martedì 31 gennaio 2012

Capitolo 16


Capitolo 16 – Isabella





Mi trascinavo lungo il corridoio appena illuminato dalla nascente luce del mattino che filtrava dalla grande finestra del salone.
La mia immagine si rifletteva come un’ombra distorta alla parete, mentre zoppicavo per il dolore sempre più intenso al ginocchio.
Mi appoggiai al muro e la mia ombra sembrò allungare la mano per venirmi in aiuto.
Palmo a palmo mi sostenne….
Le tempie mi pulsavano e tutti i muscoli sembrarono arrendersi…e abbandonarmi.
Poteva un uomo essere così contorto da cambiare atteggiamento in pochi istanti?...
Mi aveva presa e poi lasciata…ridato la vita e poi nuovamente uccisa….
Portai le mani alla fronte appoggiando la schiena alla parete per alleviare il peso sulla gamba.
Ero stanca.
Chiusi gli occhi e la mia mente mi regalò quell’ultimo istante di poesia intensa che le sue labbra sulle mie mi avevano donato.
Quegli occhi spaventati sembravano supplicarmi ed io mi ero perduta completamente in quel mare d’inverno, credendo per un attimo di averlo ritrovato.
Era stato bellissimo…
La sua bocca …
Il suo respiro caldo che accarezzava le nostre labbra in una esitante richiesta.
Il suo sapore…unico…indimenticabile…
Un bacio tanto intenso da strapparmi l’aria dai polmoni e portarsi via la mia vita.
Mi accarezzai le labbra e compresi quanto mi mancasse.
 Quanto fosse forte e reale il bisogno di lui….del contatto.
Appena le nostre lingue si erano accarezzate, l’energia tra noi era esplosa ….avevo dimenticato tutto quello che avevo intorno ….e staccarmene così bruscamente mi aveva devastata.
Nella stanza dove lui si era chiuso regnava il silenzio…
Edward….
Quanto tempo buttato al vento e rubato alle nostre vite…per una debolezza…una paura radicata che lo stava portando inesorabilmente ad allontanarsi da tutto.
Lo odiavo per questo…
Avrei voluto buttar giù quella porta a calci….prenderlo per le spalle e urlargli che la vita era la nostra e non soltanto la sua…e che quello che stava facendo distruggeva ogni nostro futuro.
Forse… già lo aveva fatto… irrimediabilmente.
Sollevai gli occhi dal pavimento e ritrovai quelli di Eleonor che da chissà quanto tempo mi stava fissando all’altro lato del corridoio.
- Tutto bene Signora? Vuole che chiami il dottore? –
Si contorceva le mani sul grembiule candido che indossava ogni giorno…preoccupata di aver mancato in qualche cosa.
Piccola…insignificante.
Ancora mi chiedevo perchè l’avessi assunta.
- Credo non sia necessario Eleonor…Lui sta bene. -
Ero io ad essere distrutta.
- Mi scusi Signora, ma la signorina Rose non è ancora arrivata…Sapete qualcosa? Magari lei saprebbe cosa fare. –
Non osava avvicinarsi e da lì non riuscivo a vedere bene l’espressione del suo viso.
Guardai l’orologio alla parete.
Le otto erano passate da alcuni minuti e non so perchè… il fatto che Rose non si fosse presentata non mi sorprese.
Odiai pure lei…e per qualche perverso motivo sperai fosse stato Edward a cacciarla per sempre dalla nostra casa.
Quella donna non mi era mai piaciuta…ed io a lei.
Lo sapevamo entrambe che tra noi non c’era affinità e la scoperta della sera prima non aveva fatto che cancellare per sempre ogni possibilità di avvicinamento.
La rabbia mi assalì e la gelosia mi travolse…. mi fece ritrovare le forze.
A lei tutto era stato concesso  e a me tutto era negato…
Tutto l’amore che gli avevo dimostrato non era valso ad avere nemmeno il diritto di rivolgergli la parola…
per mesi interi…
lunghi interminabili giorni …
nei quali mi ero consumata nelle ricerca di un varco per entrare nel suo mondo…
Alla fine avevo ceduto…e mi ero persa nella fogna che meritavo….
Scansai Eleonor senza rivolgerle la parola e mi diressi in camera dove, riposto sopra al comodino,  avevo visto il telefono di Edward.
Volevo sapere…
Dovevo sapere se a chiamare fosse stata lei oppure Edward.
Passai la soglia trascinandomi dietro la gamba dolorante e afferrai il piccolo apparecchio….unico legame che Edward aveva col mondo esterno.
Non mi ero mai sognata di controllare se lo usasse o meno…ma non ero quasi mai in casa di giorno ….quindi non potevo saperlo.
Premetti il pulsante di accensione e attesi quei pochi secondi…
Il telefono prese vita e cercai nel registro delle chiamate….
Ultima in uscita…..Rosalie…
Guardai il display come se potesse rivelarmi il contenuto della loro conversazione …poi lo lasciai scivolare dalle mani …impotente…gettandolo sopra le lenzuola intatte del suo letto.
