrere dei giorni lo metteva in agitazione e viveva la mia partenza come la più terribile delle sventure.
Potevo capirlo, ma non volevo assecondarlo.
Avremmo avuto tutto il tempo di definire i dettagli prima di settembre.
Jasper mi aveva assicurato che per allora Edward si sarebbe ripreso quasi del tutto. E questo lo volevo…più di ogni altra cosa al mondo.
Nonostante tenessi molto al mio lavoro, sentivo ogni giorno di più crescere il desiderio di allontanarmene, per potermi dedicare completamente all’uomo che amavo e di cui avevo immenso bisogno.
Entrando in casa la sera, trovavo Edward al pianoforte ad aspettarmi, con i calici di vino già versato come  aperitivo prima di cena.
Le note fluttuavano sciogliendosi nell’aria e quel profumo di ricordi e di fremente attesa fuse insieme, allietavano e nutrivano un futuro pieno di promesse. Quel sorriso, che Edward mi regalava sollevando gli occhi dai tasti del pianoforte, mi appagava della profonda inquietudine che dovevo sostenere durante le mie interminabili giornate fuori casa.
Vi leggevo tutto l’amore di cui avevo bisogno e una richiesta di aiuto che mi stringeva il cuore, esaudendo una speranza che mi aveva accompagnata per tutti quei mesi.
Riaverlo con me.
Incrociavo Rose solamente al mattino prima di uscire di casa.
La nostra discussione, avvenuta un paio di settimane prima, aveva messo bene in chiaro quello che mi aspettavo da lei nel prossimo futuro..
Aveva ascoltato in silenzio ogni cosa avevo da dirgli e soltanto alla fine mi aveva assicurato che non avrebbe in alcun modo interferito con il nostro soggiorno, se non per le mansioni che le competevano.
Non le avevo chiesto niente di quella famosa sera.
Lei aveva cercato di scusarsi in qualche modo, ma io non glielo avevo permesso.
Odiavo anche soltanto il suono della sua voce e meno la sentivo, meglio stavo.
Edward in quelle due settimane aveva dato fondo a tutte le sue energie e anche se sfinito e dolorante, aveva cominciato a muovere buona parte della muscolatura offesa.
Ero molto fiera di lui.
La sera prima della partenza avevo deciso di rientrare più presto, convinta di trovare Edward già seduto al pianoforte, ma invece quando aprii la porta nell’aria non vi era alcuna nota.
Accostai piano il battente e mi avvicinai al brusio di voci che sentivo provenire dalla palestra.
Rimasi in disparte nel corridoio, cercando di cogliere i discorsi tra Edward e Rose che, nonostante l’orario che le competeva fosse andato oltre, si trovava ancora nell’appartamento.
- Domani è il gran giorno, sei contento di partire? –
Rose era in piedi, appoggiata alla panca da massaggio, le mani strette al cuscino steso sopra. I capelli severamente raccolti e gli occhiali spessi sempre al loro posto. Il camice era aperto, probabilmente si stava preparando per andarsene prima di iniziare quello scambio di battute.
- Fino a ieri ero tranquillo, ma oggi mi sento un po’…nervoso. –
- E perché dovresti esserlo? Jasper ti ha detto che andrà tutto bene no? –
- Si, lo so, ma…è da una vita che non esco di casa…e la cosa mi spaventa. –
Edward doveva aver finito il suo bagno da poco. La luce si rifletteva sui capelli ancora bagnati e pettinati indietro, mettendo in evidenza le linee, dolci e severe insieme, del suo splendido volto. Indossava una maglietta aderente e i pantaloni morbidi della tuta.
- Andrà tutto a meraviglia, ne sono sicura. E’ tutto organizzato. Devi soltanto seguire quello che ti dice…ed è fatta. Avrai tutto il sostegno che ti sarà necessario, sia medico che affettivo. Tua moglie ti starà vicina e alla fine riavrai la tua vita. Non era quello che volevi? –
Appoggiai le spalle al muro e chiusi gli occhi in attesa della sua risposta…che però non venne.
