giovedì 26 aprile 2012

Capitolo 22


Capitolo 22 – Isabella




La mia vita sembrava essere un traballante castello di carte, ogni volta che cercavo di renderla più solida c’era una parte che cedeva e nonostante i miei profondi sforzi, la cosa sembrava non avere mai fine.
Era stato così sempre, in ogni circostanza della mia esistenza e probabilmente questa cosa sarebbe durata in eterno.
Mia madre, quando ero bambina, diceva sempre che il mio problema era il non avere fiducia in me stessa e nelle persone che mi amavano… e almeno in questo aveva avuto ragione.
Nel momento in cui avevo voluto fidarmi del mio giudizio, avevo compiuto il mio più grande errore e, credendo invece di far bene, avevo perso l’unica persona che mi avesse mai amato veramente.
Mia madre.
Lei ed io avevamo sofferto momenti difficili, dopo che il mio vero padre era morto all’improvviso lasciandola coperta di debiti, ma la sua forza e la sua tenacia avevano permesso ad entrambe di continuare a condurre una vita dignitosa.
Era stata di esempio per me, anche se la notte, di tanto in tanto, la sentivo piangere in silenzio nel letto accanto al mio.
All’età di dieci anni assistetti alla sua rinascita.
Avvenne per caso, anche se a volte il caso sembra essere guidato da qualcuno più in alto.
In occasione di un barbecue in casa di amici, conobbe il mio patrigno e all’improvviso ricominciò a sorridere.
Gli anni difficili sembravano ormai dimenticati e dopo il loro matrimonio, celebrato in una piccola e romantica chiesetta a picco sul mare, circondati da pochi amici,  tutto sembrò scorrere serenamente… fino a quel giorno… nel quale stravolsi le vite di tutti.
Quel momento era marchiato a fuoco nella mia memoria e il dolore della ferita non aveva mai smesso di darmi il tormento, fino a che avevo incontrato Edward.
Abbracciando il suo cane, su quel prato innaffiato di sogni, avevo gettato al vento il mio angoscioso passato, facendo posto alle attenzioni di un uomo  che mi aveva da subito conquistata.
Tutto il lungo periodo vissuto con lui prima dell’incidente era stato il più bello e spensierato di tutta la mia vita.
L’amore che ci legava, era il mio solo scudo contro i rimorsi e le pene che ancora di notte , di tanto in tanto, tornavano  a farmi rivivere il mio passato.
Lui era l’unico di cui mi fossi fidata …da sempre.
L’unico al quale avessi permesso di conoscermi veramente.
L’unico che mi avesse accettata per quella che ero…senza giudicarmi.
Di quei lontani giorni felici con la mia famiglia, conservavo soltanto una foto sbiadita in cui mia madre Rene sorrideva radiosa all’obbiettivo, stringendomi forte davanti a sé, mentre i fiori di campo, che crescevano nei prati attorno alla nostra casa, ondeggiavano al vento di una primavera che sarebbe stata per lei l’ultima.
Ai margini della foto c’era Phil, l’uomo che le avrebbe distrutto l’esistenza, che invece di partecipare al quadretto di famiglia , fumava la sua sigaretta guardando altrove.
A volte mi perdevo a guardarla, stringendola tra le mani, perdendomi nei dettagli …cercando di ricordare il calore di quelle braccia strette intorno a me e il profumo di quei fiori che non avevo mai più rivisto così belli.
E venivo travolta dalla nostalgia.
Mia madre e Phil si erano amati tanto, di questo ero certa e una volta divenuta adulta mi ero chiesta cosa lo avesse spinto a cercare le braccia di un’altra donna, ma nonostante mi fossi sforzata di trovare delle ragioni plausibili, non avrei comunque mai conosciuto la verità.
Ma chi ero io per giudicarlo, dopo il modo in cui io stessa mi stavo comportando.
Ancora mi chiedevo cosa sarebbe accaduto se avessi scelto di tacere.
Non  avrei saputo mai nemmeno questo.
Forse avrei avuto ancora una madre.
Forse non avrei perduto me stessa.
Forse tutta la mia vita sarebbe stata diversa.
Da quel giorno in poi…non mi intromisi più nella vita degli altri.
Con Phil avevo azzerato ogni contatto.
Con quell’uomo, che per un breve periodo avevo considerato un padre, non intendevo avere più nulla a che fare.
