lunedì 25 giugno 2012

capitolo 25


Capitolo 25 – Edward



 La scia del suo caldo profumo rimase imprigionata nella mia bocca, mentre vedevo apparire come un incantesimo le curve sensuali  del corpo nudo di Isabella.
Assaporai quel nettare leccandomi  le labbra e mi accesi.
Mi lasciai andare.
Era questo che mi avevano più volte chiesto di fare, lasciare che fosse il mio cuore a guidarmi e non la mia mente.
Ero convinto che l’uno senza l’altra fossero inutili, bisognava metterli d’accordo, conciliare la volontà di entrambi,  per raggiungere veramente ciò che si desiderava.
Dovetti trattenermi dal correrle appresso.
Ero troppo sconvolto dallo spettacolo che Isabella aveva improvvisato avviandosi nel corridoio senza dire una parola.
Quegli episodi velati di silenzi erano stati sempre anticamera di fantasiose follie…di nottate indimenticabili…
Le mani strette sulle ruote della mia sedia, assistevo a qualcosa per me di insostenibile.
La desideravo.
Era nella mia testa che veniva generata quell’irrefrenabile passione…e il mio corpo obbediva, senza che io facessi nulla.
La riconobbe e rispose al richiamo.
Desideravo sentirla, riconoscerla, farne parte.
Era una sensazione talmente forte da sentirmi male.
Continuavano a risuonarmi nella mente le parole di Jasper…quelle di Rose…e le stesse di Isabella , quando la notte mi sussurrava all’orecchio di fidarmi di lei.
Ora la volevo.
La volevo, al punto da dimenticare tutto il resto.
Ero giunto a dover prendere una decisione importante, tanto importante da determinare il mio futuro.
Sapevo esattamente dove volevo arrivare, ma il percorso per giungere a quel traguardo era un’incognita che non riuscivo a risolvere.
Eppure tutti mi dicevano che sarebbe stato semplice.
Bastava soltanto lasciare che tutto accadesse da sé.
Che permettessi a Isabella di avvicinarmi e di provarci.
Qualche metro, un solo breve tratto incontro a  quella dea della quale ero schiavo da sempre e avrei potuto trovare le mie risposte.
Varcando la soglia Isabella aveva lasciato la porta socchiusa alle sue spalle, quel tanto da poter scorgere quel che accadeva all’interno.
I suoni familiari dell’acqua scrosciante, il profumo inebriante del suo bagnoschiuma di Cartier, la luce calda e soffusa prodotta di piccoli punti luce distribuiti sapientemente in quella splendida stanza da bagno, mi incatenarono la mente…
Ero perdutamente suo, soltanto di questo ero certo.
L’ultima volta che vi avevo messo piede era stato qualche giorno prima dell’incidente, in seguito non mi ero avvicinato nemmeno per dare un’occhiata… perché lì, tra quelle mura rivestite di mosaico ambrato, avevamo fatto l’amore molte volte…e l’ultima era stata superba.
Quasi senza rendermene conto spinsi l’uscio e mi ritrovai all’interno, dove il vapore aveva creato in pochi minuti un’atmosfera ovattata e nebulosa.
Le luci colorate si espandevano in raggi evanescenti che fluttuavano e sembravano rincorrersi annodandosi l’un l’altro, sciogliendosi poi con un semplice soffio d’aria…
Isabella mi dava le spalle, mostrando le sue curve morbide, protetta dal limpido vetro della zona doccia.
Non si era accorta della mia presenza.
Si muoveva lentamente, accarezzando con la spugna le linee dolci del suo corpo dalla pelle chiara come  neve.
L’acqua, ricolma di bollicine ossigenate, scorreva leggera sulla sua pelle, disegnando scie di schiuma bianca che dopo pochi istanti si scioglievano scoppiettando e scomparendo…
Era ciò che di più bello avessi mai veduto.
In silenzio contemplai la mia donna, mentre il mio corpo reagiva spontaneamente agli stimoli di quella inconsapevole creatura che dava spettacolo di sé.