- Che c’è che non va Edward? –
Notai la voce di Rose abbassarsi, complice, quasi la risposta dovesse rimanere un segreto svelato a lei soltanto. La cosa mi ferì e mi mandò in bestia allo stesso tempo. Mi costrinsi ad ascoltare, deglutendo l’amarezza che il silenzio di Edward mi aveva creato dentro.
- Niente…non c’è niente che non va. Solo che…-
- Che cosa?- Tornai ad osservarli nascosta.
- Che… ho paura… –
Aveva gettato quelle parole fuori dai denti, lasciandole rotolare come dadi. Guardava a terra, fissando un punto immaginario, quasi si aspettasse di scoprire se la sorte gli avrebbe rivelato i fortunati numeri del suo destino..
Non mi aveva confidato nulla nelle lunghe notti in cui eravamo rimasti abbracciati nel buio aprendo i nostri cuori…forse non si fidava di me?
Rose sorrise comprensiva e si chinò di fronte a lui piegandosi sulle ginocchia.
Mi veniva da vomitare a guardare quanto fosse intensa la loro intesa, ma mi controllai, perché volevo ascoltare fino in fondo quel che avevano da dirsi.
- Avere paura è un segno di sensibilità e intelligenza, se così non fosse saresti un incosciente e uno stupido. –
- Tu la fai facile. -
- Ma finiscila Edward, devi stare tranquillo. Ti posso assicurare del fatto che andrà tutto come pianificato e che poi sarai libero. –
E finalmente io mi sarei liberata di lei.
- Niente più ginnastica…attrezzi…dottori…niente.- Continuò.
Edward aveva afferrato le sue mani e si era sporto in avanti per parlarle occhi negli occhi. Rimasi nell’ombra di quel corridoio che sembrava inghiottirmi, la gola improvvisamente secca e il fiato assente per non disturbare l’ascolto. Pochi istanti di silenzio nei quali i loro occhi parlavano tra loro una lingua che non conoscevo. Mi feci violenza rimanendo immobile a guardare la scena.
- Rose, voglio ringraziarti. –
- Non ce n’è bisogno Edward, è il mio lavoro. – Rose aveva abbassato gli occhi. Edward li richiamò sollevando le sue mani.
- Non dire così, lo sai cosa intendo. Se non avessi avuto tutta la pazienza che hai dimostrato in questi mesi io non sarei dove sono…e non voglio nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto accadere. –
- E’… soltanto quello che ogni mio collega avrebbe fatto al mio posto, credimi. –
Era corretta, almeno questo glielo dovevo.
Anche se guardarla in faccia mi dava la nausea, dovevo ammettere che in quei lunghi mesi erano state più le mie fantasie che altro a portarmi alla sua condanna e a parte quell’episodio isolato, del quale ancora non trovavo valida ragione, la sua condotta era stata ineccepibile…eppure…c’era quel qualcosa in lei che mi metteva in allarme e quella sensazione di pericolo non mi abbandonava mai. Non negai a me stessa che forse la ragione dell’astio che provavo nei suoi confronti era dettato dagli sguardi inquisitori che mi aveva lanciato durante tutto il tempo della sua permanenza in casa nostra.
Lei sapeva.
Oppure immaginava soltanto.
Non mi interessava, la cosa non la riguardava e quindi non aveva il diritto di giudicarmi.
Riportai l’attenzione su di loro.
- So che probabilmente mia moglie mi ucciderebbe, ma…sono contento di sapere che al lago ci sarai anche tu, mi fa stare più tranquillo, perché so di contare sempre sul tuo appoggio e la tua professionalità. –
Il sangue defluì ai piedi, gelando ogni mia reazione.
Come una statua rimasi a guardare.
- Tua moglie ti ama molto Edward e ti aiuterà tantissimo se glielo permetterai. Devi pensare soltanto a questo e vedrai che la tua paura svanirà. –
La odiavo perchè esisteva, non per quello che diceva. Aveva senso?
- Lo so Rose , l’amo anch’io tu non immagini quanto, ma se poi alla fine la situazione…tu sai cosa intendo..non cambiasse? La deluderei…mio dio non voglio nemmeno pensarci –
- Ecco, bravo, non pensare. Forse faresti meglio a credere che tutto si sistemerà e che a tua moglie interessi come sei…e non come eri una volta. Tutti cambiamo Edward nel corso degli anni, anche chi non ha avuto nessun incidente, quindi smettila di compatirti e comincia a pensare che a volte il cambiamento è salutare..mmh? –
La vidi sollevarsi e togliere il camice con disinvoltura.