Il mio passato di ragazzina ora viveva solo nei miei ricordi e lì intendevo farlo rimanere.
- A cosa stai pensando? –
La voce al mio fianco mi riscosse dai pensieri lontani, riportandomi ad un presente ancora incerto, ma colmo di aspettative.
Edward ed io eravamo stesi sul grande letto della camera matrimoniale, rimasta chiusa per mesi.
 La stanza veniva pulita e riordinata regolarmente e quel profumo di fresie e lavanda, che aleggiava nell’aria, sembrava spruzzato di fresco.
Il bianco e il pesca che vestivano le pareti, donavano all’ambiente una freschezza leggera e l’ampia finestra, accarezzava un paesaggio mozzafiato che, come un catalogo di design, si inerpicava verso le colline tra le case vittoriane, liberty, mission revival e art decò del lussuoso quartiere di Pacific Heights.
L’intera stanza era fonte di luce.
Riflettevano, lungo le pareti dai colori caldi, gli ultimi raggi di un Sole che sembrava osservarci incuriosito da dietro i vetri spessi.
Mi sistemai i capelli sul cuscino e mi rivolsi ad Edward.
- Lasciavo vagare la mente. Tu come ti senti adesso? –
Volevo rimanergli vicina e al tempo stesso desideravo che si stendesse per riposare un po’.
Il suo volto era stanco e il suo fisico provato.
Dovevo imparare, un po’ per volta,a prendermi cura di lui .
Quando avevo proposto di stenderci nella vecchia camera che ci aveva visti sposi felici mi era parso titubante, ma rassicurandolo aveva ceduto e si era lasciato accompagnare.
- Meglio, molto meglio. Forse dormire sul divano non è stata una grande idea, ma a dirti il vero non vi avrei rinunciato per niente al mondo. Ne avevo bisogno. Avevo bisogno di noi. –
L’uno accanto all’altro ci guardavamo senza riuscire a distogliere gli occhi. Mi appariva strano essere di nuovo insieme in quella stanza, ma mi costrinsi a pensare che non poteva che essere di buon presagio.
- Dovrai insegnarmi molte cose, lo sai vero? –
- Dovrai soltanto starmi vicina. E’ la sola cosa di cui abbia veramente  bisogno adesso. –
 Sorrise dolcemente baciandomi l’angolo delle labbra.
Adoravo quando lo faceva.
Quella sensazione di calore rimaneva impressa sulla pelle e mi confortava. Chiusi gli occhi per assaporare il momento.
Niente al mondo era paragonabile al tocco delle labbra di Edward…delle sue mani, della sua pelle e la lunga lontananza non aveva fatto che sottolinearmi quanto ne avessi bisogno per sentirmi così come mi sentivo ora.
Mi emozionai...lasciando che quella sensazione mi avvolgesse.
Rotolai sul fianco allontanandomi di poco da lui.
Quella stanza intatta, quel profumo così intimo e il respiro regolare di Edward al mio fianco, mi riportarono a ricordi felici e spontaneamente, senza neppure rendermene conto sorrisi.
Rimasi ad osservare quell’ambiente familiare, mentre lo sguardo di Edward non mi abbandonava per un solo attimo.
- Mi piace guardarti…ti ho sempre trovata molto affascinante. –
- Lo credi veramente?-
- Certo…Sei bellissima. –
- Ora esageri. –
- Si, forse un po’. – Mi voltai sorpresa. Lui rise vedendo la mia faccia.
- Non sei cambiato eh? Continui a prendermi in giro. –
- E tu ci caschi sempre… oh Isabella…-
Gli occhi si accesero di una luce nuova.
Il sorriso pian piano si spense.
Lento…come il sole che, stanco di noi, scivolava oltre l’orizzonte, cedendo alle ombre l’ampio spazio della camera.
L’atmosfera velata cambiò l’aspetto della stanza e la fioca luce del tramonto, arrampicandosi ai bordi della finestra, delineava i nostri profili sulla parete accanto a noi.
Mi voltai a osservare  quel gioco strano che impedisce a chiunque di vedere il profilo della propria ombra, chiedendomi se sarei mai riuscita a riconoscermi in quello che di me riuscivo a vedere.
Edward si era sistemato nella mia stessa posizione ed insieme guardavamo il soffitto e quello strano lampadario di carta di riso che sembrava ondeggiare ad ogni sospiro.
Rimanemmo in silenzio, finchè il buio, in pochi minuti, si impadronì  di ogni cosa intorno a noi.
