domenica 25 marzo 2012

Capitolo 19


Capitolo 19 – Edward



Calato il silenzio la casa sembrava diventata più grande, come se l’eco delle risate di quella sorprendente giornata risuonassero lontane…ovattate…e una volta disperse nell’aria fossero state dimenticate. La presenza di Jasper ed Alice aveva riportato tra noi una complicità che avevamo perduta. Quegli sguardi dolcissimi e curiosi che avevo incrociato… guardando Isabella muoversi nello spazio intorno a me…  e sorridere… regalando agli ospiti quel paradiso…mi avevano fatto sentire bene….e ne volevo ancora.
Risentire la melodia della sua risata…potermi perdere dentro i suoi  occhi, mi sembrava il più grande dono mi potesse essere fatto.
La paura che l’essere soli in casa ci riportasse al tetro paesaggio vissuto prima di questo momento felice, mi inquietava, ma la mia volontà premeva….affinchè tutto quello che avevamo conquistato in poche ore non andasse perduto.
Più volte nell’arco di quelle poche ore Isabella mi era passata a fianco sfiorandomi appena. La scusa di versare del vino o di alzarsi dalla sedia per prendere qualcosa, l’aveva spinta ad avvicinarsi…e ogni volta l’emozione di quel lieve tocco mi portava a sospirare…a desiderare…a cercare…a volerne ancora….e ancora.
L’avevo sentita soffermarsi alle mie spalle e scorrere le piccole dita tra i  miei capelli, accarezzandomi leggera… impercettibile…come fosse il gesto più naturale del mondo.
Si era poi chinata per bisbigliarmi all’orecchio…e a quel punto…non avevo capito più niente.  Avevo faticato a continuare a respirare e Jasper se n’era accorto…evitandomi però una delle sue solite battute idiote.
Non avevo pensato un solo attimo al fatto di non essere più l’uomo che ero stato un tempo.
Lo consideravo un notevole passo avanti…una conquista.
L’allegria data dal vino e la spensieratezza di mio fratello e di Alice, avevano allontanato tutti i brutti pensieri…ed ero stato bene…con l’animo leggero.
Compresi quale grosso sbaglio fosse stato allontanare tutti quanti dalla mia vita, convinto fosse l’unica alternativa possibile per me, la sola  rimastami dopo l’incidente.
Rintanato nella mia solitudine non avrei mai trovato la serenità che tanto disperatamente stavo cercando.
Avevo sbagliato tutto.
Jasper mi voleva bene, me ne aveva sempre voluto, anche quando in passato gli avevo urlato in faccia il più disperato disprezzo… il cui unico scopo era stato quello di scaricare su di lui le mie più profonde frustrazioni.
Non aveva mai mollato…mai.
Incassava con disinvoltura.
Era solido come la roccia. Incrollabile.
Ora, come sempre, mi mostrava la sola via possibile alla soluzione dei miei problemi, lasciando a me facoltà di decidere se approfittare o meno dell’opportunità che mi veniva offerta..
Volevo dargli fiducia…lo meritava.
Sarei andato in quella casa al Lago Tahoe.
Avrei tentato la rinascita.
Dentro me lo avevo già deciso, ma volevo che Isabella mi stesse vicina.
Versai nella sottile boule di cristallo  l’ultima goccia di Château La Lagune del 1975, un pregiato vino rosso francese regalo di mio padre…e lasciai che quel nettare scivolasse in gola, assaporandone l’aroma fruttato.
Apprensivo… mi ritrovai poi a deglutire a vuoto.
Quel silenzio mi spaventava…ma dovevo parlarle ….trovare il coraggio di farlo.
Fu lei a togliermi dall’imbarazzo, mentre appoggiavo il bicchiere vuoto.
-      Che giornata splendida. Sono stata benissimo. Non ricordavo che Alice fosse così…esplosiva... non mi ero resa conto di quanto mi mancasse. –
Sorrideva, ma gli occhi rimanevano evasivi e timidi.
-      Sinceramente non lo ricordavo nemmeno io. E’ molto carina davvero. Il pranzo era delizioso. Non mangiavo così tanto da… un’eternità. –
-      Si …anch’io. Ha superato se stessa…–
Sospirò, mentre le sue mani cercavano invano di lisciare la gonna dell’abito leggero che aveva indossato.
Quell’azzurro pastello le donava molto, esaltando la sua pelle perfetta …levigata… Aveva tolto lo smalto dalle unghie…e così…al naturale …le sue mani apparivano quelle di una bambina.
Non aveva trucco e i capelli erano raccolti in una coda stretta che metteva in evidenza i suoi grandi occhi scuri.
Brillavano profondi e limpidi,  come le acque dell’oceano al tramonto.
Sotto alla manica arrotolata scorsi i primi chiari segni della caduta della sera precedente. Macchie scure e violacee segnavano il punto esatto in cui aveva urtato il pavimento…e nel corso della giornata l’avevo osservata spesso massaggiarsi per lenire il dolore.
Mi sentivo responsabile, ma non volli pensarci troppo.
Ero felice…e mi costrinsi a non pensare ad altro che a quello.
Scorrevo gli occhi accarezzando ogni tratto del suo esile corpo… amando di lei ogni lembo di pelle  nascosta… per me ancora inaccessibile.
Quanto la desideravo…
Volevo riavere la mia vita.