Si muoveva come una sirena e l’abito azzurro polvere che indossava le cadeva a pennello. Non lo faceva apposta era così di natura.
La odiai comunque.
Era anche più alta e formosa di me, accidenti a lei.
Fanculo a tutte le donne! Edward era mio!
Ripercorsi il corridoio al contrario e richiusi la porta facendo rumore,  simulando di arrivare in quel momento.
Edward subito mi raggiunse sorridente, mentre Rose raccoglieva la borsa e il soprabito per andarsene.
- A domani allora, buona serata. – Le feci appena un cenno con la testa, Edward le sorrise alzando la mano, mentre mi passava a fianco evidenziando la differenza di altezza tra di noi. Istintivamente le guardai i piedi per vedere se indossasse i tacchi, ma rimasi delusa. Aveva delle semplici ballerine.
Il mio orgoglio di donna ne rimase deluso.
Fanculo lei e le sue gambe da cicogna.
Non appena si richiuse la porta alle spalle ripresi a respirare regolarmente.
Abbracciai Edward sedendomi sulle sue ginocchia cinguettante e fingendo un buonumore che non provavo cercai di capire se si sarebbe confidato anche con me.
- Allora tesoro, niente aperitivo di buon augurio? Domani si parte no? Non sei felice? – Lo baciai facendo schioccare le labbra.
- Certo che lo sono. – Afferrò le mie tra i denti e iniziò a succhiarle dolcemente.
- Non vedo l’ora di stendermi sulle sponde del lago con te a guardare il tramonto….e chissà…forse anche qualcos’altro… –
Aggiunse mugolando.
- Mmmhh..sembra romantico…-
Gli occhi chiusi godeva del contatto tra di noi.
Tornai alla carica.
- Hai preparato tutto quello che ti serve? – Non mi mollava, mentre le sue mani esploravano il mio corpo.
- Ho te, cos’altro dovrebbe servirmi? –
Mi distraeva, insinuando le dita sotto la camicia che indossavo dal mattino. Improvvisamente mi sentii a disagio, sentendo la necessità di darmi una rinfrescata.
Edward profumava di lavanda e di dopobarba ed era irresistibile con quei capelli bagnati che ora gli ricadevano sulla fronte. I suoi occhi verdi luccicavano eccitati e sereni e per un attimo pensai che le parole, dette poco prima, fossero state soltanto un attimo di debolezza e che nella realtà fosse davvero felice di andare incontro a quell’avventura insieme a me.
Volevo sentirmi in armonia con lui e questo richiedeva una doccia immediata.
- Prepari tu gli aperitivi intanto che mi butto nella doccia? Devo togliermi di dosso l’odore da avvocato, tanto per un po’ non mi servirà. Mi aspetti? –
Mi sollevai cercando di alzarmi, ma le sue mani mi trattennero ai fianchi riportandomi sopra di lui. Ricominciò a baciarmi il collo e la sottile pelle dietro l’orecchio. Chiusi gli occhi lasciando andare indietro la testa e sollevando il braccio lo accarezzai scompigliandogli i capelli. Lui fece scivolare le mani fino al seno afferrandolo tra le dita con decisione. Mi eccitai ma non gli diedi ad intendere fino a che punto.
Quel trattenermi ogni volta che mi toccava, era una tortura che dovevo sopportare per non indurlo ad allontanarsi.
Era faticoso e cominciavo a soffrirne il peso.
- E se venissi con te? Voglio guardarti. –
La voce roca, i denti che mi sfioravano la carne, mi sentivo al limite della sopportazione.
Non sapevo come interpretare quella richiesta.
Se stesse scherzando col fuoco, oppure se davvero volesse provarci.
Cosa dovevo fare?
Mi accorsi che le sue gambe avevano preso vita…o forse era qualcos’altro?
Sentii alcuni suoi muscoli tendersi sotto alle mie coscie…e rimasi sconcertata.
Quanto avevo desiderato che questo momento arrivasse.