Edward accennò un movimento.
Le sue dita scivolarono sulle mie.
Cercandole… stringendole dolcemente.
Quella lacrima, sempre in bilico all’angolo dei miei occhi, cedette all’emozione e senza fare rumore si lasciò cadere fino a morire.
Lui non si accorse di nulla.
Le sue dita giocavano con le mie, seguendo un disegno e un codice che conoscevamo soltanto noi.
Trattenevo il fiato aspettandomi, da un momento all’altro, di vederlo rotolare sopra di me, ma sapevo che non sarebbe potuto accadere…almeno non adesso.
Trascorse del tempo al quale non sapevo dare misura…e mentre con un lungo sospiro incameravo aria nei polmoni…qualcosa avvenne.
- Isabella. – La sofferenza, nel pronunciare il mio nome.
- Si? – Il mio un sussurro appena udibile.
- Ho… bisogno di sentire la tua pelle. –

Preghiera e Paura in un’unica veste, strette insieme ad attendere la risposta.

- Oh! – Fu tutto ciò che riuscii a dire.

Preghiera e Paura si guardarono stupite,  chiedendosi cosa quel suono significasse.

Non capivo cosa Edward intendesse e non volevo compiere gesti dei quali poi mi sarei potuta pentire.
La mia mente però ormai cavalcava scenari di noi due avvinghiati uno all’altro, fino a diventare una cosa sola.
Non mi mossi.
Aspettai.
Edward si sollevò,  mettendosi seduto.
Attirò la mia mano verso di sé,  invitandomi a fare altrettanto.
- Vieni qui, siediti davanti a me. –
I suoi occhi sembrarono illuminarsi, come se le stelle avessero deciso di abitarvi dentro.
Sembrava aver preso una decisione a lungo sofferta, ma non m’illusi.
- Ho voglia di sentirti. Di sentire me stesso. Ho voglia di te Isabella. –
Mi sollevai obbediente sulle ginocchia, non riuscendo a credere alle sue parole.
Non aveva senso…dopo quello che mi aveva detto la sera prima.
Nonostante mi sforzassi di restare calma, l’illusione che avesse cambiato idea prendeva forma nella mia mente…eccitando i miei sensi.
Mi afferrò i fianchi, invitandomi a pormi di fronte a lui.
Sollevai una gamba e in attimo ebbi il suo volto stretto al petto.
Accarezzai i capelli di miele,  sentendo crescere il calore del suo fiato sul mio seno.
Era una sensazione bellissima.
La prima vera gioia dopo tanto tempo.
Il cuore rispondeva al richiamo accelerando la sua corsa, mentre le sue dita sfioravano i bordi della mia canotta.
Quando toccò la mia pelle fui scossa da un brivido che eccitandomi increspò il mio seno rendendo visibile il mio tormento.
Edward se ne accorse e sollevò lo sguardo per incrociare il mio.
Trattenni il fiato.
Dio… come lo desideravo.
Le sue grandi mani instancabili, sembravano coprire ogni curva del mio corpo in una carezza senza pause, che mi mandò in estasi.
Leggere…delicate, piene d’amore.
Dolcemente ruotò l’indice sfiorandomi l’evidente eccitazione che sporgeva sotto la sottile stoffa.
Gemetti…ma non cedetti al desiderio di toccarlo a mia volta.
Sapevo quanto gli costasse mettersi alla prova.
Ma Edward sapeva anche quanto costasse a me non riprendermi ogni cosa di lui…e tutto in una volta.
Erano lontani i giorni in cui potevo essere quell’Isabella disinibita che aveva conosciuto un tempo, ma qualcosa stava cambiando.
Saremmo potuti essere ancora quelli che eravamo …o forse anche qualcosa di migliore…di rinnovato.
Le mani ai fianchi mi guidò sopra di lui e appoggiandomi al suo bacino sentii che anche lui reagiva.
Non era l’uomo finito che credeva di essere, il suo corpo era vivo e io potevo sentirlo sotto quella sottile stoffa che ci separava.
Forse non con la potenza di un tempo, ma se la mia vicinanza ancora sortiva quell’effetto al primo contatto…cosa sarebbe potuto succedere col tempo?
Cominciai spontaneamente a muovermi su di lui, ma Edward si ritrasse..
- Non farlo…Ti prego! ..No… –
Abbassò la testa..l’aria sconfitta.
Non era pronto.