La nostra vita.
Ad ogni costo…per entrambi.
Ne avevo bisogno.
Ne sarei stato capace?
Non avevo più pensato a quel che era accaduto la sera prima…e per ora non volevo farlo.
I suoi sorrisi…mi portavano a dimenticare tutto.
La sua pelle candida.
Quelle labbra pizzicate nervosamente tra i denti bianchissimi.
Immaginai sotto quel tessuto leggero una lingerie bianca in pizzo…la pelle vellutata.
Così semplice…pulita…mi ricordava il motivo per cui, molto tempo prima, mi ero così perdutamente innamorato di lei.
Colsi l’attimo…e continuai a parlare…a tenere il contatto.
-      Ti va di bere qualcosa di veramente unico… con me? Vorrei farti assaggiare un vino davvero speciale, imbottigliato nelle cantine di mio padre. Le uve sono di un vigneto che fu piantato lo stesso anno in cui nacqui io…e forse per questo motivo ci sono più affezionato che ad altri. Vuoi?–
Mi osservava le mani, mentre come al solito gesticolavo disegnando le mie stesse parole….e involontariamente le fermai poggiandole in grembo e incrociando le dita.
Non riuscivo a staccare gli occhi da Isabella…e se pur titubante… mi accorsi che per lei ero lo stesso. Ci cercavamo…comunicando a gesti le nostre emozioni più intime…senza poter fare altro che lasciare che i nostri corpi rispondessero spontaneamente…a quell’ incontrollabile richiamo.
Si era stesa sul divano con le gambe raccolte di lato e il fianco adagiato sui cuscini. Inclinò la testa appoggiandola al palmo della mano aperta…il movimento del gomito sepolto tra i soffici cuscini fece volare in aria qualche piuma che lentamente si riposò su di lei.
 Sorrise afferrandone una prima che le cadesse in grembo…e scherzando la soffiò verso di me.
Osservai rapito le sue labbra incurvarsi  e protendersi verso la sua mano tesa…le guance gonfiarsi appena….seguendo poi il lento volo di quel simbolo di leggerezza…mentre cadeva a terra volteggiando…confondendosi al soffice tappeto candido.
-      Certo che mi va Edward. Tutto ciò che vuoi, ma dopo ti siedi qui con me, accendiamo il camino….e parliamo un po’. –
Era serena…apparentemente calma.
Era quello che volevo anch’io, ma l’immagine di noi due vicini cominciò ad agitarmi.
Tutto ciò che fui in grado di rispondere fu… – Ok! –
Mi diressi verso la cantina e trovai facilmente la bottiglia che cercavo.
Mi sembrava di non aver fatto altro che quel tragitto in tutta la giornata...vino vino vino...la mia via di fuga....
Coperta di polvere, in quell’angolo buio…rappresentava bene lo spettro di me stesso.
Presi un panno e ne lucidai il vetro spesso… fino a riflettermi.
Guardai i contorni distorti del mio viso…cercando, nella profondità di quegli occhi indistinti, la conferma di fare la cosa giusta.
Non ebbi risposta…ma non mi persi d’animo.
Dopo un lungo e sofferto sospiro  strinsi la bottiglia tra le gambe e tornai fiducioso nel salone.
Isabella era intenta a sistemare la legna sul camino.
Non zoppicava più così vistosamente e, sebbene stesse molto attenta, anche il braccio sembrava farle meno male.
Con pochi tocchi un po’ maldestri aveva reso il fuoco vivace e scoppiettante…regalando all’ambiente un intenso profumo di bosco estivo…e di cenere.
Si sollevò guardando con soddisfazione le fiamme farsi sempre più vive.
-      Hai fatto un ottimo lavoro…il fuoco è l’ideale per dare corpo al vino che ti ho portato. – Le sorrisi strizzandole l’occhio.
-      Grazie! Non credevo di esserne capace. Ho sempre guardato te farlo, ma non avevo mai provato ….E’ divertente! –
-      Si, è vero. Creare il fuoco è sempre emozionante. Ti fa sentire….potente no? – Annuì, arricciando il naso nel suo modo buffo.
L’avrei baciata all’istante, ma mi trattenni.
Cominciai ad armeggiare sulla bottiglia, fino a liberarla dal tappo.
Annusai quella parte di sughero rimasta intinta nel vino verificando fosse intatta…piccoli gesti abituali che compivo come un rito del quale non mi rendevo nemmeno più conto.
Colsi lo sguardo attento di Isabella che seguiva ogni movimento quasi in contemplazione.
Mi lasciai accarezzare dai suoi occhi…godendo delle sue attenzioni…e animando la mia speranza.
Le mie paure svanivano pian piano…esalando… come i vapori dell’alcol racchiuso in quella preziosa bottiglia.
Isabella …e me…ancora insieme.
Versai il liquido scarlatto nel decanter e lo lasciai riposare non lontano dal camino.
Ascoltai il battito del mio cuore che inseguiva il rapido flusso del mio sangue …ero vivo.
Ero suo.
Com’era difficile avvicinarsi…ritrovare quell’intimità così unica.
Vacillai ancora…trovando altre scuse per temporeggiare.
Mi avvicinai all’impianto stereo e scelsi una sequenza di musiche tranquille dall’I-Pod… erano le musiche che amava ascoltare quando stavamo insieme.
Le avevo raccolte in una playlist…e le ascoltavo quando mi ritrovavo a pensare a lei, nelle lunghe ore di solitudine.