Lo avevo fantasticato in mille versioni differenti ed ora che avevo la possibilità di provarci mi sentivo incapace.
E se avessi interpretato male?
E se poi si fosse nuovamente richiuso in se stesso?
Non gli risposi.
Lasciai fosse lui a decidere.
Mi alzai voltandomi poi per guardarlo negli occhi.
Era stupendo.
Una bomba sexy pronta ad esplodere.
Lo accarezzai seducendolo, camminando poi lenta verso il bagno…togliendomi camicia e gonna lentamente …lasciandole cadere a terra.
Mi voltai a guardarlo oramai nuda prima di superare la soglia…
Era a bocca aperta…e non respirava.
Entrai sicura che non mi avrebbe seguito….forse…un giorno…chissà…
Feci scorrere l’acqua bollente e mi gettai sotto il getto ristoratore trattenendo il fiato…
La stanza si riempì di vapore…
Sentii la porta chiudersi…
Lui era lì.

domenica 6 maggio 2012

Capitolo 23


Capitolo 23 – Edward





Capitolo 23 – Edward

Tutto il mio rinnegare la vita, si era dissolto nell’arco di una notte.
Era bastato lasciare che tutto accadesse.
Senza forzature…
Senza una ragione.
Immersi in quell’universo che apparteneva soltanto a noi.
Il calore di un tocco mai dimenticato…
I profumi del suo corpo eccitato…
L’emozione di essere ancora la ragione dei suoi sospiri.
Le nostre mani che si intrecciavano cercandosi.
Appagando il nostro bisogno uno dell’altra.
Stuzzicando un appetito antico…e allo stesso tempo meravigliosamente nuovo.
Era stato fantastico..
Ancora stentavo a credere che l’abbandonarmi tra le sue braccia avesse cambiato di colpo la visuale oscura che avevo della mia esistenza.
Le sue parole…quella voce sussurrata… mentre tornavamo ad essere una cosa sola,  tra quelle stesse lenzuola che in passato ci avevano accolti come amanti instancabili…
Avevo vissuto, in una sola notte,  sensazioni tanto intense da non poterle quasi sopportare.
Uno per l’altra…respirando solamente..
Avvinghiati  alle nostre anime ritrovate.
Avevo sbagliato tutto, pensando che fosse il sesso una delle ragioni che ci aveva fatti  innamorare così tanto…c’era di più , molto di più.
Il legame che ci univa andava oltre.
Come potevo essere stato così cieco?
Mi ero svegliato al mattino molto presto, Isabella ancora stretta a me.
Ero rimasto a lungo ad ascoltare il suo respiro regolare…contemplando ogni singolo particolare di quel volto di cui conoscevo ogni espressione.
L’avevo amata per le sue paure.
L’avevo accettata per i suoi contrasti.
Rapito… dai suoi adorabili difetti.
Ne avevo avuto cura …perché amavo sentirmi parte di lei.
E poi.
L’avevo abbandonata.
Per egoismo.
Per frustrazione.
Per paura.
Era  l’unica spiegazione che riuscivo a darmi, per aver  costretto entrambi a quel travaglio difficile, dalla favola all’incubo.
Per infinite …inutili… ragioni sbagliate, avevo scelto la via peggiore.
Le avevo fatto del male.
Ne avevo fatto a me stesso.
Non volevo accadesse di nuovo.
Avrei messo da parte ogni cosa.
Tutto.
Pur di permettere alla nostra vita di andare avanti.
Ero certo che Isabella avrebbe fatto altrettanto.
Con lei di nuovo al mio fianco sapevo di poter affrontare ogni difficoltà.
-         Sembra che tutti i problemi di ieri si siano risolti durante la notte…o sbaglio?-
Jasper sembrava allegro e l’averci sorpresi insieme, nel bagno adiacente la camera, a litigarci lo spazzolino ridendo, lo aveva decisamente colpito.
Il mio cambiamento d’umore era evidente e non mi importava fosse oltremodo palese. Anzi ne ero felice.
Jasper era pur sempre mio fratello e non poteva che gioirne.