Mi sedetti lentamente sulla sponda del mio… lì a fianco.
Cosa le aveva detto? Volevo le parole esatte.
Maledizione…. cosa cazzo le aveva detto per non farla venire al lavoro?….
Impazzivo all’idea che l’avesse chiamata proprio pochi istanti dopo avermi lasciata sola nel mio letto…
L’ennesimo rifiuto…
Non lo potevo nemmeno sfiorare...
Ohh la sua pelle sotto le mie dita…morbida e calda…
Lei lo massaggiava…lo lavava…gli metteva le mani ovunque.
Lei poteva tutto….
Mi rannicchiai sotto le lenzuola e le sollevai fino a coprirmi la testa.
La spalla mi doleva e lamentandomi dovetti girarmi sull’altro fianco …costringendomi così a guardare dalla parte dove dormiva Edward.
Era intatto.
Realizzai che doveva essere rimasto accanto a me tutta la notte…
Tenendomi la mano tutto il tempo…
Lui poteva farlo….io no..
Quel pensiero mi addolcì distraendomi …e gli occhi mi si riempirono di lacrime silenziose.
Il risveglio era stato dolcissimo…
Non ci potevo credere quando tra le dita avevo avvertito le sue.
Le conoscevo bene…non era stato necessario aprire gli occhi per capire che quelle mani fossero le sue….erano inconfondibili.
Lunghe ed eleganti …agivano di vita propria e mi prendevo gioco sempre del modo buffo che aveva di muoverle….e che adoravo infinitamente.
Rimanevo incantata a guardare come librava quelle dita sopra i tasti del pianoforte …giocando a rincorrere le note di brani che vivevano solo dentro la sua testa.
Improvvisava …diceva.
Ma io sapevo quanto lavoro ci fosse dietro quella arie intense e nostalgiche.
Erano la voce che aveva dentro…il suo immenso cuore ardente….
Anche quando scriveva i suoi racconti  sembrava suonare una melodia…
Lui stesso era melodia.
Il suo corpo era melodia…
La melodia più dolce e struggente che avessi mai sentito.
Mi asciugai le lacrime col dorso della mano e senza curarmi di quello che avrebbe pensato Eleonor usai il lenzuolo stesso per pulirmi il viso.
Chissà cosa stava facendo Edward chiuso in quella stanza.
Cosa stava pensando?
Perché era così codardo da non affrontare la cosa guardandomi in faccia e dandomi la possibilità di dirgli quello che provavo?
Mi convinsi ad affrontarlo… strappandolo dalla sua tana.
Feci per alzarmi, ma non appena appoggiai il piede a terra il telefono di Edward cominciò a squillare…un trillo tanto basso che faticai quasi a sentirlo.
Vedevo lampeggiare il display…e mi avvicinai titubante...
Jasper....buio
Jasper....buio
Jasper....buio
Jasper....buio
Permisi all’aria trattenuta di uscire dalla mia bocca e afferrandolo risposi.
- Pronto Jasper. –
- Tesoro…sei tu, che sorpresa. Come stai questa mattina? –
Affabile e gentile come sempre la sua voce amica mi strappò un breve sorriso.
- Oh! Direi che potrebbe andare molto meglio…tu che dici? –
- Certamente non deve essere molto piacevole, ma cerca di vedere il lato positivo. Avrai un po’ di tempo da dedicare a tuo marito…non sei felice? –
Rimasi in silenzio quell’attimo di troppo e lui se ne accorse.
- Non sta andando bene eh? Che succede piccola…Quell’idiota di mio fratello ti fa dannare?-
 La sua voce era calma…cercava di confortarmi e per questo lo adorai.
- Ci siamo baciati. –
Pronunciai quelle tre parole scoppiando a piangere un’altra volta.
Avevo bisogno di dirlo a qualcuno.
 Qualcuno che ci conoscesse bene  e che potesse comprendere tutto quello che stavo passando e che ciò significava.
- Vi siete baciati? …Veramente?- Era sorpreso.
Cercavo di trattenere i singhiozzi che premevano in gola e lo sforzo sembrò servire.
- Aspetta un momento Bella…-
Aveva coperto la cornetta e parlava con qualcuno, ma non riuscivo a capire una parola….immaginai subito di chi si trattasse. Alcuni rumori e brontolii annunciarono e  confermarono il mio sospetto. Alice.
- Bella? –
Lo squillo della sua voce mi costrinse ad allontanare il cellulare dall’orecchio.
- Alice…ciao. E’ un po’ che non ci si sente. –
- Oh tesoro…come stai? Quell’orso di mio marito mi ha detto soltanto adesso del tuo incidente di ieri sera, Stai bene? Me lo sentivo che prima o poi sarebbe successo…Ti ha baciata?...Oh mi devi raccontare tutto perché Jasper non scuce quella sua boccaccia nemmeno sotto tortura. E Edward come sta? E lì con te? Io vi devo vedere…è inconcepibile che in tutti questi mesi non ci si sia sentiti nemmeno per un drink. Esigo di vedervi. Sei ancora lì? …..Pronto… Bella? –
Sorrisi assistendo impotente ad uno dei suoi famosi monologhi…
Lei era così.