Le note si sciolsero nell’aria evanescenti…sospinte ad aleggiare tra le pareti da piccole casse che avevo fatto installare ovunque, pochi mesi prima che tutto il mio mondo crollasse. Un suono limpido e perfetto, che rendeva le note…purissime.
L’amore per la musica era condiviso da entrambi e ci piaceva rimanere stretti…il più delle volte nudi…avvolti solo dalle melodie …o da una voce calda più di una coperta…ad amarci, finchè nel silenzio che ne seguiva tornavamo a posare i piedi sulla Terra.
Sarebbe successo ancora?
Chiusi gli occhi un istante…e ritrovando il coraggio, mi voltai a guardarla.
Gli angoli delle sue labbra si sollevarono non appena posai gli occhi su di lei…e con eleganza innata diede piccoli colpi alla seduta al suo fianco.
Mi avvicinai facendo scorrere le mani sulle ruote della sedia e quando le fui accanto ebbi un attimo di esitazione.
-      Vorrei averti qui con me. Mi vorresti fare questo regalo?-
Non risposi.
-      Ti prego! – Mi supplicò dolcemente.
Annuii.
Mi avvicinai e facendo leva sulle braccia mi lasciai cadere sui cuscini del grande divano bianco.
Le gambe seguirono obbedienti il movimento, facendo apparire quasi normale la posizione in cui mi ritrovai.
Strusciai agitato le mani sudate sul tessuto dei pantaloni e voltandomi verso di lei sorrisi imbarazzato ed emozionato.
Era bellissima.
Come potevo sentirmi così idiota?
Eppure non riuscivo a togliermi di dosso quella sensazione di paura…e di eccitazione insieme…che mi stritolavano lo stomaco distraendomi dal mio intento…Isabella.
Lei fece ruotare le proprie gambe, stendendole al lato opposto, in modo da potersi avvicinare e appoggiarsi a me.
Il tocco fu delicato, ma ciò che provai mi sconvolse.
Finsi non fosse accaduto nulla, ma il mio respiro mi tradiva…ed ero consapevole se ne fosse accorta.
Ignorai quel sorrisino buffo che vidi nascere sulla sua bocca schiusa, ma il mio corpo se ne fregava altamente dei messaggi che gli inviavo….e cominciai a sudare.
-      Di cosa… vogliamo parlare? – Balbettai.
 Cercai di sembrare disinvolto appoggiando le braccia sullo schienale del divano. Lei ne approfittò per avvicinarsi, sistemandosi sulla mia spalla.
Era vicinissima…tanto da assorbirne il respiro profumato.
Lasciai steso il braccio dietro Isabella e feci scorrere tra i capelli l’altra mano.
 Ero nervoso.
L’ansia e il desiderio di toccarla mi divoravano.
Gemetti e lasciai che prendesse lei l’iniziativa.
Dovevamo decidere di fidarci l’un l’altro…
Non era così semplice come speravo.
Mi feci forza e rimasi immobile…in attesa.
-      Edward… –
La sua voce appena udibile, mi entrò dentro… vibrando corde sepolte nei luoghi bui della Paura.

Maledetta Paura…

Passione e Desiderio si risvegliarono all’istante tenuti a freno dalla gelida mano di “colei” che mi impediva di agire.