-         Non ti permettere di commentare le mie prestazioni notturne o non ti rivolgo la parola. OK? –
La leggerezza che sentivo nella mia voce, riguardo a quell’argomento, mi fece comprendere quanto fossi cambiato.
O come avessi finalmente imparato a guardare il tutto con occhi differenti.
Mi sentii rinvigorito.
Forte.
Capace di affrontare qualsiasi cosa.

-         Stanne certo Edward. Non sono venuto qui per questa ragione, ma se vi deste una mossa, magari potrei andare anche a lavorare. –

-         Perché , questo non è forse lavoro? –

Perfino l’ironia suonava stranamente in bocca a me. Lo guardai con quella faccia da presa per il culo che mio fratello conosceva bene. Bocca aperta e sopracciglia alzate. Poi scoppiai a ridere.
-         Vi aspetto di là con Rose…piccioncini. – E ci lasciò soli, ridendo mentre si allontanava.
I sorrisi scemarono e sul volto di Isabella si dipinse il turbamento.
Immaginavo di cosa si trattasse, ma volevo rassicurarla che qualunque sua preoccupazione, ora non aveva alcun senso.
-         Isabella, ti prego. Non voglio che tu stia male per questioni che non esistono e pretendo che tu mi creda quando ti dico che Rose non ha fatto nulla di cui ti debba preoccupare. –
-         Non ne sono così sicura. Non ne abbiamo parlato io e te  e per il momento non intendo farlo, ma un giorno, con calma, mi dirai cosa ci faceva nuda in corridoio…e soprattutto perché sembravi divertirti così tanto. –
-         Ok! Hai ragione. Poteva sembrare altro…ma non lo è. Questo conta. Quello che ti ho raccontato è tutto ciò che c’è da sapere, non c’è altro credimi.–
-         D’accordo , d’accordo…voglio crederti. Devo farlo o impazzisco. –
-         Grazie. – Sospirai, prendendo le sue dita tra le mie.
-         Ora dobbiamo andare. Abbiamo le nostre vacanze da progettare. –
Cercai di essere divertente, ma la sottile ruga che si disegnò sulla fronte di Isabella descriveva bene il suo stato d’animo…per nulla divertito.
Pensierosa era ancora più bella e quel completo a pantalone anni ’70 che indossava, le donava sottolineando la sua figura perfetta.
Mi precedette e rimasi a guardarla ancheggiare disinvolta, con i capelli folti e sciolti che seguivano obbedienti il movimento.
Ero un uomo fortunato.
Raggiungemmo il salone, dove Rose e Jasper stavano chiacchierando animosamente. Lei appariva contrariata e Jasper si prodigava per rassicurarla.
Quando ci videro smisero di colpo di parlare e mio fratello sorrise, cercando di nascondere  in qualche modo il siparietto tra loro.
Rose abbassò gli occhi subito dopo aver incrociato i miei e quel rossore sulle guance mi parve davvero strano.
Poi ricordai cosa era accaduto al mattino e la cosa fu presto spiegata.
Il suo disagio era più che giustificato, ma di certo non ne aveva colpa.
Non avevamo mai dormito nello stesso letto Isabella ed io in tutti quei mesi…e quindi non poteva immaginare di trovarci in quella situazione.
E pensandoci bene, non ci potevo credere nemmeno io….
Isabella si sedette sul divano accavallando le gambe e Jasper fece altrettanto occupando il posto di fronte a lei.
Rose rimase in piedi, quasi in disparte, come se la sua presenza fosse cosa sgradita.
Non glielo permisi e la invitai a sedere sul divano accanto a me.
Isabella mi fulminò con gli occhi, ma le sorrisi rassicurandola e lei sbuffò.
Rose si tormentava gli occhiali, dietro ai quali cercava inutilmente di nascondersi.
Le mani erano curate più del solito e portava uno smalto di un rosa delicato che non le avevo mai visto. Le stava bene…si intonava all’incarnato.
Jasper si schiarì la voce distraendomi e cominciò a parlare.
-         Mi sembra di capire che da ieri le cose siano cambiate , dico bene Edward? …– gli feci un cenno di assenso, poi guardai Isabella che invece aveva il muso lungo - …e che quindi possiamo cominciare a lavorare sul serio sul nostro progetto di recupero. –
Fece una pausa aspettando di capire se qualcuno avesse da obiettare. Nessuno disse nulla e proseguì.