Tenera e dolce, ma insaziabile di vita e di parole.
L’adoravo per la sua generosità e per il grande affetto che provava per noi…inalterato nonostante l’isolamento degli ultimi mesi e la forzata reclusione di Edward.
-             Alice…ti prego. Una domanda alla volta. Sto abbastanza bene a parte qualche botta qua e là e…. Edward sta benissimo. –
 Mentii per non sentire improperi nei suoi confronti.
-             Ma ti ha baciata? Allora siete di nuovo felici? Tutto sistemato?–
Candida come soltanto lei poteva essere distrusse quel po’ di buonumore che avevo conquistato ascoltando le loro voci amiche.
-             Oh Alice…Se fosse così facile sarebbe accaduto molto tempo fa. –
E scoppiai in singhiozzi…
 Le parole uscivano come lamenti e senza più freni lasciai che quella mia unica amica ascoltasse la mia pena.
- Isabella devi dargli tempo…-
 La voce di Jasper tuonò in sottofondo urlando che di tempo ne aveva avuto abbastanza e che Edward doveva darsi una svegliata.
 Sorrisi tra le lacrime…ma fu solo un istante e ripresi a singhiozzare.
- Sta zitto Jasper! – poi a me - Ma hai detto che ti ha baciata…no? –
Ricordai….e gemetti.
- Si Alice…mi ha baciata…Ma ora è chiuso nel suo studio e si rifiuta di parlarmi. Mi sento morire…non puoi immaginare come mi sento.
Non so più cosa fare Alice…non mi vuole….io credo…-
 La voce mi si ruppe singhiozzando  e cercai di riprendere il controllo facendo profondi respiri.
Tirai su col naso senza tante cerimonie e poi continuai.
- Credo che sia finita…-
Fu soltanto un bisbiglio…che cadde dalla mia bocca schiantandosi a terra..tale era il peso di ciò che significava.
Il pensiero prese forma nella mia testa e attraverso la gola scivolò nella pancia annidandosi come una tenia.
Prese a nutrirsi di me dall’interno e potevo sentire i morsi di quel verme divorarmi.
Non piangevo più…sentivo solo il battito lento del mio cuore e il rumore dell’aria che entrava ed usciva dalla mia bocca solo per istinto.
Persi la volontà…e mi lasciai avvolgere da quel senso di vuoto.
Mi girava la testa…
La nausea accompagnava il pasto di quell’essere che mi dilaniava…
Ma non mi importava…
Non mi importava più di niente…
Che si mangiasse pure tutto di me…
Io non ero niente…
Senza di lui non ero niente…
Non mi voleva.
Era finita. Il telefono mi cadde dalle mani schiantandosi a terra.
- Isabella…- Mi voltai e lo vidi.
Era lì sulla sua sedia…fermo sulla soglia della camera e mi guardava.
Incrociai il suo sguardo sofferto  per un istante…ma la nebbia che mi velava gli occhi non mi permise di vedere altro.
Solo una indistinta macchia grigia che dilatandosi univa il suo corpo ai vestiti scuri che lo contenevano…
- Perché  piangi? – La sua voce era dura…contratta.
Era arrabbiato?...Non capivo.
Lasciai che aspettasse la risposta….
Non mi importava di spiegargli niente…
Non ci volevo nemmeno provare…
Tanto non avrebbe ascoltato.
Come sempre…
Era tutto inutile.
Il lento masticare della dolorosa serpe che avevo dentro mi annullava.
Il ginocchio cominciò a pulsarmi e mi lasciai cadere indietro sui cuscini del letto…il mio viso una maschera muta.
E’ finita…
E’ finita…
E’ finita…
Il pensiero… come un’eco rimbalzava da una parte all’altra del mio cervello lasciando ferite sanguinanti….e poi di nuovo il nulla.
- Rispondimi Isabella…perché stai piangendo? –
Aveva urlato e la sua voce mi trafiggeva aggiungendo dolore al dolore.
Si era avvicinato velocemente ed ora era al mio fianco.
Voltai la testa sul cuscino per guardarlo e quel che vidi fu il riflesso di me stessa.
Era pallido e la linea quadrata della mascella risaltava coi suoi spigoli arrotondati…
Era bellissimo…
Era l’uomo che amavo..
L’unico uomo che avessi mai amato.
Ma non mi voleva…non più…
- Cosa vuoi da me Edward? Veramente. Cosa vuoi che faccia?–
 La mia voce un sussurro.
 Davo per scontato che girasse sulle sue ruote di gomma e che l’ultima cosa che avrei visto sarebbe stata la sua schiena muscolosa e soda stretta in quella maglietta aderente allontanarsi.
- Non lo so…Ma non voglio vederti piangere, Bella. –
Pronunciò il mio nome sussurrandolo come una preghiera…ma ero stanca di credere a quello che esisteva solo nella mia testa e non gli diedi peso.