Subdola…irriducibile…quell’insana ospite delle mie viscere, mi costringeva all’infermità…mi impediva di essere me stesso…mi teneva prigioniero.

Paura.

Isabella avvicinò la mano posandola delicatamente sul mio viso.
Un tocco impercettibile…una sofferenza inimmaginabile …
Chiusi gli occhi vivendo di sensazioni.
Combattute…intense.

Passione e Desiderio… sfidarono la malvagia carceriera …impossessandosi delle mie mani…aggrappandosi l’un l’altra per raggiungere la loro meta…Isabella.

Paura.

Lente… le sue dita disegnarono i contorni del mio profilo, soffermandosi a lungo sulle labbra, costringendomi a schiuderle.

Subito il soffio gelido dell’ansia le accarezzò dopo di lei.

Paura.

Aprii gli occhi e la vidi persa ad osservare ogni più piccola parte della superficie del mio viso.
Alzò lo sguardo …implorando un mio cenno…la conferma di poterlo fare.
Dalla mia bocca uscì un lamento sofferto…

Un alito di nebbia candida e gelata lo soffocò.

Paura.

Non avevo la forza di impedirglielo…nè la volontà.
Tutto quel che desideravo era Isabella…soltanto lei.

Combattere…Desiderare…ritrovarmi in lei.

Paura.

Lesse quel che cercava e in attimo la sua bocca cercò la mia.
L’avvolsi tra le braccia stringendola…  e quel che rimaneva di noi riprese vita…vigore…energia.
Sulla sua lingua calda ritrovai un mare di amore intatto …

Vi immersi la mia Paura …cercando di soffocarla.
Era tenace…insistente…
Per un attimo tacque…e credetti di essermene liberato.
Fu un sollievo immane.
Un peso tolto dal cuore…

Paura.

La musica e il calore del corpo di lei diventarono tutto il mio mondo.
Respirai quella gioia scorrendo le labbra sulla sua pelle.
Ripetendo all’infinito il suo nome.
Isabella…Isabella, Isabella….
Come una sorta di litania benefica, liberava la mia anima dalle pesanti catene che la costringevano a strisciare nel fango…
Isabella ricambiava offrendosi completamente…arrendendosi ad ogni mia richiesta, lasciando che attingessi da quell’amplesso di sensazioni la forza per tornare me stesso.
Subiva le mie carezze…i miei baci, mentre le sue mani mi tiravano a sé, aggrappandosi ferma ai miei capelli.
Passarono minuti…uno dopo l’altro, come gocce di memorie lontane…che riaffiorano sulla superficie del mare dei ricordi.
Le musiche ci riportavano a luoghi e tempi passati…felici…assolati…colorati.
Ventagli di promesse ancora da mantenere…istantanee di una normalità che ora appariva irraggiungibile.
Quel che sentivo …lei lo viveva.
Quel che soffrivo…lei lo curava.
Quel che volevo…lei lo sapeva.
Ogni tassello… bacio dopo bacio, carezza dopo carezza …si riassestava nel disegno originario …e nel cielo opalescente di quello splendido panorama…il Sole tornò a brillare.
Avevo vinto?
Ero libero?
Per un attimo vi credetti….poi le nubi dell’incertezza tornarono a porre ombre in quel paradiso ritrovato…
Bastò un solo gesto….e l’armonia ebbe un cedimento.
La mano di Isabella cominciò ad accarezzare in modo febbrile l’interno della mia camicia….a sbottonare….a stringere.
Assistevo alla trasformazione del mio angelo…in demonio.
Conoscevo quel respiro veloce….
quelle labbra piegate in una smorfia di sensualità e desiderio.
Quei gesti più decisi e voluttuosi…
Voleva fare sesso.
Dio …quanto avrei voluto soddisfare lei e rendere ancora uomo me.
Come potevo esaudire il desiderio di una donna come lei?...come?
Il respiro  mi si ruppe e cominciai ad ansimare.
Rividi noi due l’ultima volta che eravamo stati insieme.
Scorrevo le immagini….una punizione dolcissima.
Era avvenuto la notte prima dell’incidente.
Avevo finalmente trovato la casa sulla spiaggia…affacciata sull’oceano …che avevamo sempre sognato e quella sera volevo festeggiare con lei la novità.
Candele accese in tutta la casa…come piaceva a lei.
Musica altissima…coinvolgente …sensuale.
Niente altro che la nostra pelle a vestire i nostri corpi…
Ogni angolo della casa andava bene…purchè non fosse il letto.
Avevamo fatto l’amore per ore…in tutti i modo possibili, fino a non sentire più le gambe e le braccia….e nemmeno il resto del corpo.
Fino a divenire una cosa sola…
Sfiniti…soddisfatti e felici ci eravamo addormentati sullo stesso divano dove ci trovavamo ora.
Con la differenza che adesso…non sentivo le mie gambe nemmeno prima …di fare l’amore con lei.
Fare l’amore con Isabella….l’amore…non solo sesso…

Paura.