-         Allora a questo proposito vi dirò come si svolgerà la cosa. Nei prossimi giorni apporterò alcune modifiche alle attrezzature del mio paziente…quello che ha offerto la casa, e non appena saranno sistemati potrete partire e trasferirvi al Lago. Al massimo ci vorranno una quindicina di giorni. – Alzò la mano puntando il dito verso di me.
-         Tu dovrai metterti seriamente d’impegno perché ho mobilitato un esercito di persone per questo giochetto…che anche se tale, non sarà troppo divertente per te. – Rimasi in silenzio, aspettando che arrivasse al dunque.
-         Dovrai sottoporti a terapie che potranno essere a volte dolorose Edward, ma è necessario farlo e alla fine ti abituerai. Ti ho già spiegato che il dolore è una cosa positiva. Entro tre mesi al massimo dovrai essere in piedi…ed essere in grado di  camminare senza sostegni. Questo è ciò che voglio e quello che otterrò. –
Intendeva darmi coraggio, mentre in realtà la prospettiva di affrontare tutto questo mi portava la salivazione a zero. L’unica nota positivaera sapere di avere Bella con me. Istintivamente la guardai.
-         Jasper senti. Come posso imparare tutto ciò che c’è da fare in così poco tempo? Non mi sono mai occupata di lui e vorrei poter sostituire Rose al meglio. –
Isabella aveva parlato quasi come se Rosalie non fosse nella stanza. Non le rivolse nemmeno uno sguardo. Mi diede terribilmente fastidio il tono con il quale pose la sua domanda, anche se pertinente.
-         Ma Rose sarà lì con voi. Non è necessario che ti preoccupi di nulla, sono già d’accordo con lei, vero Rose? –
Guardai quel volto bellissimo chino a terra dar segno di assenso, ma le sue mani tremavano…e ne conoscevo bene il motivo.
Isabella.
Non mi aspettavo quella notizia e sebbene sapessi cosa avrebbe comportato averla con noi, la cosa mi fece segretamente piacere.
Isabella aveva rimesso entrambi i piedi a terra e si era sporta sul bordo del cuscino, protendendosi verso Jasper che imperterrito non dava segni di alcun disagio.
-         Come sarebbe a dire che sarà con noi? Credevo che avessi detto che ci saranno altre persone ad occuparsi della fisioterapia.  Io non credo che…-
-         Non c’è niente da discutere, Rose è indispensabile. Conosce Edward meglio di chiunque altro in questo momento…anche di te. L’ha condotto a quello che è oggi e sa perfettamente quali siano i suoi limiti e le sue difficoltà. E’ inconcepibile anche soltanto pensare di non averla con voi. Non sapreste nemmeno da che parte cominciare e io non posso essere lì a sostenervi ad ogni step del trattamento. Non sarà una passeggiata e dopo ogni seduta avrà bisogno di massaggi opportuni, fatti da chi conosce il suo corpo meglio del proprio. Se Rose non venisse, non permetterei ad Edward di allontanarsi da qui nemmeno per sogno. E’ deciso!–
La scelta delle parole per spiegare quel che aveva da dire aveva sortito sul volto di Isabella una tempesta di emozioni che mi aspettavo esplodessero in urla fuori controllo.
Non fu così.
Si rimise al suo posto, il volto di pietra…e le braccia ben chiuse intorno a sé.
Guardava esclusivamente Jasper, anche se a cenni cercavo di richiamare i suoi occhi.
Rose era immobile, come se si aspettasse di essere colpita da un momento all’altro.
-         In più Rose è nata da quelle parti e potrà esservi utile anche come guida, non è così Rose? –
Silenziosa, continuava a rispondere solo a cenni.
-         Davvero sei di quelle parti? – Mi rivolsi direttamente  a lei, con gentilezza. Lei mi guardò un istante e accennò un sorriso.
-         Non me l’hai mai detto. – Alzò le spalle appena.
-         Non me l’ha mai chiesto Signor Cullen. –
Isabella si introdusse tagliente.