- Tu non vuoi…Tu non hai bisogno…Tu non puoi…Tu Tu Tu….Non sai pensare ad  altro. Da quando ti sei chiuso in casa non parli che a te stesso …di quello che non vuoi…e non di quello che desideri veramente. -
Mi esprimevo lentamente…con calma… bisbigliando appena.
Mi guardava a bocca aperta….aspirando le mie parole una alla volta e sistemandole come un puzzle nella sua testa.
Taceva ora….e ascoltava.
- Ho lottato Edward…non potrai mai capire quanto. Ci ho provato, ma sembra che a te importi solo di te stesso e che io non esista più. -
 Implacabile il dolore al ventre si fece sentire più forte, annullando tutti gli altri.
Lessi la paura nel profondo ed intenso verde dei suoi occhi e ne rimasi stupita.
Lo misi alla prova.
Dovevo farlo.
- Dov’è Rose? Perché non è venuta? –
Vidi la paura trasformarsi in apprensione e turbamento e le pieghe sulla fronte ne furono la conferma.
Aspettai paziente che desse voce alla sua bella bocca.
La fissavo ipnotizzata.
Era splendida anche se tesa e ansiosa.
Mi distraeva.
Aveva il vizio di leccare e pizzicare tra i denti le sue labbra quando era nervoso ed ora brillavano umide della sua stessa saliva e arrossate in quella sua piega sensuale..
Avrei voluto toccarle.
Avrei voluto baciarle lentamente …morderle e…
Chiusi gli occhi e ruotai la testa dall’altra parte.
Era troppo da sopportare.
Senza i miei occhi puntati sembrava aver ritrovato il suo coraggio.
- Rose mi ha chiesto qualche giorno di permesso. –
Non era stato lui quindi…ma lei a volerlo…
La serpe morse più a fondo due volte…e dovetti trattenere il fiato per non urlare dal dolore…si rotolava godendo di ogni mia sconfitta…
- E come mai? Forse avermi in casa era troppo scomodo per voi due? –
Non misi l’ironia che avrei voluto in quelle parole..perchè dentro me sapevo che la lotta era finita…Si trattava soltanto di contare le vittime.
- Non è così…io credo…- tentennava - Penso volesse lasciarci soli.. –
- Tu pensi? Ancora non ti è chiaro quello che sta accadendo vero? – Mi girai nuovamente verso di lui, non per combattere ma per uscirne chiarita fino in fondo.
- Perché?....Cosa…sta succedendo? –
Angosciato aveva spalancato gli occhi e mi guardava perso.
Rispondere a quella domanda aveva un sapore definitivo e tremai…
Non potevo farlo…
Non era nelle mie forze.
- Se non lo riesci a vederlo da te….significa che tutto è già successo Edward. –
Rotolai sul letto dandogli le spalle e la serpe si rovesciò cambiando posizione.
Ne seguì un silenzio combattuto.
- Isabella…Tu non capisci…- Sembrava disperato…
- E’ vero, non capisco. Non ci riesco Edward. Vorrei tanto. –
 Mi lamentai gemendo sommessamente.
- Che non mi vuoi però l’ho capito bene. – Feci una pausa….lui sospirava nervoso…passando le mani tra i capelli…
- Lascio….Se vuoi che ti rimanga lontana lo farò…Hai vinto tu. –
Dirlo mi uccise definitivamente.
La sua mano mi raggiunse afferrandomi forte la spalla.
Mi costrinse a girarmi e a guardarlo in faccia….e rimasi senza fiato di fronte all’angoscia che lessi in lui.
A stento riusciva a controllarsi e gli occhi luccicavano di lacrime trattenute.
Apriva la bocca a vuoto…e tremava.
- Ma come fai a non capire…- un lamento doloroso…che mi spezzò il cuore.
- L’ho fatto per te …Non posso più essere quello che ero…io…so di cosa hai bisogno…-
Strinse forte gli occhi,  come se scacciasse dalla mente un’immagine orribile.
Sapevo cosa stava vedendo …le mie colpe…la mia vergogna, anche se insisteva a non dare loro un nome.
La mia serpe si dimenò vittoriosa, distruggendo per sempre un’altra piccola parte di me.
Strinse il lenzuolo tra le dita quasi strappandolo.
Riaprì gli occhi e li piantò nei miei.
- Io non sono il mostro che credi Edward. –
Piangevo senza freni ora…trattenermi non mi era più possibile.
- La mia vita sei tu…e questa di adesso…non è più vita per me. Quello che  mi neghi è la sola cosa di cui ho bisogno…te. –
Afferrai disperatamente le sue mani e le strinsi sul mio viso.
Lui si avvicinò stringendomi.
Appoggiò la fronte sulla mia e baciò le dita delle mie mani….disperatamente….tenendo sempre gli occhi chiusi.
Lo guardai…
Così vicino..
Così reale…
- Guardami…ti prego. – Lo implorai sottovoce.
Mi abbandonai al suo sguardo…e attirandolo a me lo baciai.
Un bacio urgente…profondo…bagnato dal pianto di entrambi che ci lasciò senza fiato fronte contro fronte.