Reso improvvisamente lucido da quella realtà così schiacciante…mi ritrassi.
Cercai di fermarla dolcemente, ma quell’indegna carogna che abitava dentro me...non era d’accordo. Voleva la cacciassi, ma domai quell’istinto che non mi apparteneva e rimasi padrone di me stesso.

Ragione.

Quando la mano di Isabella si insinuò nei pantaloni la fermai.
Non era quello che volevo…ma quello che dovevo fare.
Le afferrai dolcemente i polsi e portando le sue mani al petto la costrinsi a guardarmi.
-      Isabella ...No! -
Non capiva. Mi guardava affranta…colpevole.
Negli occhi la luce dell’eccitazione.
-      Scusami amore…ti prego..io…-
Tremava.
-      Shhhh…calmati, va tutto bene. -
Pensava la rifiutassi, ma non era così.
-      Non volevo…perdonami…- un sussurro sofferto.
Portò le dita davanti alla bocca e iniziò a piangere.
-      So cosa volevi tesoro…e lo voglio tanto anch’io, ma non così…non adesso. Non riuscirei a perdonarmi di non farcela. Ho bisogno di un po’ di pazienza …e di aiuto da parte tua, ma alla fine sarò quello che vuoi…e molto di più. Quello che conta è che siamo di nuovo insieme. –
La strinsi forte accarezzandole i capelli e cullandola dolcemente.
-      Ho bisogno di te amore mio…tu non sai quanto. Ho voluto chiudere gli occhi …allontanarti…ed è stato solo un disastro. –
Continuava a piangere in silenzio, stretta forte al mio petto, contro la pelle nuda. Sentivo le sue lacrime scendere calde su di me e bagnarmi.
Mi baciò….piccoli baci che assaporavano quei profumi di noi due insieme.
Calmi…delicati, furono per me un dolce tormento.
Lasciai che mi toccasse…che ritrovasse quel contatto che rendeva il nostro rapporto… unico…magico.
L’angelo era tornato in lei…
La mia Paura debellata…per il momento avevo vinto io.
Desiderio e Passione rimanevano in attesa…invidiosi più che mai che l’Amore avesse rubato loro la scena…
Era buffo immaginarli come personaggi visibili...ma per me abituato a creare nella fantasia storie e situazioni…era quasi naturale.
Avremmo provato a fare l’amore…lo volevo più di ogni altra cosa, ma soltanto quando mi fossi sentito pronto a farlo.
Non volevo deluderla…e in questo modo compromettere la mia guarigione e il ritorno a quella normalità che ci avrebbe permesso di ricominciare la nostra vita.
Non sarebbe servito,  né a lei, né a me.
Approfittai di quell’attimo di fragilità per confessarle i miei piani.
-      Ho pensato tanto a noi,  sai? A quanto vorrei dare una nuova possibilità ad entrambi di tornare ad essere quelli che eravamo…o anche meglio di così. –
Mi sentivo forte…capace.
Essere positivo segnava definitivamente il mio cambiamento.
Sollevai il suo viso e stringendole dolcemente il volto tra le mani la baciai.
Un bacio profondo, tenero….intenso….libero.
Sulle sue labbra umide di noi le sussurrai quello che desideravo da tempo.
-      Ti amo. – e la baciai ancora..
-      Ho bisogno di te….- non le diedi respiro.
-      Vieni via con me Isabella…- Morsi il suo labbro inferiore tirandolo e poi succhiandolo tra le mie.
-      Ti voglio con me via di qui…- Ansimava…soffrendo in silenzio il tormento di chi vive il suo sogno.
-      Solo io e te…solo io e te…- Lo ripetevo tra un bacio e l’altro…come una preghiera…come la richiesta di un disperato.
Si sollevò senza staccare le labbra dalle mie e si mise cavalcioni sopra di me.
Infilò le dita tra i miei capelli …dietro la nuca, accarezzandomi con le unghie e sollevando il mio viso verso di lei.
Sorrise tra le lacrime e appoggiò la fronte sulla mia.
Quello che le sue labbra dissero…bastò a cambiarmi la vita.
-      Si…si …si…si…Ti amo da morire Edward Cullen…-
Scoppiammo a ridere tra le lacrime…
Era solo l’inizio…
Abbracciati stretti dimenticammo i lunghi mesi di silenzi…
Le umiliazioni…
Il dolore….
Quell’attimo di eterno era solo nostro…e non poteva esserci negato…non più.
Passammo la serata coccolandoci…sorseggiando il mio vino gemello….e sgranocchiando i resti del pranzo di Alice davanti al caldo tepore del camino.
Il Sonno ci accolse …abbracciati stretti sul divano…mentre la Luna…bussando alla finestra…chiese lui il permesso di vegliare sui nostri sogni…