Distrattamente allungai la mano per cercare la maniglia della porta e incautamente la urtai, richiudendola di colpo.
Il forte rumore coprì la musica che, come in tutte le altre stanze della casa, disperdeva nell’aria amabili note e un quieto benessere.
Rimasi a fissare quel vetro trasparente dietro al quale vi scorsi gli occhi sorpresi e un po’ spaventati della donna che amavo.
Mi guardava stringendosi al petto la spugna, dalla quale colava lenta la candida schiuma spumeggiante.
Deglutii a fatica, mentre il respiro, a tratti, mi ingannava sparendo.
Le luci cambiarono colore con una lentezza esasperante, regalandomi un’immagine di lei ogni istante differente, quasi fossero istantanee dello stesso soggetto, scattate con filtri differenti…come se la mano di un artista valutasse lo stile da adottare per dipingere quel nudo di donna.
Uno spettacolo straordinario.
Mi avvicinai a quello schermo trasparente che ci divideva, mentre il sudore cominciava a colarmi sul volto assorbendosi sulla maglietta.
Avvertivo il lieve solletico di quello scorrere improvviso, mentre brividi di eccitazione si rincorrevano sul mio corpo come spilli dispettosi.
Era una sensazione dolorosa.
Il dolore più dolce che potessi desiderare.
Allungai una mano poggiando il palmo su quella superficie liscia, quasi volessi toccarla, temendo che Isabella svanisse come una bolla di sapone.
La musica incalzante aumentò di volume e sommerse la stanza allontanandomi dalla realtà e catapultandomi in quella dimensione dove tutto appare possibile.
Un  rosso corallo colorò l’aria, spesso  come carta di riso e accese le mie fantasie più nascoste…velandole dietro evanescenti nuvole di vapore.
Isabella fermò lo scroscio d’acqua con un battito di mani e facendo scorrere le porte trasparenti che ci dividevano, si avvicinò, rimanendo in piedi di fronte a me.
Leggevo nel suo sguardo mille domande.
Sperai leggesse nei miei le risposte che cercava...senza costringermi a dar loro voce.
Non sapevo se sarei stato in grado di farle comprendere quale tumulto interiore mi stesse travolgendo.
Volevo essere travolto…volevo lasciarmi vincere dal desiderio.
Volevo liberarmi da quel silenzio che ammanettava le mie emozioni…le volevo sentire…le volevo urlare…le volevo vivere.
Avevo bisogno di sentirmi un uomo completo.
Dovevo poter credere ancora di poterlo essere…
Chiusi gli occhi un istante e sentii la sedia sotto di me spostarsi.
Non li riaprii finché non si fermò.
Isabella mi aveva fatto entrare nell’ampio spazio che ospitava doccia e bagno turco…il nostro piccolo wellness privato.
Richiuse l’anta di vetro spesso e mi venne vicino.
Accanto a me c’era la chaise-longue sulla quale ci si stendeva per lasciarsi accarezzare dai vapori balsamici che uscivano dai piccoli fori alla parete…era in legno di sandalo e sprigionava quel lieve inconfondibile profumo che rilassava la mente.
Isabella era splendida.
La sua pelle brillava sotto i fasci di luce, coperta da mille gocce aggrappate al suo corpo come perle di cristallo.
Rimasi incantato… lo sguardo perso su quel tempio di bellezza.
Si chinò scorrendo le dita tra i miei capelli bagnati…scivolando poi sul mio viso, seguendone il profilo.
Bastò quel leggero tocco per farmi rabbrividire.
Afferrai delicatamente quella mano portandone il palmo alle labbra.
La baciai, leccando quel dolce sapore di lei e chiudendo gli occhi permisi a quel balsamo di soffocare quello amaro delle mie paure.
Lei era lì per me.
Lei mi desiderava.
Isabella non mi avrebbe mai abbandonato.
Potevo esserne certo?
In quel momento lo ero…ormai disarmato,  di fronte allo sguardo acceso di un’amore che credevo perduto.