Sorrisi tra le lacrime…lui con me.
- Ci proverò piccola…ma ti prego…Non dire più che mi lascerai… - Ansimava e rideva piano…complice.
- Mai più…- E afferrandomi di nuovo sciolse la sua lingua sulla mia.
Forse era ancora possibile…
Forse mi avrebbe amata ancora…..

domenica 22 gennaio 2012

Capitolo 15


Capitolo 15 - Edward




Un’esplosione di colori pennella l’immenso bacino, illuminato dai raggi del sole al tramonto.
Sfumature di arancio, rosso e viola che come il fuoco abbagliano, riflettendosi sulle limpide acque del lago.
Luminose scintille di cielo in fiamme…che scivolano dal pianeta morente..
Cielo ed acqua confusi ed immersi uno nell’altra…
uniti in un comune destino…
l’una lo specchio dell’altro…per sempre…
Le vette intorno sembrano inchinarsi rivolte verso la luce, incantate anch’esse dalla magia di quello spettacolo impareggiabile.
Isabella accanto a me….distesi.. abbracciati sotto la grande veranda in legno, avvolti dal tepore di una grande e calda coperta…unici spettatori di quel miracolo che ogni giorno si ripete…

Le immagini vibrarono sotto le palpebre mentre il risveglio mi rubava quel momento…quel senso di appagamento e benessere che lo stare con Isabella e lo spettacolo della natura insieme mi stavano regalando .
Ancora sul volto il calore delle sue dolci carezze…e degli ultimi tiepidi raggi che calavano all’orizzonte…le labbra tra i suoi capelli a godere del suo profumo…e l’aria frizzante che avvolgeva i nostri corpi stretti e rifugiati uno tra le braccia dell’altra.
L’attimo fuggì scemando in immagini indistinte, ma l’emozione rimase intatta…intensa…appagante.
Alzai le palpebre pesanti non riconoscendo in quel buio che mi circondava lo splendore che ancora avevo negli occhi.
Pochi secondi…e ricordai.
Tra le dita stringevo le mani di Isabella, addormentata lì accanto.
La sensazione si sostituì all’altra in pochi istanti…e il benessere fu lo stesso.
L’energia sprigionata dai nostri corpi quando si toccavano era una cosa che mi aveva sempre fatto perdere la testa e non comprendevo quale ne fosse la ragione, se non convincendomi che probabilmente eravamo venuti al mondo proprio per questo…renderci felici l’un l’altro completandoci.
L’incidente aveva rotto l’incantesimo avvenuto al nostro primo incontro, ma più il tempo passava…più mi rendevo conto che il responsabile di questa situazione così difficile e penosa ero soltanto io .
 Isabella aveva tentato in tutti i modi di avvicinarmi …ma io glielo avevo negato.
Non le avevo dato nemmeno una sola possibilità.
Non volevo perdere quella gradevole sensazione di risentirla vicina e allontanai tutti quei pensieri negativi che mi impedivano di vivere a pieno quel prezioso momento.
Mi concentrai su di lei.
Assaporai i tratti del suo volto nascosti nell’ombra, rincorrendo le linee del suo viso… riconoscendo a memoria ogni dolce curva che l’assenza di luce mi nascondeva.
Quel contatto mi risvegliò un sorriso…mi sentivo quasi felice….e inconsapevolmente mi avvicinai baciandole la fronte.
Un tocco leggero…indugiai sulle sua pelle calda.
Mi sembrava così strano….quasi avevo dimenticato cosa si provasse, ma i gesti seguirono la spontanea richiesta del mio corpo…e l’accarezzai, scivolando le dita tra i lunghi capelli sparsi sul cuscino.
Lei si mosse ed io allontanai la mano…colpevole….quasi avessi dovuto giustificare un simile naturale gesto.
Raccolse le dita che tenevo ancora sulle sue…e con un sospiro…le strinse al petto accoccolandosi al braccio.
Dolcissima…
Sorrisi emozionato…
Lo faceva sempre, quando un tempo dormivamo insieme.
Cercava il mio corpo…senza mai abbandonare il contatto e al mattino ci ritrovavamo ogni volta aggrappati uno all’altra come non potessimo stare lontani nemmeno un secondo.
Non volevo svegliarla.
Rimasi a guardarla nel sonno…mentre il suo respiro regolare mi solleticava le dita …. poggiate appena sotto alle sue labbra schiuse.
Avvolse la piccola mano sul mio pollice, tirandolo vicino alla bocca e appoggiandolo alle labbra lo baciò abbandonandolo lì….sopra la sua soffice pelle.
Non seppi resistere…e scivolai il polpastrello sopra quel paradiso di seta.
Aprì le labbra in un sorriso appena accennato…e continuò a dormire.
Prezioso come un gioiello quel momento mi emozionò e il groppo in gola ne fu l’inevitabile conseguenza.
Come potevo pensare di poter vivere lontano da lei..
Come potevo credere che per entrambi fosse facile rinunciare a tutto questo.