Scivolai sedendomi tra le sue gambe aperte, rimanendo ferma e decisa a non lasciarlo rinunciare.
Intrecciati l’uno all’altra, il suo sguardo non aveva scampo.
Era costretto a guardarmi…ad ascoltarmi.
Sollevai quello splendido viso, raccogliendolo dolcemente lo accarezzai, finchè decise di guardarmi di nuovo.
Era addolorato.
Anche nella penombra lo potevo percepire.
Come se avesse fallito, deludendo le mie aspettative.
Questo era il suo timore più grande…lo comprendevo.
Gli sorrisi con tutta la dolcezza di cui fui capace.
Le lunghe ciglia si abbassarono lente per poi risollevarsi.
Come amavo ogni dettaglio di lui.
I suoi occhi chiari splendevano anche nella penombra.
Se gli occhi erano lo specchi dell’anima, la sua era pure luce.
Quell’espressione afflitta mi sciolse e avvicinandomi lentamente lo baciai.
E tutto il resto scomparve.
Solo noi due….e la musica dei nostri respiri che si rincorrevano cercandosi.
Il calore del fiato lento che usciva come un sospiro…accarezzando ogni lembo di pelle che improvvisamente sembrava non appartenermi più…
Solo Edward
Solo noi…
Solo i nostri corpi intrecciati.
Luce, calore e sapore, sciolti insieme in quel bacio intenso,  profondo…nel quale mi trovai quasi ad annegare…
Desiderando morirvi dentro,  per non tornare più indietro…
perchè tutto rimanesse fermo …intatto..
L’amore senza confini, ne limiti da superare…puro.
Il mio mondo racchiuso in quell’istante di paradiso….in quelle mani che mi cercavano senza mai stancarsi.
- Edward…-
Il cuore nel petto sembrava volesse uscire e partecipare anch’esso a quel magico incantesimo.
- Oh amore mio…- Mi strinse più forte e mi abbandonai a lui.
Lentamente ci spogliammo uno con l’altro, senza smettere mai di baciarci e accarezzarci.
Vestiti della nostra pelle, facemmo l’amore in modo nuovo…differente, più intenso di quello che avessi mai provato.
Non lo rimisi alla prova cercando di fare sesso.
Quello che lui sapeva darmi andava oltre e a pochi era dato di provarlo.
Quella notte mi lasciai travolgere da emozioni nuove e sconosciute…e mi innamorai nuovamente di Edward…se di più era possibile.
Scivolammo nel sonno abbracciati.
Al mattino…aprendo gli occhi, ritrovai le sue gambe attorcigliate alle mie…come sempre accadeva quando dormivamo insieme.
Mi abbandonai su di lui felice abbracciandolo e baciandolo.
In quell’attimo, la porta si aprì di colpo, sorprendendoci…e sulla soglia apparvero quei due odiati e gelidi pezzi di cielo …fissi su di noi.
Rose era immobile. Ammutolita.
Edward non disse nulla.
Sollevai le lenzuola sopra di noi escludendola.
Il rumore della porta che si chiudeva mi fece trasalire.
Avevo vinto.
Edward era mio.


mercoledì 11 aprile 2012

Capitolo 21


Capitolo 21 - Edward




L’ultima immagine che al risveglio  sbiadì dietro le palpebre ancora chiuse fu Isabella,  mentre il dolce profumo di noi mi riportava alla realtà.
Riconobbi il suo corpo accanto al mio ancor prima di vederla…e faticai a credere che quel confortante tepore che aveva  riscaldato la nostra prima notte insieme…nascesse da lei.
Sollevai la mano cercando il suo viso, le afferrai delicatamente il naso tra le dita, accertandomi che quei lineamenti le appartenessero.
La sua risata soffocata mi  diede la conferma e sollevando le palpebre la vidi.
Niente mi era mai sembrato più bello e appagante…niente.
- Ciao. – Sembrava sveglia da un po’, la voce sicura.
- Mmhh…ciao. – Mugolai sorridendo.
Il fianco mi doleva e il braccio col quale l’avevo tenuta stretta tutta la notte era indolenzito.
Le gambe erano un’appendice muta che non potevo gestire.
Ascoltai il mio corpo, sperando forse che improvvisamente qualche miracoloso prodigio mi avesse restituito la mia autonomia…che tutto si fosse sistemato, ma purtroppo non era così.
Cercai di girarmi, soffocando una smorfia di sofferenza.