Desideravo allontanare da me la sedia sulla quale giacevo, quel simbolo che mi impediva di dimenticare la mia condizione e con un movimento deciso mi sollevai sulle braccia, lasciandomi cadere lungo disteso sulla chaise longue accanto a me.
Isabella colse il mio intento come un invito e un istante dopo la mia sedia a rotelle non c’era più.
Tornò da me spogliandomi lentamente…la lasciai fare osservando ogni suo movimento.
Controllava i suoi gesti, contenendo quella foga che le era caratteristica in queste occasioni.
Lo faceva per me.
Le fui grato per questo.
La fretta avrebbe indubbiamente rischiato di rovinare tutto.
Non potevo sperare di darle subito quello che in passato aveva avuto da me, ma non negai a me stesso la possibilità che con amore…pazienza…e perseveranza…in futuro sarebbe potuto accadere ancora.
Dovevo crederlo.
Poco dopo mi ritrovai nudo a raccogliere tutte le energie che avevo per affrontare questa prova.
Mi concentrai su di lei.
Isabella sorrideva dolcemente, mentre le sue mani su di me si muovevano leggere e delicate, tessendo una spirale di sensazioni tattili che irrimediabilmente mi conducevano all’estasi.
Sinuosa e abile si muoveva intorno e sopra di me,  curandosi di non pesare sulle mie inutili gambe.
Il mio corpo non era tonico come un tempo e mi resi conto dell’aspetto scarno  delle mie gambe immobili,  abbandonate sulle doghe curve del lettino.
Isabella se ne accorse e mi costrinse a guardare lei negli occhi.
-         Edward lasciati andare…non devi fare nulla…penso io a te. - Una richiesta sussurrata sulle mie labbra che mi condusse docile ad obbedire.
Instancabili, le sue carezze mantenevano vivo il desiderio, ma mi accorsi che evitava accuratamente di scendere più in basso, dove  ciò che provavo… trovava forma.
L’eccitamento che provavo derivava più da uno stimolo visivo che non perché sentissi realmente le sue mani.
Le scosse impercettibili che avvertivo sulla pelle al di sotto della cinta mi facevano il solletico…e mi costrinsero a sorridere delle sue carezze.
Lei era seria…
Mi fissava negli occhi con una intensità da togliermi il fiato.
Era eccitata e stava controllando quel demonio che si impossessava di lei quando questo accadeva.
 Il suo respiro aumentò quando scendendo con la mano evitò      accuratamente di toccarmi.
Le costava notevole sforzo.
Mi odiai per questo, era colpa mia.
Non era giusto accadesse.
Era il momento di decidere…
Toccava a me farlo.
Le afferrai il polso con decisione.
Lei alzò gli occhi nei miei.
Le mie labbra fremettero.
Dio …come la volevo.
Appoggiai il palmo della sua mano sul mio petto, dopo averle baciato le dita.
Deglutii.
Era il momento…dovevo farlo.
Costrinsi la sua mano a scorrere su di me , scendendo lenta verso quel punto che aveva volutamente evitato.
Capì quello che stava per accadere e le sfuggì un gemito.
Dovevo farlo.
Lo dovevo fare per noi.
Dovevo provarci.
Le lasciai il polso e risposi annuendo ad un suo quesito silenzioso.
Il mio consenso la stupì.
Rimase immobile, sbarrando gli occhi.
-         Non fermarti… ti prego! – La implorai deciso. La voce roca…la gola secca.
-         Toccami Isabella! –
-         Edward… – Si morse le labbra…e con la punta delle dita gliele sfiorai impedendoglielo. Volevo quella bocca e accarezzandola vi lasciai scivolare dentro il pollice. Il calore della sua lingua bagnata fu come una sferzata…che mi eccitò oltremisura.
-         Fallo Isabella…Fallo ora…Toccami! –
Succhiò il mio dito scivolando le labbra lungo la sua lunghezza e sentirlo mi fece impazzire.
Cosa mi aveva trattenuto da tutto questo?
Quanto tempo avevo perso a piangermi addosso.