Sentivo, appena sotto al polso appoggiato sul suo petto, il pulsare regolare del suo cuore…il calore del suo corpo abbandonato tra le lenzuola.
Mi sentii sopraffare dalla tenerezza…
Ruotò sul fianco appoggiando la schiena al materasso e il movimento la fece gemere dal dolore…pochi istanti di smarrimento e i suoi occhi si aprirono.
Si guardò intorno confusa e un po’ spaventata si rivolse dalla mia parte.
-          Shhh…tranquilla, sono io. – Le sussurrai accarezzandole la mano che già stringevo.
-          Edward…- La voce impastata…stupita.
Non risposi, lasciando che le ombre velassero i nostri sguardi nascondendo l’un l’altro le nostre reali espressioni.
Il silenzio si vestì dei nostri sospiri…e le nostre mani ancorate una all’altra parlarono per noi. Piccole come quelle di una bambina si perdevano nelle mie che le avvolgevano proteggendole.
Mi aveva sempre affascinato quel suo aspetto apparentemente acerbo, che racchiudeva lo splendore di una femminilità senza eguali…un coctail afrodisiaco di cui mi ero ubriacato al primo sorso…e che nulla riusciva a farmi dimenticare.
Di Isabella amavo ogni sfumatura del carattere, ogni meraviglioso difetto… tutto in lei diveniva perfezione.
Era Bella….la mia Bella.
Non poteva durare per sempre…e anche se controvoglia…ruppi quel silenzio.
-          Come ti senti? – Parlavo piano, come se temessi di svegliare qualcuno…come se non farlo rompesse l’incantesimo.
-          Come se un camion mi fosse passato sopra…ho male ovunque. –
-          Oh!...Allora so bene come ti senti. – Scherzai.
-          Scusami…Sono un idiota..non volevo…- Cercò di sollevarsi senza abbandonare le mie mani.
-          Non fa niente….lo so… No. Non ti alzare. –
Scivolò sul cuscino con la guancia avvicinandosi.
 Colsi il bagliore dentro agli occhi che cercavano i miei.
Brillavano.
Non riuscii a non esserne felice.
Al buio tutto era più facile….più puro.
Quasi che le paure fossero composte di colori e che l’assenza di luce e il grigiore nella stanza le inducesse a tenersi lontane.
Non volevo che quel momento fosse rovinato da parole pesanti che non volevo sentire, così stemperai l’atmosfera con una richiesta sciocca che altro scopo non aveva che di alleggerire il mio cuore dal peso delle mie inquietudini.
-          Ti va di fare colazione? –
 Ridacchiò come se comprendesse.
Stette al gioco.
-          Che ore sono? – la sua voce un mugolio sommesso.
Spinsi il grosso pulsante sopra la sveglia che tenevamo sul comodino ed entrambi sollevammo gli occhi al soffitto, dove la luce proiettava le due coppie di numeri con in mezzo i due puntini.
-          E’ prestissimo. Sono le sei e un quarto.–
La voce uscì così lenta che la vidi quasi scivolare sulla sua bocca e spingersi in alto poi come un soffice sbuffo di fumo. La immaginai quasi prendere forma come la nuvoletta di un fumetto. La cosa divenne buffa quando nella mia mente formai l’intera vignetta.
-          Eh già! Vuoi dormire ancora? Ti lascio sola? –
 Temevo che uscendo da quella stanza ogni cosa cambiasse, che il peso di quello che era successo la sera prima e i giorni precedenti, alterasse quell’inconsueto senso di pace che il sogno che avevo fatto e quell’istante con lei mi avevano infuso nell’animo.
Lo trattenni…non lo volevo perdere…ne avevo bisogno.
-          Non credo di riuscirci…e poi ho lo stomaco decisamente vuoto. –
Quasi avesse sentito le sue parole, il brontolio della sua pancia fece eco da sotto le coperte…e ridacchiammo insieme.
-          Direi che è evidente…-
Accesi la piccola lampada lì accanto e una tenue luce rosata riscaldò l’atmosfera.
La tenevamo spesso accesa quando facevamo l’amore.
Era intima e confortante.
Ora la potevo vedere bene…ed era bellissima….come sempre.
-          Mi alzo così preparo qualcosa, vuoi? –
Sollevò il lembo del lenzuolo, rivelando le gambe nude che spuntavano da sotto la camicia da notte di cotone.
Lei odiava quella camicia…ma Jasper non aveva trovato altro quando era intervenuto ad aiutarla.
A me piaceva molto…la faceva apparire molto più giovane.
 Con un’aria di innocenza che mi illudevo avesse ancora.
Il ginocchio della gamba contusa era gonfio e con segni bluastri che coprivano la parte bassa dove aveva colpito il pavimento.
Le sfiorai l’interno del ginocchio per sentire se scottasse o meno.
Jasper faceva sempre così quando mi controllava da ragazzo le botte che prendevo cadendo da cavallo.