Piccole fitte dolorose giocavano a distrarmi da lei.
- Va tutto bene Edward ? Ti fa male da qualche parte? –
Subito si mise a sedere e apprensiva mi accarezzava non sapendo bene dove, cercando di darmi sollievo. Il suo tocco era gentile, delicato..quasi temesse di farmi del male lei stessa.
Mi aiutò a mettermi seduto, accompagnando le mie gambe in posizione.
Isabella non si era mai occupata di me, non aveva la minima idea di cosa fare, ma mi bastò l’amore dei suoi gesti per sentirmi un po’ meglio.
Lei era il mio benessere.
Tutto ciò che mi mancava.
- Sono un po’ indolenzito, ma non è niente…Non sono più abituato a dormire abbracciato alla mia splendida moglie. –
Le bisbigliai tendendo le labbra per un bacio.
Appoggiò la mano sul mio viso e accarezzandolo mi accontentò.
Piccoli teneri bacetti del buongiorno.
Li accolsi grato.
Mi dispiace amore mio…io…- La interruppi.
- Dillo ancora…- Le sussurrai.
- Che cosa… che mi dispiace? Lo sai che io…- Le tappai la bocca con un altro bacio.
- No! Quello che hai detto dopo. Come mi hai chiamato?- Pasticciavo le parole sulla sua pelle, senza riuscire a staccarmene.
Delicata e morbida più di quanto mi sembrasse di ricordare.
- Amore mio?- Sorrise illuminandosi.
La dentatura perfetta, nascosta tra quelle labbra dal colore roseo.
- Si..- La sfiorai baciandola- Proprio quello. Dillo ancora…ti prego.-
Ridacchiò costringendomi a ricadere con la schiena sui morbidi cuscini di piuma.
- Amore mio…amore mio…amore mio…-
 Le sue parole sussurrate mi accarezzavano benefiche , mentre il mondo mi appariva ogni istante migliore.
Sospirai…
- Tu non sai quale cura sia per me averti così vicina. –
L’afferrai stringendola al petto, mentre quel senso di benessere si propagava in ogni fibra del mio corpo.
- Mi sei mancata tanto tesoro. – Chiusi gli occhi godendo del momento.
- Sei mancato da morire anche a me Edward. Non sai quanto. Ho quasi creduto che questo momento non sarebbe arrivato mai…e che il tuo rifiuto sarebbe durato per sempre.–
L’ombra malevola di ricordi recenti fece breccia in quell’atmosfera di serenità, cercando invano di ricondurmi in quell’abisso infernale che mi aveva tolto ogni facoltà nei mesi passati.
Tutto sarebbe cambiato adesso.
Ogni cosa avrebbe assunto il suo ruolo originario.
I ricordi erano una lama a doppio taglio. Sapevano sorprenderti regalandoti emozioni bellissime ed immagini che dimenticare sarebbe stato un sacrilegio, ma al tempo stesso facevano rivivere sensazioni fortemente disturbanti, che logoravano lentamente anche il presente, se non si era in grado di contenerle.
Godere dell’una significava dover sopportare anche l’altra…in un’altalena di emozioni contrastanti dalle quali non ci si poteva sottrarre.
Consapevole di questo riposi in un angolo buio della memoria quella parte di amaro ricordo, stringendo forte attorno ad esso le corde della ragione, per tenerlo segregato in luogo sicuro… il più a lungo possibile.
La mia Isabella era tra le mie braccia…solo questo contava ora.
Sorrisi alla mia scelta e mi sentii pronto ad agire…libero.
Tentai  di risollevarmi, ma mi accorsi di non farcela.
Le energie sembravano via via diminuire anziché rianimarsi.
Il dolore alla schiena si ampliava sempre più  invece di risolversi.
 Finsi di stare bene, sentendo però il bisogno dei miei massaggi quotidiani.
- Dammi una mano ti prego, devo assolutamente guardarmi allo specchio per vedere la mia faccia, mi accompagni tu?-
- Certo, aspetta, avvicino la sedia. –
Faticai più del solito a rimettermi in posizione, ma una volta al mio posto
sembrò tutto più facile.
Lasciai che fosse lei a spingermi fino al bagno e una volta lì rimasi a guardare la nostra immagine riflessa sul grande specchio alla parete.
Mi fece male ciò che vidi…lei splendida, mentre io…
Non diedi ad intendere nulla di ciò che provavo e scherzai invece sulla mia barba lunga di quasi quattro giorni. Cresceva in fretta ed era una vera seccatura doverla tenere sempre in ordine.