Ogni cosa di isabella mi era mancata tanto da stare male e ora più che mai me ne resi conto dandomi dell’idiota.
Le scostai i capelli dal viso, prendendole il volto tra le mani.
Era bellissimo leggere nei suoi occhi quella luce di passione.
La avvicinai sprofondando sulla sua bocca ancora aperta.
Era dolce e accogliente e le divorai la lingua regalandole poi la mia.
Giocare sulle sue labbra era un sogno.
Sentirle sulle mie…il Paradiso.
Mi scostai per guardarla e felice come non lo ero da tanto…sorrisi insieme a lei.
Mi stesi nuovamente appoggiando la schiena al lettino e la invitai con lo sguardo a riprendersi ciò che era sempre stato suo.
Abbassai gli occhi su quelle piccole dita, osservando come riprendessero confidenza con parti di me che avevo voluto dimenticare.
Avvertivo appena il suo tocco, ma obbediente il mio corpo rispondeva.
Rimasi incantato a guardare la scena.
Quasi ne fossi soltanto spettatore.
Era più facile far finta che non fossi io in quel corpo che Isabella stava toccando, lo rendeva ai miei occhi una cosa possibile.
Il mio membro crebbe senza che ne fossi consapevole, mentre un dolore sempre più intenso attanagliava i muscoli delle cosce.
Odiavo il fatto di riuscire a sentire solo il dolore, mentre perdevo completamente sensibilità se si trattava di trarre piacere.
Strinsi il labbro inferiore tra i denti e chiudendo gli occhi cercai di combattere quell’insidioso fastidio che cercava di distrarmi.
Riaprendoli vidi Isabella chinata su di me, immersa a godere di quello che il mio corpo aveva deciso di regalarci, mentre affogavo al pensiero che fosse davvero lei la donna lì con me.
Le sue mani, la sua bocca, tutto di lei mi portava a sentirmi completo  e nella confusione di passione, emozione e dolore, gridai gemendo, perso in sensazioni più forti di me.
Lei subito si interruppe e mi fissò preoccupata.
Sollevai il capo ansimando e la guardai a mia volta….e dopo un attimo di smarrimento scoppiai a ridere…tanto forte da apparire pazzo.
Mi vide sereno e rise a sua volta.
L’afferrai tirandola sopra di me e la strinsi forte, come non volessi separarmene mai più.
-         Sei un demonio amore mio – Le dissi divorandole la bocca.
-         Bentornato a casa Edward…- La sua voce era divertita.
Ne compresi subito dopo la ragione.
Con un abile movimento azionò in congegno che spruzzava nell’intero locale un getto freddissimo, nebulizzato al profumo di cedro.
Lo usavamo come tonico alla fine del bagno turco, ma in quel caso mi investì a sorpresa facendomi urlare.
Lei si sollevò in piedi ridendo a crepapelle ed io boccheggiante rimasi a guardarla a bocca spalancata…
-         Tu sei proprio pazza Isabella Swan. -
Ero felice di vederla così.
-         Certo amore mio…sono pazza di te. –
E si distese sopra di me coprendomi di baci.

                                                            ***

La notte rimanemmo abbracciati e riposai senza pensieri fino al mattino seguente.
Alle sei e trenta la sveglia ci riportò nel mondo reale e dopo meno di un’ora eravamo pronti per affrontare il viaggio.
Jasper si era offerto di accompagnarci fino alla villa,  per mostrarci i luoghi dove saremmo rimasti per l’intera estate e, per l’occasione, aveva voluto donarci  il Chrisler Grand Voyeger,  una delle auto che aveva preso per Alice e che lei si rifiutava di usare perché troppo ingombrante per i suoi spostamenti in città.
Era enorme e molto comodo e nella parte posteriore era attrezzata per le mie necessità.
-         Sei sicuro che Alice sia d’accordo? – Jasper sistemava le valigie nel suo ordine meticoloso, mentre Isabella torturava Eleonor con le ultime, superflue, raccomandazioni sulla casa.