-         E chissà quanto altro non ha detto la nostra bella Rose. –
-         Isabella…ti prego. – Tagliai il discorso.
Mi rivolsi a Jasper che sembrava per nulla sorpreso del battibecco.
-         Non so come ringraziarti Jasper, davvero. Spero soltanto che tu abbia ragione e che tutto questo casino serva a rimettermi in piedi. Un altro fallimento non lo reggerei, lo sai.–
-         Sarà così, devi fidarti di me. Hai le carte in regola per tagliare il
          traguardo e lo farai. –
Mentre parlavamo Isabella si alzò diretta verso la camera da letto e qualche istante dopo Rose la seguì. Lasciai che si chiarissero, mentre Jasper seguiva la scena come se si divertisse e non poco. Non potevo sentire i loro discorsi, ma ero sicuro che non ne sarebbe uscito nessun vincitore.
Sperai nel miracolo…senza crederci veramente.
-         Certo che per essere un paralitico te la passi davvero bene eh fratello? Due donne da infarto che si scannano per te, ma dove le trovi? Potesse succedere a me, sarei l’uomo più felice del pianeta. –
-         Smettila di dire stronzate Jasper. Sembra quasi che tu l’abbia fatto apposta di montare tutta questa storia del lago e di noi tre.
-         Mi credi davvero così idiota? -.
-         Beh…si! Ne saresti capace. – Si mise a ridere delle mie accuse.
-         Mi lusinghi, ma no! Stavolta è tutto frutto del caso. – Allargò le gambe sistemandosi meglio. Mi avvicinai abbassando la voce.
-         Ma davvero Rose è di quelle parti? L’avremmo di certo ricordata se fosse stata lì in quelle folli estati “calde”, non credi?-
-         Viveva poco lontano dalla casa dove andrete. Mi raccontava che d’estate si trasferiva dai nonni che vivono sulla costa, quindi quando noi arrivavamo…lei partiva. -
-         Un vero peccato eh?-
-         Lo puoi dire forte…La sua famiglia vive ancora lì, ma non mi sembrava troppo entusiasta di parlarne. Forse i loro rapporti non sono più tanto buoni. Comunque non ha battuto ciglio quando le ho chiesto di venire con te, anche se quando ha saputo che ci sarebbe stata anche Isabella voleva tirarsi indietro.Ma che è successo? Non ha voluto dirmi niente. –
-         Nulla…- Risi vago…intenzionato a non rivelargli niente dei dissapori sorti da quella serata. Era meglio non renderlo partecipe o lo avrebbe rivangato a vita.
-         Ok! Lo scoprirò lo stesso prima o poi. Ora ti lascio alle tue donne e me ne vado al lavoro. – Si fermò sovrappensiero, meditando se dare voce ai suoi pensieri o tenerli per sé. Si alzò dal divano dirigendosi verso la porta, poi cambiò idea e si girò di nuovo..
-          Approposito di lavoro Ed…quando pensi di ricominciare a scrivere qualcuno di quei romanzi tutto pepe? Alice me lo ricorda sempre e io dimentico ogni volta di chiedertelo.-
Lo guardai con la nostalgia negli occhi…era una cosa alla quale stavo pensando già da qualche tempo, ma che rimandavo di giorno in giorno come se riprendere mi spaventasse. Sospirai prima di rispondere.
-         Forse l’aria nuova mi aiuterà a trovare l’ispirazione. –
-         Bene…Era quello che volevo sentire. –
Lo accompagnai  verso il portoncino e pochi istanti dopo mi ritrovai solo.
La camera da letto aveva la porta chiusa..
Non sentire nulla forse era un buon segno.
Feci ruotare la sedia e mi diressi nell’ufficio, mettendo un'altra barriera tra me e le due donne del quale avevo più bisogno al mondo.
Sollevai lo schermo del portatile e pigiai il bottone…
Tra il computer e il piano dello scrittoio spuntava un angolino di carta bianca.
Lo estrassi, riconoscendo la fine carta opaca.
Lo rigirai tra le dita incerto…
Sollevai il lembo che richiudeva la piccola busta e ne lessi il contenuto, mentre il domani tornava a risplendere in quelle poche righe.

Torna da me.
Ti amo
Tua …Bella