Avevo due aloni scuri sotto agli occhi e i capelli sembravano vittime di una bufera in mare aperto.
Mi sentivo stanco e non ne capivo la ragione.
- Preferisci che ti lasci solo a fare le tue cose? Mi piacerebbe aiutarti…anche se non so da che parte cominciare. –
- Ci dovrai fare l’abitudine. Quando saremo soli al lago avrò senza dubbio bisogno di te. –
Le sorrisi fiducioso…aspettandomi entusiasmo, lei invece rimase sorpresa.
- Cosa intendi quando dici “ al lago”? –
 Ricordai di non avere avuto modo di spiegarle nei dettagli quella che sarebbe stata la nostra meta. Era stato forse un errore confidare nel fatto che non le sarebbe importato?
Fui colto dall’ansia.
- Volevo fosse una sorpresa, ma visto che ormai è deciso…te lo dirò. –
Non era la verità. Quelle parole suonavano false anche alle mie orecchie.
Non c’era nessuna sorpresa per lei, la sorpresa era stata mia di fronte alla sua reazione.
Mille pensieri velati di nero cominciarono a vorticarmi in testa, fragili come cristalli evitavano a fatica di scontrarsi tra loro.
Forse avevo sbagliato…non avevo capito….agito troppo in fretta.
Frantumai quei tre pensieri frustando l’aria con la ragione.
Schiarii la voce e cercai di non tradirmi.
- Jasper ha colto l’opportunità che un suo paziente gli ha offerto…accettando di prendere in affitto una casa sulle rive del lago Tahoe. Ha tutto ciò che serve per continuare le terapie e secondo il suo parere…sarebbe perfetto…per noi. –
Le ultime parole mi tremarono in bocca.
Non sapevo più cosa pensare.
Improvvisamente la cosa mi parve impossibile da realizzare ed eccessiva.
Era assurdo pensare che mollasse tutto per venire via con me.
Noi due soli…ma chi volevo prendere in giro.
Il sorriso stirato che riuscii a mostrare non aiutò di certo a farmi sentire meglio.
Isabella mi guardava dallo specchio.
In piedi , dietro di me…taceva.
Trattenni il respiro fissando gli occhi dentro ai suoi.
Furono in realtà pochi istanti, ma il fragore dei pensieri luttuosi che si scontravano esplodendo in mille pezzi nella mia testa mi torturava senza sosta.
Mi mise le braccia intorno al collo e stringendo la guancia contro la mia mi sussurrò le sole parole che volevo sentire.
- Sarà meraviglioso Edward…non vedo l’ora di partire. Pensavo che la tua fosse solo un’idea e invece hai deciso veramente di uscire di qui e di portarmi con te. Oddio tesoro sono così felice…-
- E’ la verita? Pensi veramente sia una buona idea?- Strinsi le braccia che mi circondavano e Isabella cominciò a piangere.
- Edward io ti amo….tutto ciò che voglio…sei tu. -
Tirai un sospiro di sollievo, spazzando dalla mente  i cocci delle mie futili paure. La luce della ragione li fece brillare, segnando, come un sentiero, la giusta via da seguire.
L’avrei avuta al mio fianco…quello era tutto quello che c’era da sapere…e me lo feci bastare.
Allungai la mano attirandola tra le mie braccia.
Si sedette sulle mia ginocchia e fummo di nuovo una cosa sola.
- Tu mi farai morire. – Le dissi mordendole le labbra.
- Temevo rifiutassi….sai…il lavoro e il resto. –
Borbottavamo abbracciati, coccolandoci e baciandoci come due adolescenti.
- Non credo che ci saranno problemi se mi prendo una pausa da lavoro. Le udienze preliminari per il processo di cui ti parlavo ieri sono state fissate dal Giudice Norton per la fine di Agosto…quindi se mi concederai qualche ora ogni tanto per studiarmi le mie scartoffie…tutto il resto del tempo sarò tua.-
- Mia?- Giocavo a frugare sotto i vestiti…lei rideva. Era bellissima.
- Solo tua. -
Il suo esile corpo era leggero, ma dopo poco cominciai ad avvertire la fatica di doverlo sopportare sopra le gambe. Non era normale…o almeno non ricordavo di aver mai provato quel fastidio…o nulla di simile.