venerdì 2 marzo 2012

Capitolo 18


Capitolo 18 – Edward



Isabella…
Tutto ciò che la mia mente riusciva a vedere…era lei.
Parlavo e mi muovevo come se improvvisamente avessi dimenticato di essere seduto sopra ad una sedia a rotelle.
Quasi mi sembrava di sentire il suono dei miei passi mentre uscivo da quella stanza, risuonavano al ritmo dei movimenti sicuri di Jasper che si dirigeva nel salone camminando davanti a me.
 Sentivo il pavimento premere sotto la pianta del piede.
Una sensazione strana…palpabile.
Non riuscivo a togliermi dalla faccia quell’espressione di benessere, quell’emozione sotto pelle…quel calore allo stomaco…e mi sentivo vivo.
Sicuro adesso di avere un motivo per vivere…per esistere…per riprovarci.
Il solo pensiero di perderla mi aveva fatto impazzire…e non mi era importato più di niente.
Immaginarmi senza di lei già faceva male.
Sentire la sua voce pronunciare parole così definitive mi aveva distrutto.
Come se respirare fosse diventato inutile…insufficiente.
Vivere… ancora meno.
Avevo agito guidato dall’istinto di sopravvivenza.
Se non lo avessi fatto…la vita stessa non mi avrebbe perdonato.
Poi era stato facile.
Una volta appoggiate le mie labbra sulle sue tutto era cambiato.
Perché ero consapevole…lo avevo voluto...il mio corpo lo esigeva.
Avevo temuto disperatamente che mi rifiutasse e invece non l’aveva fatto.
Ero convinto che l’avrei persa comunque…ed invece era avvenuto il contrario.
Toccarla…guardarla…baciarla.
Tutto naturale…finalmente a casa.
Sentirla tremare…per me.
Sentirla piangere…per me…soltanto per me…perchè voleva me.
Libero di riassaporare la sua lingua…le sue dita…il suo sapore.
Oh come avrei voluto che nessuno mi avesse fermato.
Volevo di più...
La desideravo… tutta.
Non mi volevo privare di lei.
Non avevo più voglia di parlare…ero stanco di farlo.
Volevo solo sentirla…viverla.
Soltanto i nostri gesti potevano realmente dire quello che provavamo ancora l’uno per l’altra…e il mio corpo l’aveva subito riconosciuta …e cercata…e ascoltata.
Come soltanto due anime affini possono comprendere.
Non avevo più paura.
Il suo respiro era entrato dentro di me ed uscendone mi aveva lasciato pulito dai timori…e desideroso di riprendere tutto da dove lo avevamo lasciato…
Jasper si era accorto subito del cambiamento e sembrava perplesso.
Giunti nella grande sala eravamo stati accolti da Eleonor che preoccupata di aver agito in modo sbagliato, nel farli entrare, veniva a sincerarsi fosse tutto a posto.
Non dovevo avere il solito aspetto perchè continuava a fissarmi con gli occhi sbarrati, come se avessi scritto in faccia…”sono un altro”.
Cercai di riprendermi proponendo a Jasper qualcosa al quale non avrebbe saputo rifiutare.
-           Ti va un calice di Beringer Collection Fumè Blanc del 2006? –
Lo vidi illuminarsi.
 Lo conoscevo bene e sapevo esattamente cosa proporgli per deviare i suoi pensieri altrove.
-          Ottima scelta…E c’è da chiederlo? –
 Si sedette sul grande divano allargando gambe e braccia senza alcuna eleganza.
Chiesi alla domestica di andare a prenderlo spiegandole dettagliatamente dove trovarlo e lei obbedì.
Si allontanò lasciandoci soli.
-          C’è finalmente qualcosa da festeggiare fratello? –
Distrarlo non era servito a nulla.
Aveva fiutato l’inganno e come sempre ne approfittava per andare subito al sodo.
-          Dipende da cosa intendi. –
Rimanere sul vago era un’arte che con lui avevo affinato negli anni…in gioco reciproco. Lui ne era maestro.
-          Un motivo per festeggiare, al posto tuo io lo avrei . Volevo dirtelo in presenza di Isabella, ma visto come stanno andando le cose…posso anticiparlo senza temere di vederti fuggire. –
Non capivo.
-          Di cosa stai parlando? –
Non ero poi così sicuro di voler sentire quel che aveva da dirmi, ma ero incuriosito.
-          Questa mattina presto ho ricevuto la visita di un mio paziente molto facoltoso che ha avuto di recente un problema molto simile al tuo. –