-         Credimi. Non vedeva l’ora di liberarsene  e visto che in arrivo c’è la mia nuova fuoristrada avevo bisogno proprio di fare spazio nel garage. –
-         Quando torneremo a San Francisco la potrai riportare a casa. –
-         Non credo proprio, ne avrai bisogno tu per muoverti. Se ricordo bene l’ultima l’hai polverizzata. –
-         Già! Con me dentro. –
-         L’auto l’hai buttata, ma tu sei ancora qui fratello, quindi gambe in spalla e datti da fare. –
-         Possibile che devi sempre far dell’ironia per dirmi le cose? Non è divertente. –
-         Forse non lo è per te, ma io ci godo proprio. –
-         Quanto sei stronzo! –
-         Grazie…a volte lo dimentico. – E scoppiò a ridere senza freni.
Era bello partire insieme.
 Mi ricordava i vecchi tempi, quando da bambini litigavamo per chi dovesse salire davanti e chi dietro nella grande auto di famiglia e poi alla fine nostro padre ci costringeva entrambi a sedere dietro, uno accanto all’altro,  senza discussioni. Litigavamo per tutto il viaggio, ma eravamo inseparabili.
 Da ragazzi poi andavamo al lago con le moto e lungo la strada era una gara continua a chi teneva il comando.
Erano stati anni felici…e mi chiesi se tornare in quei luoghi pieni di ricordi avrebbe aiutato la mia causa.
Certamente male non poteva farmi.
Rose arrivò pochi minuti prima della partenza, accompagnata dal fidanzato, un ragazzone alto e possente che mi guardava con insistenza. Lei ci presentò, mentre lui scaricava la valigia di lei ponendola nel bagagliaio della nostra auto.
Quando mi porse la mano valutai la sua stretta…era decisa e calda e il sorriso che gli rivolsi lo addolcì immediatamente.
Pochi scambi di battute e compresi dal suo sorriso aperto e cordiale che doveva essere una brava persona. Ne fui felice per lei.
Isabella rimase tutto il tempo accanto a me, posandomi le mani sulle spalle.  Se Emmet avesse avuto qualche perplessità su di noi, il vederci insieme lo avrebbe di certo tranquillizzato.
Rose era silenziosa e si teneva in disparte, mentre osservavo il ragazzo del quale non mi aveva mai parlato.
Mi resi conto solo allora di quanto lei sapesse di me e di quanto poco invece io conoscessi della sua vita.
Indossava dei pantaloni leggeri color sabbia e una maglietta bianca in cotone a manica lunga. Un foulard anch’esso sabbia legato attorno al collo erano l’unico vezzo che si era permessa. Niente trucco , capello raccolto e lo sguardo nascosto da singolari occhiali da sole.
Erano in uno stile anni ’50, con il bordo allungato verso l’alto simile agli occhi di un gatto…e le stavano molto bene.
 Quando mi sembrò mi stesse guardando le sorrisi e lei sospirando si rilassò ricambiando il sorriso. Non volevo tensioni , nulla che potesse rovinare quel clima sereno che gli ultimi giorni mi avevano regalato.
Emmet abbracciò senza timidezza la sua bella ragazza sollevandola da terra e dopo qualche attimo di timidezza lei lo baciò sulle labbra e salì in auto con noi.
Isabella sembrò apprezzare il siparietto e si sedette accanto a me stringendomi la mano.
Eravamo pronti.
Salutai San Francisco dal Golden Gate…mentre  un  Sole, pallido e insonnolito, si aggrappava alle nuvole bianche e soffici per guadagnarsi il punto più alto nel cielo.
Quando raggiunse il suo apice il Lago Tahoe si profilò all’orizzonte.

Paura bussò forte alla mia porta…la ignorai e lasciai che si stancasse di farlo.
Speranza era l’unica invitata e ballando si prese gioco di lei.

Strinsi la mano di Isabella che guardava eccitata fuori dal finestrino, sentendo forte su di noi lo sguardo di Rose che per l’intero viaggio non aveva alzato mai gli occhi dal suo libro.
Mi voltai verso di lei…e  silenziosa… vidi che stava piangendo.