Si accorse del mio disagio e subito si rimise in piedi.
- Stai bene? Mi sembri sofferente. Vuoi che chiami Jasper? –
- No…davvero. Ho soltanto bisogno di un bagno caldo e di darmi una sistemata. Ho bisogno di te. –
Subito si prodigò riempiendo la vasca e preparando gli asciugamani caldi.
Mi spogliò e rimase accanto a me lavandomi e accarezzandomi per tutto il tempo.
Parlavamo di tante cose evitando però accuratamente il passato.
Molte ombre ancora trattenevano i nostri gesti e solo con molta pazienza e amore avremmo potuto dissolverle.
Riuscì a tirarmi fuori dalla vasca con grande fatica, anche perché non le ero stato di grande aiuto. Quella stanchezza, che prima accusavo appena, si stava intensificando, insieme al quel dolore latente che torturava ogni mio muscolo.
Quell’operazione richiese quasi tutta la mattinata e quando fui di nuovo sulla mia sedia, finalmente in ordine, mi accorsi, preoccupato, che Isabella era distrutta.
Con una molletta aveva raccolto i capelli umidi di sudore sopra la testa e si massaggiava la spalla dolorante. Si era lasciata cadere sui cuscini del divano sollevando la gamba tumefatta.
Forse pretendevamo troppo da noi stessi.
Forse non eravamo pronti per affrontare tutto da soli.
Una fitta di dolore mi trafisse lungo la muscolatura dimenticata delle gambe…tanto che fu la sorpresa più che il resto  a farmi sfuggire un lamento.
- Edward, hai qualcosa che non va. Smettila di far finta di niente. Non ti ho mai visto così. – Si rimise sedere davanti a me…il volto preoccupato.
- Non lo so…ho la sensazione che troppe emozioni mi abbiano sfinito. –
Cercai di ridere, ma un’altra fitta più forte mi colpì togliendomi il fiato.
La gamba destra tremò per qualche istante…e poi il nulla.
Rimasi a guardare a bocca aperta, non sapendo se gioire o preoccuparmi per quello cui avevo appena assistito.
Il telefono squillò spaventando entrambi e rispondendo, quasi sapesse quel che stava accadendo, la voce di Jasper mi venne in soccorso.
- Ciao mummia, come ti senti oggi? –
- Jasper sei tu…Non lo so come sto , non ci capisco più niente. –
Sollevai gli occhi su isabella che impallidiva ogni istante di più. Non potevo evitare di farle ascoltare la telefonata e non era nemmeno giusto che le nascondessi quello che stava succedendo. Presi fiato e continuai a parlare.
- Questa mattina mi sono svegliato stanco più del solito…e senza una ragione. – Mi interruppe.
- Hai fatto movimenti inusuali? Bisboccia con la tua dolce metà? Sarebbe normale essere stanchi…capita anche a me sai? Alice dice sempre che…–
- Smettila di fare l’idiota Jasper, sono preoccupato. Sento dolore alla muscolatura, mi prende all’improvviso come una stilettata. –
La voce di Jasper cambiò divenendo improvvisamente professionale.
- Quando è avvenuta di preciso la cosa?-
- Sinceramente non lo so….un po’ alla volta, questa mattina dopo il risveglio,  ma l’ultima è stata molto forte e la gamba destra ha reagito vibrando senza controllo. Che cazzo succede Jass?…Fino a ieri stavo benissimo.-
- Succede che stai guarendo. Non crederai che sia cosa facile per il tuo organismo riprendere la sua normale attività, sognatelo…non sarà una passeggiata. –
- Ma di che parli Jass, ti prego finiscila di dire stronzate e dimmi esattamente quello che mi devo aspettare. Odio quando parli per enigmi…è la mia vita quella di cui stiamo parlando, vedi di essere chiaro…sono stanco di sentirmi preso per il culo. –
- Datti una calmata e stai sereno. Quello che ti è accaduto oggi è un ottimo segno, vuol dire che siamo sulla strada giusta. Le avvisaglie dei giorni scorsi…quei movimenti improvvisi delle tue gambe, non sono altro che il preludio alla tua guarigione. Quel dolore che senti è il muscolo che riprende a lavorare. Sebbene tu abbia fatto mesi di terapie, non hai mai realmente collaborato come si deve. Ne ho parlato con Rosalie anche ieri e so quanto sia quasi esclusivamente merito suo il fatto che tu ora possa riavere le tue gambe. Le devi molto Edward.–
- Tu hai parlato con Rose? Perché non me l’avete detto? –
Guardai verso Isabella…subito abbassò gli occhi.