-          Quindi? –
-          Abbi la pazienza di ascoltarmi e lo capirai. –
Incrociai le dita appoggiando i gomiti ai braccioli.
-          Ewan Glower…così si chiama, ha lasciato la sua casa di Los Angeles un anno fa e si è trasferito, con la moglie e un paio di fisioterapisti al seguito, in una villa, attrezzata al caso, sul Lago Tahoe. –
Sentir nominare quel posto mi stupì al punto che mi ritrovai a bocca aperta.
-          Davvero? Il posto dove andavamo in vacanza da ragazzi? –
-          Esattamente …Te lo ricordi eh? E’ lì che perdesti la tua verginità non è vero? –
-          Questo non lo ricordavo proprio . –
Fingevo. Lo ricordavo benissimo…un’esperienza indimenticabile.
Quella ragazza incredibile mi aveva succhiato via anche l’anima.
-          E me lo ricordo io…Eri così eccitato per l’esperienza “mistica” che ti salì persino la febbre.  Mamma pensò avessi bevuto qualcosa di strano…era tutta preoccupata e continuava a chiedere a me cosa fosse successo. Non ricordo nemmeno cosa mi sono inventato…Ahhh Bei tempi! –
-          Povera Esme, l’abbiamo fatta impazzire per anni. –
-          In effetti…io ce l’ho messa tutta. Comunque tornando a noi…Glower, lì al Lago, è ritornato in gran forma…Dice che l’aria di quei boschi gli ha ridato la carica e ora gioca a tennis e se la spassa altrove. –
-          Mi dici cosa c’entra tutto questo con me? –
-          Beh Edward, gli ho chiesto di affittarmi la casa per tutta l’estate…e l’ho fatto solo per te. Le cure che ti ho prescritto non servirebbero a niente se non ti decidi a cambiare aria e quindi ti costringerò ad uscire da questa …gabbia di cristallo e se necessario ti ci porterò io stesso di peso. –
Non fiatai.
Jasper rimase perplesso dalla mia reazione.
-          Non dici niente? –
 Scrollava il capo e sorrideva.
Non poteva capire cosa significasse per me.
Pochi istanti e mi ripresi.
-          Da solo non potrei mai farcela. E poi…Isabella?Il suo lavoro?-
Cominciavano a scorrere nella mia testa le immagini del mio sogno…noi due…quel  tramonto infuocato…quel senso di pace.
-          Lo chiederemo a lei. –
 Eleonor riapparve a mani vuote ed entrambi ci voltammo dalla sua parte.
-          Mi dispiace Sig. Cullen, non ho trovato quel vino che diceva, ho cercato dappertutto, ma non c’è. –
 Avevo riposto quelle bottiglie personalmente.
Era impossibile che non fossero dove le avevo indicato.
Avevo bisogno di un momento da solo… per pensare alla proposta di Jasper.
-          Lascia stare Eleonor, ci penso io. –
-          Mi dispiace Signore…io…-
-          Vai pure. Grazie lo stesso. –
Obbedì chinando la testa.
La osservai quasi strisciare lungo la parete, finché scomparve in cucina chiudendosi la porta alle spalle.
Non la sopportavo più.
Me ne dovevo liberare.
Mi rivolsi nuovamente a Jasper.
-          Ti lascio solo qualche minuto…vedi di non fare danni. –
-          Non  mi muovo di qui…stanne certo. –
Percorsi il corridoio che portava alla stanza speciale che avevo fatto adibire a cantina.
 Era completamente isolata e la temperatura dei vini era controllata da termostati calibrati appositamente a seconda del tipo di vino.
Ne ero fiero…anche se negli ultimi mesi l’avevo completamente abbandonata a se stessa.
Scelsi con cura la bottiglia giusta, rigirandola tra le dita come fosse un gioiello prezioso.
Era un dono di mio padre.
Un patrimonio che solo in pochi potevano permettersi.
Lui era uno di questi.
Un vino da grandi occasioni.
Ritenni che quella appena vissuta…fosse una di queste.
La avvolsi in un tovagliolo.
Tornai lento verso il salone.
Il pensiero tornò alla proposta di Jasper.
Isabella non avrebbe mai accettato.
Rose…
Cosa ne sarebbe stato di Rose…
L’immagine di lei tornò a riscaldarmi il cuore.
La rividi spogliarsi… riflessa sul vetro reso opaco dal vapore…bellissima.
Non dovevo pensare a lei.
Non in quel modo.
Mi affrettai, lasciando scorrere le ruote sul parquet immacolato.