Quando ancora studiava, mi aveva seguito per quasi cinque anni in quello sport pericoloso e aveva rimediato a molte delle mie spettacolari cadute ai concorsi di completo…
Ero un pazzo scatenato e nostro padre ci accompagnava per controllare se alla fine del percorso arrivassi tutto intero. All’epoca avevo i capelli lunghissimi e la pelle scura di un cowboy…mi ero divertito da morire.
Un volo spettacolare sopra un tronco ad ostacolo alto due metri a Carson city e la frattura in più punti della cassa toracica, avevano decretato la fine delle mie prodezze…e dopo quello mi ero dovuto accontentare di qualche passeggiata intorno ai vigneti di Napa Valley…scatenandomi di nascosto lungo i verdi prati delle colline quando mio padre non vedeva.
La tenuta di Carlise ed Esme Cullen era una delle più grandi della valle e i vini prodotti dalla mia famiglia erano tra i più rinomati d’america…da qui il nostro amore per i vini pregiati…e la mia riserva tanto apprezzata da Jasper.
-          Non credo sia una buona idea sai? Hai la pelle bollente e non credo sia il caso di caricare il peso su questa gamba. Un po’ di ghiaccio ti gioverebbe. –
-          Ma non serve …davvero. – Fece per piegare la gamba e si lamentò.
-          Rimani dove sei…te lo vado a prendere. –
-          Non voglio rimanere qui a letto…vengo con te. –
-          Sei cocciuta eh? –
-          Mi ricordo che la cosa una volta ti piaceva…- Rimasi a guardarla senza riuscire a parlare….mi sorrise.
-          Ti seguo e mi metto sul divano…è lo stesso no? –
-          D’accordo…appoggiati alla sedia così eviti di cadere…-
-          Va bene…-
Sembrava titubante, ma appoggiata alla mia mano si mise in piedi e zoppicando un po’ appoggiò le mani sui supporti dietro le mie spalle.
Il tragitto fu breve e dopo qualche passo era distesa di nuovo sotto il plaid sul grande divano.
-          Tutto bene? –
-          Si…Grazie. –
Mi allontanai per raggiungere il frigorifero e tornai col sacchetto di gel azzurro, congelato appositamente per fare impacchi alle mie gambe dopo le terapie più invasive. Non le usavo da una vita, ma a quanto pareva potevano tornare utili.
-          La devi avvolgere nel fazzoletto e poi modellarla sul ginocchio…così. –
Preparai lo strano involucro e lo misi in posizione corretta. Nel farlo sfiorai più volte la sua pelle morbida e liscia e notai  come la cosa le facesse piacere. Non mi illusi più del dovuto…e  una volta a posto la coprii di nuovo.
-          E adesso vediamo cosa offre la cucina. –
Ero insolitamente leggero…e mentre mi muovevo impacciato per la grande cucina, non riuscivo proprio a togliermi dalla mente le immagini del mio sogno al Lago Tahoe. Per qualche anno ero stato lì in vacanza con la mia famiglia , ma dopo i miei diciassette anni non eravamo più tornati, attirati da mete più adatte ai ragazzi della  mia età e in compagnia di amici. Isabella ed io non c’eravamo mai stati insieme e non capivo come mai avessi sognato noi proprio in quel posto.
Trovai del pane e della marmellata nella dispensa in basso. La parte alta mi era irraggiungibile e non tentai nemmeno di aprirla.
 Succo d’arancio e acqua era tutto quello che c’era nel frigo.
Infilai le cose tra le gambe e nel fianco, mentre il vassoio lo appoggiai tra i piedi. Non ero il massimo, ma fu tutto ciò che fui in grado di fare.
La raggiunsi e le composi il vassoio nel posto vuoto accanto a lei.
-          Ecco fatto. Non è il massimo, ma penso che possa bastare finchè non arriva Eleonor. - 
Solitamente entrava in casa alle sette e trenta, quindi avevamo ancora quasi un’ora per restare soli. Approfittai di quel prezioso tempo per mettere da parte tutto e provare ad essere il più naturale possibile. Jasper mi aveva implorato di riprendere il dialogo con Isabella e questa mi sembrava fosse la giusta opportunità per farlo.
Non appena pensai questa cosa…l’ansia mi si piantò nella pancia.
-          E’ perfetto…sono secoli che non faccio una colazione come si deve. Di solito un caffè al volo è tutto quello che prendo al mattino quando arrivo in ufficio. –
Mi figurai lei muoversi in quell’ambiente che conoscevo poco…nei suoi abiti eleganti….il trucco sempre perfetto..la tazza in mano.
Quell’immagine mi disturbò per qualche ragione che non comprendevo…o che forse preferivo ignorare…
La gelosia.
-          James lavora ancora con te? –
Cercavo argomenti scavando nei ricordi.
Era l’unico che conoscevo e guarda caso era anche l’unico che non avevo motivo di temere. La sua omosessualità era ben dichiarata, ma i suoi modi erano discreti e stare in sua compagnia era davvero gradevole.
 Non sapevo più nulla del suo lavoro…non le chiedevo niente di niente….mi ero limitato per lungo tempo ad ignorare ogni cosa la riguardasse…pur morendo dalla curiosità di sapere dove fosse in ogni istante della giornata.