- Ieri eri su di giri, non volevo rovinarti la festa dicendoti che stavo progettando per te molto più di una gitarella al lago. –
- Ma cosa stai dicendo?...Porca puttana mi vuoi dire che sta succedendo?-
- Te lo dirò domani. Quando Rose verrà da te vi raggiungerò e ti chiarirò quello che ho in mente. Abbi fede fratello…Sono il meglio sulla piazza. Se farai esattamente quello che ti dirò …ti prometto che alla fine dell’estate camminerai. –
Ero scosso e frastornato. Non sapevo se essere felice per le parole di Jasper o incazzarmi con lui per il suo modo sempre “originale” di mettermi di fronte alle cose. Su un fatto gli davo ragione. Lui era il miglior medico che potessi trovare nell’intero paese...e il suo giudizio era inappellabile.
Sbuffai contrariato dai pensieri contrastanti che mi balenavano in testa..poi mi arresi all’evidenza…non avevo alternative, mi dovevo affidare a lui.
- D’accordo. Mi fido di te. Ma preferirei essere messo al corrente di quel che mi riguarda se non ti dispiace. Mi devi molte spiegazioni …e…-
- A domani Edward. Passa una buona domenica. – Mi liquidò.
- ..Ok…a domani. – E rimasi ad ascoltare il click di fine chiamata.
Isabella aveva l’aria smarrita.
Immaginava forse ciò che Jasper aveva detto all’altro capo del telefono, ma non chiese nulla.
Rimase silenziosa, in attesa.
Raccolsi l’aria intorno a noi,  satura di tensione e la trasformai in un sospiro liberatorio.
- Sembra che questo dolore sia positivo…un segno di guarigione. Sono i muscoli che si fanno sentire, dopo un lungo sonno. –
Cercai di sorridere per contagiare le sue labbra a rispondermi, ma il suo cenno durò un istante per poi svanire.
Voleva sapere di più.
Voleva sapere tutto.
Conoscevo quanto fosse ostinato e opprimente il suo silenzio.
Funzionava come leva sulla mia volontà, molto più di una richiesta insistente.
- Ok…te lo dirò. – continuai paziente.
- Jasper è convinto che facendo tutto ciò che mi ordinerà di fare, a fine stagione potrò tornare a camminare sulle mie gambe. –
Sembrava ascoltare, ma evidentemente non era quello…che voleva sentire.
- Che altro vuoi sapere? Non sei contenta?- Misi dolcezza nelle mie parole, ma sembrò non accorgersene affatto.
- Che cosa c’entra Rose in tutto questo?- La sua voce tagliente mi ferì.
- Domani Jasper me lo dirà. Rose domattina verrà qui e lui ci raggiungerà per darmi le risposte che cerchi. Non ha voluto darmi dettagli. –
Tenevo gli occhi su di lei, sentendomi giudicato di colpe che non mi sentivo di avere. Rose era un’amica e le dovevo molto. Se non fosse stato per la sua costanza e pazienza non sarei arrivato al punto in cui mi trovavo ora, con la possibilità di riprendermi la mia vita.
Mi sentii in dovere di proteggerla, Isabella doveva imparare a fidarsi di me.
- Non ti devi preoccupare di Rose. E’ una brava ragazza e le devo molto.-
- Lo so. Ma so anche che molto di quello che hai avuto da lei avrei potuto dartelo io…se soltanto me lo avessi permesso. – Il tono era dimesso, ma velato da un nervosismo palpabile che le deformava le labbra in un broncio che trovavo irresistibile. Anche il quel momento…pensai alle sue labbra sulle mie e quell’immagine addolcì la mia voce.
- Perché non la smettiamo di sprecare il nostro tempo con quello che è stato e proviamo invece a pensare al futuro. Non c’e’ nulla che io voglia ricordare di questi mesi. Sono stati un inferno per tutti e due e farci del male l’un l’altro tirandoli fuori ogni volta, non è certo il modo migliore per andare avanti.
Ebbe un attimo di esitazione, ma alla fine sembrò darmi ragione…e si avvicinò. Nei suoi occhi una tregua..nei miei il desiderio di vederla sorridere ancora.
Quando abbracciandomi il suo bacio si fece più intenso…dimenticai tutto il resto…
La giornata…era solo nostra.