La voce di Jasper mi sorprese.
Era al telefono…parlava concitato.
Rallentai…volevo sentire.
-          D’accordo. Ci penso io. Non ti devi preoccupare di questo. L’unica cosa che ti chiedo è di andare con lui. Al resto non dare peso. Perfetto.
     A domani allora. Buona serata. –
Chiuse la chiamata.
Mi spinsi alle sue spalle.
-          Con chi cazzo stavi parlando? Ti ho sentito sai?-
-          Beh se hai sentito tanto meglio. La cosa è fatta. Andrai al Lago Tahoe . Ho confermato. -
-          Ma come hai potuto fare questo senza nemmeno chiederlo prima a me.-
Avevo alzato la voce…ero una belva.
-          Credimi è la cosa migliore. Dammi la bottiglia. –
L’afferrò dalle mie mani, armeggiando per aprirla nel modo corretto.
I calici erano già disposti sul tavolino di fronte ai divani e il secchiello colmo di ghiaccio aspettava solo di accogliere quella gemma di innegabile valore.
-          Jasper sei uno stronzo…-
-          E’ per questo che sono un uomo di successo. –
Stappò con cura, versando il limpido nettare nei flute inclinati.
Per niente scosso li posò accanto al cestello, nel quale infilò la preziosa bottiglia. Ghignava soddisfatto.
-          Vedi Edward, la differenza tra me e te sta proprio in questo. Io so esattamente cosa voglio…e non ho nessuna paura di arrivare ad averlo. Tu invece sei talmente spaventato da quello che potrebbe succedere…che non ci provi nemmeno. Non ti permetterò di rinunciare a vivere…per paura. Ti rimetterò in piedi…che tu lo voglia o no. –
Afferrando i calici me ne offrì uno.
-          Mi è passata la voglia di festeggiare. – Lo rifiutai.
-          Prendilo…ti chiarirà le idee. –
Allungai il braccio per allontanarlo e urtandolo Jasper rovesciò parte del prezioso liquido sui miei pantaloni.
-          Ma che hai fatto? Sei un idiota! –
Ero alterato e inconsapevolmente spostai la gamba dalla sua sede di sempre.
Il piede rimase scomposto e ridicolmente piegato.
-          Lo vedi? Già si vede il cambiamento. Sei vivo, cazzo! Hai solo bisogno di una spinta per rimetterti in sesto e poi ritornare alla tua vita di prima. Tu andrai al Lago…e basta! –
-          Vaffanculo Jasper. –
-          Bentornato Fratello. Ti voglio bene anch’io. –
Mi diede una pacca sulla spalla, facendomi traballare.
-          Ah A proposito. Devi assolutamente indossare quelle scarpe che ti avevo fatto avere. Ti serviranno ad evitare di trovarti in questo stato e, nel caso, ti permetteranno anche di fare i primi passi. – Sfotteva pure.
-          Non senti una parola di quello che ti sto dicendo vero? – La smorfia che avevo in viso era di disgusto.
-          Certo che no! Finchè sparerai cazzate non ti ascolterò. –
Mi allontanai sbuffando verso la palestra, dove sapevo avrei trovato da cambiarmi.
Jasper aveva ragione.
 Era uno stronzo, ma aveva ragione.
Trovai dei pantaloni e non senza fatica riuscii a cambiarli da solo.
Dentro uno degli armadietti trovai le scarpe di cui mi aveva parlato e posandole sulle gambe tornai nel salone.
-          Sono queste? – Mi ero calmato.
-          Si, ti do una mano. – Mi aiutò ad infilarle.
-          Ecco fatto. Ora possiamo giocare a bowling. –
-          Ma falla finita. E dammi un po’ di vino. –
Eravamo intenti a sorseggiare quel calice della pace, quando Alice e Isabella ci raggiunsero. Prima che arrivassero chiesi a Jasper di evitare di parlare della sua proposta e borbottando acconsentì.
Isabella si era accorta del mio malessere, ma non insistette per conoscerne la ragione.
Trascorsi quelle poche ore come se fossero un dono.
Ridevamo spensierati e Isabella non faceva che cercare il mio sguardo.
Me ne nutrivo e intanto speravo che quel mio sogno divenisse realtà.
Lo volevo.
Volevo noi due insieme tra quei boschi profumati di resina.
Avrei aspettato il momento giusto …e gliene avrei parlato.
A metà pomeriggio finalmente tutti se ne andarono.
Rimanemmo lei ed io…e l’intera notte davanti.