Farle anche domande semplici come questa…mi costava un certo sforzo.
-          Siamo nella stessa squadra si e ora stiamo lavorando ad un caso molto importante che se portato a buon fine ci aprirà nuove porte. –
Notai quanto pesasse le parole che pronunciava…era tesa.
 Il silenzio di mesi e mesi…pesava tra di noi come un macigno.
 Dovevamo riprendere da capo…e non sembrava così facile farlo.
Mi sforzai di seguire i consigli di Jasper…e finsi una tranquillità che non possedevo.
Spalmò le fette di pane imbrattandosi le mani. Era divertente guardarla succhiarsi le dita appiccicose, un gesto nel quale non vedevo malizia e che mi inteneriva.
-          Tieni, questo è per te. – Rideva.
Allungai la mano per afferrarlo, ma per scherzare Isabella ritrasse il braccio facendola quasi cadere. Per afferrarla mi sporsi in avanti e la mia gamba scivolò dal sostegno raggiungendo ancora una volta il pavimento. Mi sbilanciai in avanti e caddi sopra le sue ginocchia.
La mia sedia rotolò all’indietro lontano da me.
Isabella urlò per il dolore ed io mi lasciai cadere a terra scivolando sul bordo del divano.
 Mi ritrovai scomposto sul tappeto bianco, incapace di raddrizzare le gambe. Provai a mettere tutta l’energia che avevo per muoverle, ma quel che ne risultò fu soltanto un patetico strisciare di entrambe che in pochi istanti mi sfinì lasciandomi a terra distrutto…sia nel fisico che nello spirito.
-          Edward…oh ti prego perdonami. Stai bene? Mio Dio sono una stupida.–
Era sopra di me in preda al panico che cercava di darmi aiuto.
Mi aveva sollevato e sistemato le gambe in modo corretto e mi accarezzava il viso preoccupata….ad un soffio da me.
Ero disteso a terra.


I suoi capelli mi solleticavano il viso e tutto ciò che riuscivo a sentire erano le unghie di lei che mi accarezzavano i capelli….
La sua bocca ad un nulla dalla mia…
Il profumo di marmellata di fragole del suo respiro…
Poterla guardare da quella posizione…come quando facevamo l’amore.
Non trovai il coraggio di dire nulla e lei pensò di avermi ferito nell’orgoglio…non immaginando nemmeno per un attimo quanto fosse lontana dalla realtà.
Le sue mani non smettevano di toccare…accarezzare…ed io stavo impazzendo dal desiderio di baciare quella bocca sempre più vicina.
Sollevai le braccia prendendo il suo viso tra le mani…
Si aggrappò ai miei capelli.
Gli occhi negli occhi.
Piangeva…
Avevo sognato quel momento molte volte ed ora…era lì…accadeva.
L’attirai verso di me imprimendo le mie labbra sulle sue…e in un istante mesi di sofferenza scomparvero.
Le nostre lingue si cercarono esitanti e fu dolce assaporare la sua bocca appena schiusa, mista a lacrime salate.
 Fu un bacio lento…passionale…senza fretta.
Mi parve il bacio più bello di tutta la mia vita…
Mi lasciai andare….non pensando a niente, mentre quell’istante infinito si prolungava eccitandomi.
-          Isabella…- Mormorai sulle sue labbra.
Non volevo finisse….
Non mi volevo ritrovare al punto di partenza…
-          Amore mio…- Sussurrò baciandomi più a fondo.
Stavo ancora volando…quando la porta dell’ingresso si aprì…distruggendo la magia di quel momento.
Quasi fossimo colpevoli di qualche cosa ci allontanammo e Isabella chiamò subito Eleonor perché ci raggiungesse e l’aiutasse a sollevarmi da terra.
La governante non disse nulla. Obbedì sorpresa, guardandosi intorno in cerca di Rose.
-          Aiutami, mettiamolo sul divano. –
Quella frase mi catapultò nella mia orrenda realtà…”mettiamolo sul divano”…come un manichino di pezza.
Mi sentii il mezzo uomo che ero e ciò fu sufficiente a risollevare le mura dietro al quale vivevo sempre.
-          No! La mia sedia andrà bene. – La voce dura.
 Ero arrabbiato con me stesso per aver ceduto a qualcosa che non poteva essere e non con lei…
Mi sistemarono sul mio aggeggio infernale e girandomi verso lo studio feci scorrere le ruote che strisciarono silenziose sul parquet.
Chiusi la porta alle mie spalle e imprecai contro me stesso.
Isabella mi chiamò da dietro la porta.
-          Edward, va tutto bene?! – Non mi sembrò una domanda…o forse lo era, risposi comunque.
-          Tutto ok…Lasciami solo…- Un istante di pausa…pesante…sofferto.
-          Ti prego…- Conclusi.
Sentii la sua mano scorrere sul legno della porta graffiandolo…e poi i suoi passi lenti allontanarsi.
Ero un idiota.
Passai la lingua sulle mie labbra….e mi parve di impazzire.